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Le sanzioni di Washington a una banca iraniana

di Marina Forti - 12/01/2007

 
E’ la prima applicazione della risoluzione Onu. Ma già da tempo gli Usa cercano di isolare l’Iran con fortissime pressioni sulle banche europee. L’ultima è Commerzbank: ha accettato di chiudere le transazioni in dollari con Tehran


E’ la prima concreta misura contro una banca iraniana, dopo che il Consiglio di sicurezza Onu ha imposto sanzioni a Tehran per il suo programma nucleare. Martedì il Dipartimento al tesoro degli Stati uniti ha indicato uno dei maggiori istituti di credito dell’Iran, la Bank Sepah (di stato), come banca che garantisce le transazioni finanziarie legate al programma missilistico iraniano. Sarà dunque vietato alle banche statunitensi avere transazioni con Bank Sepah e le sue filiali di Roma, Londra, Francoforte e Parigi. Le sanzioni del Consiglio di sicurezza colpiscono l’import-export di materiali legati al programma nucleare iraniano, e le transazioni finanziarie relative.
Il capo del Consiglio di sicurezza nazionale iraniano Ali Larijani ha commentato ieri che le «vessazioni» americane contro il sistema bancario dell’Iran non muterà la decisione di Tehran di perseguire il suo legittimo programma di energia nucleare.
Sul piano pratico però le sanzioni bancarie potrebbero rivelarsi molto fastidiose per l’Iran. Intanto, perché Sepah è la seconda banca iraniana presa di mira: già l’anno scorso, ben prima della risoluzione Onu, gli Stati uniti avevano accusato Bank Saderat, un’altra delle banche più importanti del paese (controllata dallo stato), di finanziare attività terroristiche e di proliferazione di armamenti. E poi, perché l’ordine impartito da Washington non vieta solo alle banche americane di avere affari con i due istituti iraniani - in ogni caso ne avevano ben pochi - ma riguarda anche singoli cittadini americani. Soprattutto, attraverso una serie di normative, l’amministrazione Bush intende costringere anche le banche europee a tagliare i contatti con Sepah (e Saderat).

La pressione di Washington sulle banche europee in effetti è cominciata da almeno un anno: un tentativo di estendere la portata delle sanzioni decretate dagli Usa ancor prima che siano sostenute dall’Onu o dall’Unione europea. E fa effetto.
Il Wall Street Journal Europe riferiva ieri che Commerzbank Ag, la seconda banca tedesca, ha accettato di mettere fine a tutte le transazioni in dollari con l’Iran a partire dal 31 gennaio.
E’ un bel colpo per Washington, nel suo tentativo di isolare l’Iran. Infatti nell’ultimo anno diverse banche europee hanno accettato di limitare in modo drastico (o tagliare) i contatti d’affari con l’Iran (Abn Amro, Credit Suisse e Ubs, Société Générale, Credit Lyonnais, Barclays, Hsbc); inclusa l’italiana Intesa Sanpaolo. Risultato di pressioni fortissime: il Wsj cita il caso di Abn-Amro, portata in tribunale con l’accusa di transazioni criminose con Tehran.
Fattostà cje Commerzbank era diventata il principale tramite della Bank Sepah per le transazioni in dollari negli Stati uniti. Si tratta solo delle transazioni in dollari, non quelle in euro, e l’Iran ha annunciato tempo fa l’intenzione di usare l’euro, invece del dollaro, per i suoi affari. Il punto è che la prima voce dell’export iraniano è il petrolio, e il mercato petrolifero resta principalmente in dollari. Tehran sarà costretta a cercare mercati finanziari alternativi a queste banche, probabilmente più costosi.