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Impero-Califfato-Ottomano: ritorna!

di Israel Shamir - 02/03/2007


Riflessioni geopolitiche di un attento intellettuale del Vicino Oriente

Sul Monte Carmelo si trova una cittadina affascinante, appena più grande di un grosso villaggio che ha per nome Zichron Yaakov. Oggi apprezzata per il suo vino ed i suoi ristoranti stile “frenchy”, era riferimento, all'epoca della prima guerra mondiale, di una rete di spionaggio sionista filo-inglese: la NILI. I suoi membri, coloni sionisti ma anche cittadini turchi in vista, comunicavano con le truppe britanniche in Egitto e fornivano loro informazioni sulle posizioni delle forze turche, contribuendo così alla sconfitta dell’Impero ottomano. Erano in relazione con Chaim Weizmann, l'uomo che estorcerà ai britannici la dichiarazione Balfour, prima di diventare il primo presidente dello Stato ebraico.
Ancora oggi, la NILI è tenuta in grande considerazione in Israele: vi si conducono spesso intere classi di studenti a visitare il museo ad esso dedicato. Lì gli allievi sono indottrinano ai valori della lealtà per soli ebrei e al dovere di tradire qualsivoglia governo se ciò è ritenuto un bene per Israele.

Dal proprio punto di vista, questa gente è stata molto accorta nel tradire il proprio paese, e cioè l’Impero ottomano. Giacché, se l’impero esistesse ancora, lo Stato ebraico, con suoi milioni d'indigeni privati di tutto e imprigionati dietro un alto muro, le sue centinaia di migliaia di lavoratori deportati, privati di tutto e stipati in bidonvilles, non sarebbe mai esistito. E nemmeno l'attacco americano contro un Iraq indifeso, con centinaia di migliaia di morti e la guerra civile che ne è seguita, avrebbe mai potuto avere luogo. Poiché questo paese faceva parte, anch’esso, dell’Impero ottomano.


Non è solo il Medio Oriente ad aver dovuto soffrire per la fine dell’Impero Ottomano; gli aerei della NATO non avrebbero mai potuto bombardare Belgrado se l’Impero fosse stato ancora fra noi.
Anche la Grecia, la prima provincia ad aver scelto la secessione dall’Impero, oggi devastata dalla imposizione dell’euro e ridotta allo statuto di albergo per nordici fortunati, ha buona ragione di rammaricarsi pensando ai giorni in cui i greci costituivano l'elite dell’Impero ottomano, da Alessandria a Costantinopoli.
In Europa, all’epoca, i Turchi, i fondatori di quell’ impero, erano allo stesso tempo ammirati e temuti. Mentre, al giorno d'oggi, a Francoforte o a Londra, sono trattati come concorrenti indesiderabili dell’“idraulico europeo”...

Quanto a noi, gli eredi dei bizantini e degli ottomani, dobbiamo oggi raccogliere una nuova sfida: il progetto di colonizzazione americana.
Le forze di Mammona ormai ai posti di comando negli Stati Uniti stanno approfittando dello smantellamento dei grandi imperi continentali per costruire il loro, di impero, neo-liberale e di estensione mondiale. In questo nuovo impero, l'Europa Occidentale sarà "il vecchio mondo", come la Grecia lo era agli occhi di Roma, oggetto impotente e accondiscendente della benevolenza e della pedagogia imperiale; mentre il resto del mondo sarà colonizzato.
Anziché tentare di trovare un posto in questo progetto, provando ad esser ammessi nell’Unione Europea, così come sperano alcuni dirigenti turchi, meglio sarebbe ristabilire un vasto fronte comune basato sulla civilizzazione.
L'umanità è matura per una nuova tappa nella sua evoluzione: la riforma di grandi blocchi di civilizzazione. Alla fine di questa fase ci saranno cinque Stati eccellenti, cinque civilizzazioni: gli Stati Uniti, l'Europa, la Cina, l’ America latina, e la nostra: la civilizzazione del Comunità d'Oriente. L'alternativa? Un mondo interamente colonizzato dall'America di Mammona.)

In effetti è veramente giunto il momento di pensare a rimettere l'Impero ottomano tra i punti all’ordine del giorno. Questo Impero non ha fallito perché troppo vasto o perché improduttivo - al suo apogeo era più piccolo del Brasile – o perché la Russia…. No! È fallito perché le inesperte élite locali si sono lasciate tentare dal nazionalismo, questo frutto avvelenato che tendevano loro i Padroni occidentali.

Il nazionalismo, questa funesta invenzione occidentale, ha ucciso probabilmente più persone di quante un tempo ne abbia ucciso la terribile peste nera. Peggio, non ha offerto nessuna alternativa plausibile all'unità dell'Impero ottomano, dove decine di tribù e di gruppi etnici si sono sempre sentite in pace coi loro vicini.
Nessuno dei paesi secessionisti, infatti, è riuscito a creare un Stato degno di questo nome, ed i predatori occidentali continuano a spargere la guerra tra gruppi sempre più ridotti, come ci ricorda la ribellione kurda in Turchia ed in Iraq.
Il panarabismo di Nasser e il partito Ba'ath, l’Islamismo di Osama, il tardo-turchismo di Ziya Gökalp e di Halide Edib Adivar hanno fallito nel proporre un'ideologia sostenibile, in grado di controbilanciare l'attacco continuo delle forze di Mammona.

Dobbiamo prendere esempio dei nostri fratelli dell'Unione europea. L'Europa è riuscita a resuscitare l'impero di Carlo Magno, che era crollato da un millennio; il nostro impero è sempre vivo nella memoria dei popoli, e nei palazzi gloriosi, le fortezze imponenti, nelle moschee e nelle chiese.
Il nostro impero ricostituito può - cosa dico, deve - abbracciare tutta la dimensione post-bizantina: il luminoso futuro della Turchia, del Medio Oriente e dei Balcani risiede nella loro unificazione con la Russia, l'Ucraina e le repubbliche turcofone dell'Asia centrale. Questi due grandi eredi della gloria di Bisanzio, l'Impero russo e l'Impero ottomano, si sono combattuti reciprocamente nei secoli; ma si può dire la stessa cosa di francesi e tedeschi, tuttavia eredi, gli uni e gli altri, di uno stesso impero romano germanico.
Se questi nemici eterni, in occidente, hanno potuto riabbracciarsi, allora ciò è possibile in oriente...

La scorsa estate ho viaggiato in Russia e in Ucraina. Ho osservato quanto i Russi ed i Turchi (questi Turchi che i Russi chiamano "Tatari") hanno molte cose in comune. "Raschiate un po' la vernice di un Russo, e vi troverete un Turco!", fulminava Churchill, mentre il suo sigaro lanciava scintille". "E viceversa!", aggiungeva, malizioso, Lev Gumilev, il grande storico russo, purtroppo scomparso, sostenitore della vocazione orientale della Russia.

Infatti, la Russia, come paese, si è formata con la riunione dei Turchi musulmani che risiedono nella steppa e degli Slavi ortodossi, abitanti delle foreste.
Gumilev ha demolito il mito occidentale del "giogo tataro (leggere: turco)"; ha descritto in modo accurato la Russia moscovita come lo Stato erede dell'Orda d'oro, fondata dai principi turcofoni-gengiskhanidi. "La Russia è inespugnabile, una volta che sia collegata ai valorosi Turchi", ha detto Gumilev, che vedeva nell'Occidente il più grande pericolo per l'identità russa.


Il capo del Partito Nazionale Bolscevico ed autore eminente, Edward Limonov ha scritto recentemente, a proposito della Russia, che si tratta "di una seconda Turchia, con una sfumatura tedesca". I Russi continuano a indossare i "shalvar", i pantaloni a sbuffo usati dai contadini dell’Anatolia e, prima, dai nobili ottomani. Si siedono “en tailleur”, come hanno abitudine di fare i Turchi, osserva Limonov.
Queste sensazioni positive dei Russi verso i Turchi sono così distanti dai sentimenti di sfiducia e diffidenza che invece sembrano nutrire gli Europei ... Questo si vede anche nella produzione cinematografica: l'ultimo film russo di successo, intitolato “Gambetto turco” (*), mette in scena la guerra russo-turca per la conquista della città di Pleven (oggi in Bulgaria), senza le implicazioni razziste a cui tanto ci abitua Hollywood, e presenta Osman Nuri Pasha come un eroe.


La buona intesa tra Turchi e Slavi risale lontano nel tempo. Nel nord dell'Ucraina ho visitato le antiche capitali dei principati russi: Novgorod, Tchernigov e Kiev. Quei principi sposarono principesse turche, ragazze della steppa, e furono guerrieri di etnia turca a costituire l'essenziale della loro corte. Un cantore di epica turca del dodicesimo secolo descrive una spedizione guerriera del principe di Novgorod, Igor, nella steppa turca; il principe è vinto, ma il suo vincitore, che lo tiene prigioniero - Konchak Khan - gli dà sua figlia in matrimonio, ed entrambi gli sposi sono lasciati liberi di raggiungere la patria di Igor, Novgorod. Una parte non trascurabile della nobiltà russa porta ancora nomi turchi, come Nabokov, l'autore di “Lolita”, e Usupov, il più ricco principe russo alla corte dello Zar Nicola II. In “Sinfonia eurasiatica”, libro recente di uno scrittore di San Pietroburgo, Van Zaichik, si mette in scena una rappresentazione storica alternativa.
Cosa sarebbe avvenuto se il capo illuminato dell’ Orda d'oro, Sartak Khan, amico di Alexander Nevsky, non fosse stato assassinato e se, di conseguenza, Russi e Turchi avessero continuato a vivere insieme in un solo paese, per giunta prosperoso? Van Zaichik chiama l'impero che ne sarebbe scaturito "Ordus", termine derivato dalle parole "Orda" e "Rus'" : un impero che si sarebbe esteso su tutto il continente euroasiatico.
Ordus è un territorio dove la modernità ha incorporato la tradizione e la religione; la famiglia vi è rimasta intatta e, anche se c'è gente ricca, la ricerca sfrenata della ricchezza è malvista.
"Lavoriamo insieme e controlliamo le nostre tendenze egoiste", questo è il credo di Ordus, ed è un modello che bene corrisponde allo spirito orientale. Moschee e chiese sono gremite, ma ciò non impedisce a tutti i cittadini di vivere nell'unità e nell'armonia. Quest'immagine di universo alternativo ha tanto sedotto i Russi che ho visto automobili decorate di autoadesivi su cui era scritto: "Voglio vivere in Ordus!" . Di passaggio, riporto che Ordus comprende una provincia di Gerusalemme, dove molti discendenti di ebrei hanno trovato un rifugio dopo essere fuggiti dalla Germania hitleriana (eh sì: ci sono Hitler e la Germania anche nell'universo alternativo...), ma questi ebrei vivono in mezzo agli abitanti indigeni in un'uguaglianza totale.

Un brillante storico russo contemporaneo, Fomenko, ha proposto un modello storico iconoclasta: ai suoi occhi c’ è sempre stato un impero, o piuttosto l’ Impero, e la città sul Bosforo è la capitale naturale dell'Eurasia. Che in passato ciò abbia trovato concreta attuazione oppure no,poco importa per il futuro... Anziché lottare per conquistare il predominio in Eurasia, Turchi, Slavi e i loro vicini meno popolosi potrebbero associare le loro forze e fare di Costantinopoli ["Istanbul" non è altro che una lettura erronea di Costantinopoli) la loro capitale comune ed il seggio del governo imperiale.
Costantinopoli potrebbe essere la nostra risposta a Bruxelles, New York e Pechino... Mentre la ricerca dell'egemonia ha provocato per secoli in Eurasia guerre innumerevoli, l’unità imperiale favorirebbe i desideri di tutti: i Russi avrebbero Costantinopoli per capitale, senza dover sloggiare per forza i Turchi; i Turchi avrebbero aperte le strade di approvvigionamento verso la Crimea e Tashkent, ed anche verso le riserve diamantifere della profonda Iacuzia, questa regione dei Turchi Pravoslav (ortodossi, ndt), e tutto ciò senza doversi scontrare con i Russi ...
Il Medio Oriente sarebbe nuovamente incorporato all'Eurasia, come lo fu a lungo; non dovrebbe più ottemperare ad ordini venuti da Washington, da Londra o da Bruxelles. Anziché essere un angolo di mondo sperduto, la Turchia diventerebbe il crocevia degli abitanti di Bagdad e di Kiev, di Belgrado e del Cairo, di Vladivostok e di Ankara.

Innalziamo nuovamente l'aquila bicefala di Bisanzio come simbolo dell'unità delle civiltà ortodossa e musulmana, investiamo i nostri capi della doppia corona del Califfato islamico e dell’Impero ortodosso, seppelliamo i meschini nazionalismi del recente passato per iniziare una nuova esaltante pagina della nostra storia e della storia del mondo! La comunità dell'oriente ricostituito, successore legittimo degli imperi orientali romano, bizantino, russo ed ottomano, possiederà vaste ricchezze e grandi risorse spirituali che ne faranno una superpotenza mondiale, accanto all'Europa unita, agli Stati Uniti e alla Cina. Questa grande comunità sarà forgiata da un ideale, ed anche da considerazioni materiali. Perché Oriente e Occidente sono diversi : uno scarto metafisico li separa. In occidente, lo spirito di Mammona ha prevalso. Gli occidentali hanno respinto la solidarietà in nome dell’ egoismo che essi qualificano come ”libertà assoluta dell'uomo". Hanno distrutto la donna facendone una caricatura dell'uomo; hanno distrutto l'uomo mettendolo in concorrenza con le donne.
Poiché hanno respinto Dio, le loro chiese sono vuote; le loro città sono centrate attorno alle zone di affari, mentre le nostre sono orientate attorno allo studio, all'arte e alla preghiera.

L'oriente ha conservato la sua identità cristiana, poiché l'islam è una forma di cristianesimo, anche se distante dall'ortodossia del concilio di Nicea quanto il calvinismo svizzero. L'Oriente respinge Mammona, perché noi orientali non abbiamo respinto Dio, e poniamo lo spirito sopra le considerazioni materiali. Neppure abbiamo respinto Cristo, l’ Unto, il Messia; amiamo la donna, poiché non abbiamo respinto sua Madre, Maria Santa. L'Oriente ama senza sosta la natura, disprezza la ricchezza disonesta, crede nel valore del lavoro e preferisce l'armonia al successo sociale. Apprezziamo la virilità nell’uomo e la femminilità nella donna. Rispettiamo la tradizione e la famiglia. L'occidente sotto direzione americana crea una civilizzazione nomade, a partire da una società aperta composta da individui atomizzati e sradicati dalla famiglia e dal territorio. Nella Comunità dell’ Oriente noi progrediremo prendendo la direzione opposta: scoraggeremo l'immigrazione, ed incoraggeremo i trasferimenti dei beni. Saremo a favore degli autoctoni, perché il residente sa quali sono le necessità e le aspirazioni della sua regione meglio di chiunque altro. L'occidente è stato proclamato santuario della proprietà privata : noi rispettiamo la proprietà privata, sempre che sia limitata; ma respingeremo qualsiasi eccesso e degenerazione, battendoci contro l’avido individualismo, tassando adeguatamente i super ricchi, nel caso anche confiscando i loro beni ed inviandoli in qualche villaggio anatolico o siberiano per un’opportuna rieducazione. Non ci sarà né privatizzazione di risorse naturali, né vendite di terre a stranieri, né espropriazione di contadini. Saremo contrari alla crescita sproporzionata delle città, favorendo la vita in campagna. L'Occidente ha tendenza a irreggimentare eccessivamente la vita privata : noi sosterremo le libertà eterne riconosciute dall’ Oriente. Saremo buoni amici con i nostri vicini, o nemici terribili , se tale è la loro scelta.

Questa visione apparentemente fantastica è di fatto la sola alternativa plausibile alla colonizzazione delle nostre terre da parte degli Stati Uniti, o da parte delle superpotenze emergenti in Europa e in Cina...



(*)
Il film è tratto dal romanzo di Boris Akunin “Gambetto turco”. Si chiama Gambetto turco l'inizio di una partita a scacchi in cui si sacrifica all'avversario un pezzo per raggiungere una superiorità strategica. E' questa la metafora che racchiude l'incalzante storia di spionaggio ambientata sullo sfondo della guerra russo turca nei Balcani.
E' il 1877 e una giovane donna russa decide di raggiungere il fidanzato sul fronte bulgaro, scortata dall'agente del controspionaggio Erast Fandorin. Giunta al campo, la donna entra nel circolo ufficiali e inizia a conoscere gli intrighi di quel mondo. Così quando il fidanzato è accusato di spionaggio si impegna a scagionarlo cercando il vero colpevole.



Pubblicato la prima volta il 27 gennaio 2006 dal settimanale turco Yarin (“Domani”)
Traduzione dalla versione francese di Saverio Ciraci e Aldo Braccio