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Ma quale crisi di governo... A Prodi succederà Prodi

di Carlo Gambescia - 22/02/2007

 

Il fatto che il governo Prodi sia caduto al Senato, non deve destare alcuna meraviglia. Con una maggioranza di voti così risicata non poteva andare lontano. Di conseguenza il vero problema per il centrosinistra era e resta l’allargamento della sua maggioranza. Dal momento che con l’attuale elegge elettorale, entrambi gli schieramenti temono il voto, perché produrrebbe un Parlamento ancora più frammentato politicamente del precedente. Perciò a Prodi, che ieri sera ha rimesso il mandato nelle mani di Napolitano succederà Prodi. Con il compito di favorire l’ampliamento della maggioranza al Senato, catturando Casini e altri centristi in ordine sparso. E con la benedizione del Presidente della Repubblica.
Perciò, l’esultanza del centrodestra ha un valore di pura facciata. Si tratta di entusiasmo a molla, rivolto più che altro a catturare i telespettatori del telegiornale delle ore venti…
Il vero problema è che il Prodi 2 sarà ancora più moderato e paraplegico del Prodi 1. Insomma, non se ne esce.
Cerchiamo invece di essere seri. Da una recente ricerca a cura di Carlo Carboni (Élite e classi dirigenti in Italia, Laterza 2007), emerge un ritratto pietoso della classe politica. E purtroppo affiora anche la disaffezione degli italiani verso la politica.
Ma procediamo con ordine.
In primo luogo è aumentato il peso della politica all’interno delle élite italiane: dal 14,4 del 1990 al 26,3% del 2004. Per farla breve: in Italia su 10 uomini al “comando” quasi 3 sono politici. Con età media intorno ai sessant’anni. Inoltre 6 italiani su 10 non si fidano dei politici. E a 7 italiani su 10 la politica non interessa affatto
In secondo luogo, a questa disaffezione, si coniuga un retropensiero, assai diffuso tra le élite della politica. E in che cosa consiste? Nel fatto che il politico medio (ad esempio un parlamentare) suppone che i problemi del paese siano praticamente irrisolvibili senza l’adozione di misure impopolari che però rischierebbero di far perdere il consenso… E dunque la "poltrona". Insomma, come nota Carboni, si crede che il decisionismo possa a mettere a rischio l’esigenza primaria delle élite politiche di durare”. Di più: i politici ritengono “che la loro esigenza ‘professionale’ di conferma (e quindi di rielezione) si risolve più facilmente nell’ambito del mercato politico del voto di scambio" (Ibid., pp. 66-67). Di qui il clientelismo, gli accordi segreti con i potentati economici e le maggioranze politiche, apparentemente traballanti, ma in realtà ben legate dal cemento del potere.
Perciò, tranquilli, al governo Prodi 1 succederà il governo Prodi 2.