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I talebani pronti ad attaccare la zona presidiata dagli italiani: il 2007 l’anno della rottura

di Ennio Caretto - 25/02/2007

Per i servizi segreti spagnoli nel mirino ci sono «le aree di minore resistenza a partire da Herat»
 
Afghanistan, un rapporto lancia l’allarme: il 2007 l’anno della rottura
 
 
La situazione in Afghanistan si sta deteriorando a un punto tale che «se nelle prossime settimane non si verificheranno cambiamenti drammatici il 2007 diverrà l’anno della rottura». C’è il pericolo che dal sud i combattimenti si estendano ad altre parti del Paese, innanzitutto a ovest, «la zona rischio A», dove si trovano le truppe italiane. Lo afferma un rapporto del Csis o Centro di studi strategici e internazionali, il serbatoio bipartisan di cervelli di Washington, ammonendo che le forze americane e della Nato debbono operare per prevenire l’azione dei talebani, che hanno predisposto una massiccia offensiva a primavera. Secondo un rapporto dei servizi segreti spagnoli pubblicato ieri da El País, «i talebani cercheranno di sfondare nelle aree di minore resistenza» a cominciare dalla più vicina, quella di Herat, dove oltre all’Italia opera anche la Spagna.
I rapporti del Csis e dei servizi spagnoli fanno capire perché il presidente Bush stia aumentando da 23.500 a 27.000 il numero degli effettivi americani, perché il premier britannico Blair abbia deciso di inviare nel sud dell’Afghanistan, ad aprile o a maggio, altri 1.500 soldati in aggiunta ai 5.500 già dispiegati, e perché la Nato e gli Usa preparino una pre-offensiva contro i talebani a primavera con bombardamenti a tappeto. Deponendo al Congresso all’inizio del mese, il generale Karl Eikenberry aveva già dato l’allarme: «Potrebbe esser prossimo il momento in cui il governo afghano diverrà irrilevante per il popolo e non si potrà creare uno Stato democratico». Da Londra il ministro della Difesa Des Browne respinge le accuse a Blair di aver taciuto l’invio di nuovi soldati: «Premiamo sugli alleati perché mandino rinforzi, manon possiamo aspettarli, è troppo urgente».
L’Istituto di studi strategici e internazionali contesta tuttavia la linea di Bush e Blair. Sul piano militare, sostiene, «servono non le grosse operazioni di terra e aria che fanno più male che bene, e danneggiano soprattutto i civili, ma interventi mirati di 15 minuti delle forze di rapida reazione con elicotteri e blindati». Washington deve rendersi conto che i nemici non sono solo gli insorti ma anche i signori della guerra e i trafficanti di oppio, «che fanno sempre più reclute e riempiono il vuoto di potere». Sul piano politico, prosegue il rapporto del Csis, basato su 1.000 interviste e centinaia di dossier realizzati a Kabul e in provincia, occorrono riforme, mantenere la rotta come predica Bush è un grave errore «perché i talebani stanno riconquistando le menti e i cuori degli afghani». Il problema di fondo è «la perdita di fiducia della popolazione negli Usa, negli alleati e nel governo Karzai dal 2005 a oggi ». Crescono il disagio, la paura e il risentimento, l’esercito e la polizia afghani vengono indeboliti progressivamente dalla corruzione e le diserzioni: «Il primo annovera quasi 30 mila uomini, la seconda oltre 49 mila, ma si può contare a malapena sulla metà».
Il Pentagono ha obiettato al rapporto, intitolato Il punto di rottura: misurare i progressi in Afghanistan, ribattendo che lo scopo dei rinforzi americani e britannici è proprio quello di conferire «più tempestività e agilità» alle azioni militari. E la Casa Bianca ha ricordato che il presidente Bush è consapevole che «dove finiscono le strade incominciano i talebani» e ha stanziato 12 miliardi di dollari per la ricostruzione del Paese.Mail Congresso, che a differenza di quella dell’Iraq appoggia la guerra dell’Afghanistan, pensa che questi provvedimenti non bastino, e denuncia Paesi come l’Italia, la Spagna, la Germania e la Francia che rifiutano di battersi sul campo. Se la prevista offensiva dei talebani fosse anticipata o contenuta, però, i democratici chiederebbero un riesame della strategia di Bush che in sei anni, protestano, non ha condotto alla cattura del leader di Al Qaeda Bin Laden né del leader talebano il mullah Omar, e opterebbero forse per una soluzione politica della crisi nell’ambito dell’Onu.
Una soluzione politica è stata proposta ieri da Ovais Ahmad Ghani, il governatore del Belucistan, la provincia del Pakistan dove gli americani sospettano che si nasconda il mullah Omar. In un’intervista all’agenzia Reuters, Ghani ha suggerito «un cessate il fuoco e una presa di contatto per negoziati di pace». «Voi rischiate — ha detto — che la guerra mossavi dai talebani diventi una guerra di popolo. Non li potrete eliminare tutti».