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Il Libano è ancora vittima della guerra subita

di lanuovaecologia - 25/01/2007

Bombardamenti nel sud del Libano
Bombardamenti in Libano
Macerie, inquinamento delle acque e campi minati. Queste sono le eredità della guerra in Libano secondo un'analisi fatta dall'Unep. Lo rivela anche l'associazione Green Line
Ieri a Berlino l’Unep ha presentato la sua analisi sulle conseguenze ambientali della guerra in Libano. Ma non è l’unica. Lo ha fatto sulla nostra rivista l’associazione libanese Green Line.
L’ultima cattiva notizia della guerra in Libano è il ritrovamento di tracce di uranio impoverito rilasciate dagli ordigni sparati da Israele. Come se
Libano, inquinamento a Jiyyeh
Inquinamento sulla costa di Jiyyeh
non bastasse la chiazza di carburante causata dai due attacchi aerei alla centrale di Jiyyeh, lunga 140 chilometri e larga 15, incombe sulla costa a nord del confine siriano-libanese. Una pesante eredità, quella del conflitto dell¹estate scorsa, che grava su una situazione ambientale già problematica. «Il Libano dice Hala Achour Saffiedine, rappresentante dell¹associazionelibanese Green Line ha sempre sofferto dell¹inquinamento atmosferico, della mancanza di una politica di gestione dei rifiuti e delle acque e di un forte degrado della zona costiera per la cementificazione selvaggia».

Sporca marea
Il danno economico dello sversamento è stimato in circa 200 milioni di dollari e la chiazza potrà raggiungere altri paesi limitrofi come Cipro,
Turchia e Grecia a seconda delle correnti marine e delle condizioni metereologiche: l¹80% è rimasto lungo le coste del Mediterraneo orientale
mentre il 20% è evaporato. Il tipo di carburante che si è riversato nell¹ambiente, olio combustibile pesante, è tra i più difficili da eliminare e la sua natura viscosa comporta una permanenza prolungata nell¹ambiente
marino. Ad aumentare l¹impatto dello sversamento e a rendere ancora più complesso il processo di riqualificazione è stato il ritardo con cui sono
iniziate le operazioni di pulizia, a più di un mese dalla data dell¹incidente. Gli sforzi ufficiali per intervenire sull¹area colpita sono
cominciati dopo il cessate il fuoco e hanno visto l¹intervento del Rempec, centro regionale di risposta alle emergenze derivanti dall¹inquinamento del Mediterraneo, del ministero dell¹Ambiente e di alcuni paesi esteri tra cui
l¹Italia. I 40 volontari dell¹associazione libanese Green Line sono intervenuti sull¹area ancor prima della fine dei bombardamenti. «Abbiamo
iniziato a ripulire la spiaggia sabbiosa di Ramlet el Baida spiega Hala Achour l¹unica spiaggia pubblica a Beirut, lavorando per due settimane.
Gli strati di olio hanno raggiunto una profondità di oltre 35 cm e lungo la costa rocciosa la parte più pesante del fluido si è solidificata creando con il moto ondoso delle palle di catrame e dei blocchi che si sono depositati
sui fondali». Green Line sta continuando a portare avanti le operazioni di
pulizia delle zone colpite e ha avviato la predisposizione di una relazione
sull¹accaduto affinché possa essere utilizzata in termini legali per l¹attribuzione della responsabilità e la richiesta del risarcimento del
danno ambientale a Israele. L¹associazione ha anche iniziato uno studio medico-scientifico sull¹impatto dello sversamento sulla vita marina e sulla salute umana soprattutto per la ricaduta e la permanenza delle particelle di
petrolio a Jiyyeh.


Terra e acqua«I danni della guerra non finiscono qui continua Hala Secondo l¹Oxfam
fino all¹85% degli agricoltori libanesi ha perso parzialmente o totalmente il raccolto. La maggior parte di questi agricoltori possiede piccole aziende di un ettaro o meno e sono generalmente poveri». Secondo stime della Fao, in tutto il territorio del Libano l¹agricoltura fornisce un¹occupazione diretta al 9% della popolazione, ma un secondo 40% è coinvolto in attività lavorative che sono collegate all¹agricoltura. La guerra ha provocato la devastazione di migliaia di ettari di frutteti, coltivazioni di tabacco e
oliveti nonché la distruzione di piantagioni di patate, banane e di centinaia di ettari di serre a causa dei bombardamenti e degli incendi. Inoltre decine di migliaia di capi di bestiame e di pollame sono stati uccisi e le infrastrutture agricole, come strade, macchinari, edifici,
fattorie e imprese di trasformazione alimentare sono state distrutte. Anche le attività di pesca e di sussistenza sono state gravemente colpite dalla guerra: la popolazione è stata impossibilitata a uscire con le barche a
causa del pericolo e del blocco navale imposto durante la guerra, senza contare che i bombardamenti di porti e zone costiere hanno pregiudicato le infrastrutture di questo settore. I porti di Tyre e di Ouzai ne sono un
chiaro esempio: più di 400 imbarcazioni sono state distrutte insieme alle attrezzature e alle infrastrutture collegate alla pesca (reti, mercati, magazzini, celle frigorifere, camion refrigerati per il trasporto). Circa 8.000 famiglie libanesi basano il loro mantenimento su questa attività.

Pozzi a pezzi
La situazione è preoccupante anche per l¹acqua. I bombardamenti hanno distrutto pozzi, condotte, vasche di deposito, centrali di pompaggio, reti
di distribuzione e impianti di trattamento in tutto il sud del Libano. In molti luoghi dei quartieri periferici di Beirut e dei villaggi del sud le perdite dalle condutture delle acque di scarico sono andate a finire nelle
falde acquifere e in altre fonti di acqua potabile. I bombardamenti di industrie dove erano presenti sostanze chimiche e materiale pericoloso potrebbero aver causato inquinamento delle acque. Un¹altra fonte di contaminazione sono i rifiuti di demolizione smaltiti senza il necessario
rivestimento protettivo e le acque d¹infiltrazione delle discariche rappresentano una minaccia per le falde acquifere sotterranee. «Ci aspettiamo conclude Hala che la comunità internazionale ci sostenga
presso la Corte internazionale per riconoscere i responsabili della violazione dei diritti umanitari sulle popolazioni civili libanesi». È
auspicabile inoltre che la comunità internazionale, in un momento così difficile per il Libano, preveda assistenza tecnica e finanziaria per sostenere la ripresa ambientale.

*Osservatorio sul Mediterraneo,
dipartimento Internazionale di Legambiente