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Alan Greenspan: gli Usa presto in recessione

di Marzio Paolo Rotondò - 03/03/2007



Gli Stati Uniti potrebbero entrare in una fase di recessione economica entro la fine dell’anno. È questo il parere che Alan Greenspan (nella foto), l’ex governatore della Federal Reserve, ha formulato più volte in questi giorni. Nel corso della conferenza Clsa Japan Forum a Tokyo, alla quale ha partecipato in video conferenza satellitare, così come avvenuto due giorni prima anche ad Hong Kong, l’economista americano ha diffuso pareri inquietanti riguardo a molte componenti economiche degli Stati Uniti. A suo avviso, molti indizi farebbero pensare alla fine del ciclo congiunturale favorevole dell’economia a stelle e strisce, iniziato nel 2001, ed all’inizio di un periodo economico buio che, ovviamente, si ripercuoterebbe in parte anche sull’economia globale.
“Entro la fine dell’anno, c’è la possibilità, ma non la probabilità, che gli Stati Uniti finiscano in recessione” ha affermato esplicitamente Greenspan, nascondendo la mano dopo aver tirato il sasso. Pur essendo l’economia in una fase di espansione “i margini di profitto delle imprese hanno iniziato a stabilizzarsi, il che potrebbe essere un primo segnale che anticipa le ultime fasi del ciclo”. “È possibile - ha aggiunto - che si entri in una fase di recessione negli ultimi mesi del 2007, anche se la maggior parte delle previsioni non prospetta questo scenario”.
Altro indicatore economico che inquieta Greenspan, oltre ai margini di profitto delle imprese americane, è il crollo del mercato immobiliare statunitense, diffuso negli ultimi giorni. Quest’ultimo è un importante indicatore dei consumi americani.
Oltre a questi segnali, si aggiungono quelli ormai affermati sul deficit pubblico e su quello commerciale; una vera e proprio per l’economia americana e per i suoi cittadini, ma un grande pericolo anche per l’economia globale. Il deficit commerciale americano ha raggiunto recentemente il nuovo record negativo portandosi a 763,59 miliardi di dollari crescendo in un solo colpo del 5,3% a 61,18 miliardi di dollari. “L’attuale deficit di bilancio statunitense potrebbe avere gravi ripercussioni sulla crescita economica del paese nei prossimi decenni e pesare sulle spalle delle generazioni future”, ha affermato l’attuale presidente della Federal Reserve Ben Bernanke, in una recente audizione alla commissione bilancio del senato.
Inquietanti segnali arrivano inoltre dall’esterno dei confini statunitensi. Se si dovesse invertire bruscamente la tendenza dei tassi d’interesse giapponesi, da cui sono provenuti grandi flussi di capitale a basso costo per sostenere l’economia americana, e se si dovessero convertire in euro le immense riserve in dollari dei Paesi petroliferi, si assisterebbe veramente ad una catastrofe. I flussi di liquidità che provengono dai Paesi asiatici e dai produttori di petrolio, sono infatti l’altra faccia del colossale deficit pubblico americano.
Di certo, però, le parole di Greenspan non hanno giovato all’economia mondiale; anzi. In seguito ai suoi moniti, ma anche ad altri motivi, le borse del pianeta, cominciando dallo scoppio della bolla speculativa cinese, hanno affrontato uno dei cali più sostenuti del decennio, che non si è ancora concluso.
Non è inoltre la prima volta che Greenspan provoca questo tipo di fenomeno. L’ex governatore è stato infatti all’origine di numerose instabilità che a ondate, sotto diverse forme, hanno scosso i mercati finanziari, sia per l’influenza delle sue parole, sia per le sue dubbie politiche monetarie ai tempi della Fed. L’eccesso di liquidità immesso dal governatore della Federal Reserve a cavallo del 2000 nell’economia americana ha creato prima la bolla della ‘new economy’. Dopo poco è seguita quella delle obbligazioni, poi quella dell’immobiliare ed ora una nuova supervalutazione dell’economia reale, ma non meno pericolosa: la ricerca di rendimenti elevati attraverso investimenti molto rischiosi con margini sempre più stretti e mercati dei titoli con volatilità non correlata ai rischi.
È forse preferibile, dunque, che Greenspan vada finalmente in pensione. La sua influenza sui mercati è ancora troppo forte, ed i rischi di una strumentalizzazione da parte dei poteri forti dell’economia e della finanza è concreta visto la sua vicinanza a questi ambienti.
Lo scoppio di bolle, una specialità per il guru dell’economia, è alla base di grosse perdite ma, allo stesso tempo, di grossi guadagni per la solita cerchia ristretta di persone.