Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / L'umanità: un'infezione del pianeta terra?

L'umanità: un'infezione del pianeta terra?

di Vittoriano Peyrani - 03/03/2007



Quando la sfera di fuoco che genererà la terra iniziò a raffreddarsi per perdita di calore verso gli spazi, i gas che la costituivano si condensarono nelle prime gocce di liquido e successivamente si ebbero i primi cristalli, cioè la prima materia solida.
Un involucro roccioso si formò in una sfera esterna sulla quale gravavano gas ad una pressione di circa 300 atmosfere e sotto la quale si trovavano masse più calde, in uno stato che potremmo approssimativamente definire liquido.
Perdurando l’emanazione di calore verso gli spazi il vapore acqueo si condensò in precipitazioni che diedero luogo agli attuali oceani.
E in questi mari, dalle osservazioni geologiche, sembrerebbe che cominciassero a crearsi forme di vita vegetale. Esse avrebbero scisso un importante costituente dell’atmosfera primordiale, l’anidride carbonica, liberando ossigeno e fissando il carbonio nelle più antiche coltri di materiali carboniferi. Si usa il condizionale perché si tratta pur sempre di teorie, anche se oggi generalmente accettate, e le teorie altro non sono che modelli atti a spiegare e capire la realtà in cui ci troviamo.
Si tralascia volutamente il problema dell’origine della vita con le diverse opposte opinioni in proposito, essendo necessario per esporle una trattazione a parte.
Comparvero, successivamente ai vegetali, gli animali che avrebbero formato, dopo la loro morte, con i grassi costituenti i loro corpi, enormi depositi di materiali organici che, coperti da sedimenti fluviali e marini, ritroviamo nei giacimenti petroliferi.
La vita vegetale, dunque, utilizzando l’energia delle radiazioni solari, avrebbe liberato l’ossigeno, costituendo l’ambiente in cui è stata possibile la vita degli animali. Si noti che, per gli astronomi, l’esistenza della vita su sistemi planetari di altre stelle sarà provata dalla presenza di ossigeno nelle atmosfere. Questo elemento, infatti, essendo fortemente elettronegativo, avendo cioè una forte energia chimica, tende a combinarsi con altri composti e a sparire se non viene continuamente rigenerato da vegetali dotati di clorofilla.
I primi uomini, esseri intelligenti, comparvero sulla terra qualche milione di anni fa e seppero adattarsi al mondo che trovarono senza turbarne gli equilibri naturali, se mai assecondandoli con opere utili a loro stessi ed all’ambiente che li ospitava, come la costruzione di dighe e di canali di irrigazione per bonificare zone desertiche.
Successivamente il loro numero aumentò eccessivamente mentre i comportamenti divennero sempre meno intelligenti. E si giunse alla cosiddetta rivoluzione industriale che allontanò definitivamente l’uomo dalla natura. Ora chi decide le sorti dell’umanità, con la globalizzazione, vorrebbe diffondere l’industrializzazione fra tutte le popolazioni esistenti ed estenderla a tutte le zone del pianeta.
La rivoluzione industriale viene considerata in genere negli aspetti positivi, scientifici e tecnici, tralasciando di studiarne attentamente gli aspetti negativi. Fra questi ricordiamo innanzitutto l’inquinamento ma anche l’aggravamento di un prepotente e crudele sfruttamento della manodopera anche minorile e la diffusione di forme di miseria che non esistevano nel precedente mondo contadino. L’allontanamento dalla terra gettò nella disperazione chi perdeva il lavoro mettendolo, con tutta la famiglia, in una difficilissima situazione per ciò che riguarda la salute e la stessa sopravvivenza. Infatti le persone si vennero a trovare alla mercé di chi saltuariamente aveva la possibilità di offrire loro un’occupazione. Ma soprattutto, e questo è il cuore di un problema che andrà sempre più aggravandosi, si ignorarono i perversi effetti ecologici della produzione di una crescente massa incontrollata di sottoprodotti di scarto che, per la ricerca di un guadagno immediato e sempre più alto, si trascurava come e dove smaltire
Ma veniamo ai giorni nostri. Il sistema industriale, per sopravvivere a se stesso, ha diffuso, attraverso la pubblicità, una psicosi consumistica per cui le persone inseguono la felicità comprando oggetti inutili e costringendosi a gettarne altri, come abiti, cibi, mobili, trasformati in rifiuti anche se invece ancora utilizzabili.
Il consumismo infatti è arrivato fra masse incautamente o volutamente impreparate ad un uso oculato di una miriade di prodotti ormai alla portata di tutti ed alla conseguente gestione di quelli dismessi creando guasti irreversibili all’ambiente. Si pensi solo alle centinaia di milioni di carcasse di auto rottamate ed all’immenso volume di macerie provenienti da demolizioni e ristrutturazioni, più o meno inutili, di immobili.
I responsabili finanziari ed industriali, ma soprattutto quelli politici, in questa situazione hanno fatto poco o nulla per informare, educare o costringere i consumatori a comportamenti non dannosi con l’imposizione, per esempio, di efficaci raccolte differenziate per attenuare almeno in parte il problema. Tanto meno hanno invitato ad un “risparmio” degli oggetti che sarebbero da conservare per tutto il tempo che restano funzionali.
E’ prevalsa “l’inciviltà dei consumi", connessa inestricabilmente con il cosiddetto libero mercato, con lo strapotere della grande finanza internazionale cosmopolita priva di ogni valore che non sia il possesso di denaro, e con la stessa democrazia. Quest’ultima infatti sembra essere il sistema più funzionale per la gestione del potere da parte della classe dominante che si è dimostrata irresponsabile.
In una democrazia, infatti, non è pensabile la riduzione della distribuzione dei “feticci” del consumismo in contrasto sia con gli interessi del potere finanziario, che dalla diffusione di questi trae il proprio potere, sia con il volere degli “elettori” che, un poco fanciullescamente, traggono piacere dal possesso di questi inutili “giocattoli”.
Si fa, è vero, un gran parlare di ecologia, ma di decisioni se ne prendono poche e quelle poche non si possono applicare fino in fondo perché ciò contrasterebbe con quanto detto ora.
Per salvare una foresta si dovrebbe agire contro le finanziarie che dal legname traggono profitti e che subito minaccerebbero ed attuerebbero il ritiro dei capitali inaridendo l’economia della regione.
Occorrerebbe ridurre l’emissione di anidride carbonica per l’effetto serra che questa sembra generare diminuendo la circolazione delle automobili, ma le potenti lobby connesse con la fabbricazione e la manutenzione di queste dovrebbero vedersi ridotti i propri guadagni assieme ai petrolieri. Ma questi ultimi già scatenano guerre e distruzioni infinite pur di mantenere la propria posizione di potere. Essi non vogliono fare nulla per quello che considerano, erroneamente, il bene degli altri.
Si dovrebbe ridurre il riscaldamento nelle abitazioni, sempre per diminuire le emissioni di anidride carbonica, ma disposizioni in proposito attirerebbero l’ira degli elettori costretti a stare in casa con due golf, e questo farebbe perdere consensi, voti e la possibilità di restare al potere agli uomini dei partiti al governo, inducendoli a cambiare politica.
Si potrebbero fare piani per la riduzione della popolazione del globo ma ne dissentirebbero i gruppi religiosi e non si potrebbero comunque controllare le popolazioni materialmente ed intellettualmente più deprivate e più disordinate. Non si concilierebbe, inoltre, tutto questo con la speciosa necessità di mano d’opera cui consegue la “necessità” dell’immigrazione di grandi masse di popoli poverissimi, in realtà decisa per abbassare i costi del lavoro, per aumentare i profitti e per indebolire le reazioni ad essere dominati da gruppi estranei da parte di popoli etnicamente compatti: divide et impera, insomma.
Anche i consumi diminuirebbero con la diminuzione della popolazione e questa è una concausa del favore dei nostri governanti, schiavi dei poteri forti, a favore dell’immigrazione. La pressione dei messaggi mediatici in questo senso è enorme e ne è anche coinvolta quasi sempre la pubblicità: un esempio particolare è la pubblicità di Benetton. Nessun sacrificio è accettato né in alto né in basso per difendere le tradizioni, la cultura, l’identità e la sopravvivenza stessa dei popoli quali il tempo ci ha tramandato. Gli immigrati poi non possono amare e rispettare come noi la nostra terra, le sue bellezze, la natura dei luoghi, perché si sentono pur sempre estranei da questa e dai suoi abitanti anche per il disagio che sono costretti a subire come ospiti non desiderati.
Le materie plastiche, praticamente indistruttibili o che distruggendosi si trasformano in veleni quali la diossina, invadono ogni luogo, ma chi non le produce o non le usa viene a trovarsi fuori mercato e deve chiudere la propria attività.
Gli agricoltori sono costretti, per sopravvivere al libero mercato e alla globalizzazione, ad usare antiparassitari, funghicidi e concimi che caricano le falde acquifere dei prodotti della loro degradazione e che potrebbero finire con l’isterilire i terreni. L’acqua potabile, un bene prezioso e vitale delle comunità, è destinato a diminuire pericolosamente. Intanto le multinazionali premono per sottrarla agli enti pubblici, per farne oggetto di grandiose speculazioni e per acquisire uno straordinario potere geopolitico.
Purtroppo si può fare poco per le spinte che vengono dal basso, per il piacere di guadagnare e di poter “consumare”, e dall’alto, per l’avidità del sistema creditizio e della speculazione.
Sembrerebbe di trovarsi dunque in un vicolo cieco dal quale sia impossibile uscire. Siamo invece prigionieri di una sovrastruttura mentale, imposta con assordante ed ossessiva ripetizione di slogan, che ci impedisce di avere una visione chiara della possibilità di poter percorrere vie diverse.
Temo purtroppo che questa struttura socio-economica e di potere si sia cristallizzata e non voglia e non possa più modificarsi adeguandosi alle esigenze delle nuove situazioni. Finirà quindi col crollare su se stessa non senza gravi e forse apocalittiche ripercussioni sulle popolazioni perché essa userà tutte le armi, anche di distruzione di massa, prima della fine. Già si parla di lanciare bombe atomiche tattiche in Iran col pretesto di evitare il pericolo della proliferazione delle armi atomiche (!) in realtà per mettere le mani sui guadagni provenienti dalle fonti petrolifere.
A riprova dell’irresponsabilità degli Usa, il braccio armato della grande finanza internazionale, si pensi che essi usano proiettili all’uranio impoverito, per disfarsi di tale sottoprodotto delle centrali nucleari. E questa scelleratezza ecologica viene praticata dalla più grande potenza mondiale che non si cura del pericolosissimo inquinamento radioattivo e chimico, non solo locale, che tale diffusione comporta. E tale potenza trova ancora tanti sostenitori in tutto il mondo che accettano come cosa giusta che essa abbia nelle sue basi in Italia ed in tutto il mondo depositi di bombe atomiche. Si preoccupano invece del futuro preteso armamento nucleare da parte dell’Iran e della Corea del Nord che non potranno mai servirsene, pena la distruzione totale della loro popolazione e del loro territorio! Ma in Iran e in Corea sarebbero pazzi mentre Bush si è dimostrato un equilibrato e pacifico uomo di stato e non un pericoloso avventuriero!
Gli Stati Uniti che sono la nostra “società modello”, non prendono nemmeno in considerazione gli accordi di Kioto per la riduzione delle emissioni di anidride carbonica per i soliti motivi della concorrenza di mercato, incuranti del danno ecologico generale. Il libero mercato, dunque, lungi dall’essere un modello positivo di sviluppo, costringe la società a scelte progressivamente più pericolose e non ci farà uscire dalla precarietà economica, politica e sociale che attanaglia il mondo ma anzi la aggraverà, col solo vantaggio degli affari delle multinazionali, ed alla fine porterà a gravissime crisi.
Non so se il disastro dell’inquinamento ecologico, oggi in costante e progressiva accelerazione, possa essere fermato del tutto, ma sarebbe comunque nostro dovere esperire ogni tentativo quantomeno per ritardarlo il più possibile, qualora non si possa provvedere ad un risanamento totale.
Si invitano, invece, insensatamente le popolazioni a contrarre debiti pur di mantenere alti i consumi e si impongono la globalizzazione e le privatizzazioni quasi fossero un modo per migliorare la situazione, anche se il libero mercato e l’introduzione dell’euro hanno prodotto aumenti di prezzi, abbassamenti del tenore di vita e spazio libero a speculazioni in più vaste aree.
E’ inaccettabile la posizione di certi ecologisti che, per diminuire la vendita di oggetti che comportano rifiuti antiecologici, non trovano di meglio che imporre qualche tassa, come sui sacchetti di plastica, o che, per le solite questioni di potere, ricattano fingendo di voler porre veti sulla costruzione di ferrovie ad alta velocità, mostrandosi, a parole, antimodernisti. Favoriscono invece, le liberalizzazioni e la globalizzazione che sono il vero motore di ogni inquinamento, per l’implicita necessità che ha la speculazione, per sopravvivere, di manipolare smisurate quantità di materiali, modificando gli equilibri naturali. Si pensi che in Cina, fra qualche anno, verranno a consumare benzina, ed ossigeno, oltre mezzo miliardo di autoveicoli e si produrranno rifiuti, in quantità proporzionalmente paragonabili alle nostre, da parte di oltre un miliardo di persone.
Bisognerebbe calcolare per quanto tempo ancora la vegetazione, i microrganismi e gli spazi naturali, potranno reggere e riciclare le immense quantità di plastica, di sostanze e di concimi chimici, di scarti industriali, di materiali radioattivi. Si consideri che, non solo l’ossigeno viene consumato in grandissime quantità, ma che se ne diminuisce anche la rigenerazione con il disboscamento e con l’avvelenamento dei mari e la conseguente impossibilita dello svolgimento della funzione clorofilliana da parte del plancton vegetale.
Prefiguriamoci che cosa ci riserverà il futuro: senza un drastico cambiamento di comportamenti giungeremo al punto di rottura che presto o tardi si verificherà non senza sofferenze gravissime e probabilmente perdite umane enormi.
Una eccessiva organizzazione delle comunità, basata principalmente sull’energia data dal petrolio, crea equilibri pericolosi e difficili da mantenersi. La sopravvivenza nelle città, che in seguito all’urbanizzazione sempre crescente ospitano la maggior parte delle popolazioni, dipende dalla fornitura di acqua, di derrate alimentari, dalla rimozione dei rifiuti, dal funzionamento delle fogne, e a certe latitudini, anche dal riscaldamento delle abitazioni. Tutte queste funzioni verrebbero gravemente sconvolte dal mancato o ridotto rifornimento di petrolio che potrebbe essere causato da guerre, speculazioni, crisi finanziarie e, nel lungo periodo, dalla diminuzione della produzione in seguito all’impoverimento dei giacimenti che sono molto estesi ma non certo infiniti.
D’altra parte le “energie alternative” non potranno mai sostituire il volume enorme di energia ottenuto dai combustibili fossili salvo forse con la fissione, o meglio, la fusione nucleare ma i tempi della conversione sarebbero comunque molto lunghi. L’informazione in proposito è quasi sempre falsata come per esempio quando si parla delle mitiche auto all’idrogeno, trascurando l’insuperabile problema dell’elettricità necessaria per produrre tale elemento dall’elettrolisi dell’acqua.
Il petrolio ed il carbone, che dall’anidride carbonica dell’atmosfera primordiale si sono accumulati in tempi dell’ordine di grandezza del miliardo di anni, oggi vengono ricombinati con l’ossigeno ad una velocità spaventosa.
Ma contravvenendo ad ogni prudenza, gli uomini politici tutti, anche quelli che si dichiarano ecologisti a parole, si dicono preoccupati per i bassi consumi e cercano di aumentarli con folli meccanismi di vendite a rate. In realtà indebitando le persone vogliono togliere loro, ovviamente, la libertà personale.
La grande finanza internazionale che oggi, attraverso i mass-media domina l’opinione pubblica non vuole nemmeno sentir parlare di controlli da parte dei vari governi sull’inquinamento e per la difesa della salute, cerca invece in ogni modo di svuotare di potere gli Stati nazionali con la formazione enti supernazionali, evidentemente meno interessati alla difesa della salute dei singoli popoli.
Quindi gli enti che potrebbero attenuare la gravità di questa situazione, gli Stati, vengono privati della sovranità attraverso il ricatto del debito pubblico. Questo è una sovrastruttura creata dal signoraggio sulla moneta da parte degli istituti cosiddetti di emissione che prestano ad interesse agli stati stessi moneta creata dal nulla e non garantita da alcun bene mobile o immobile.
I governi sono ostaggio del sistema bancario mondiale che si serve del metodo rappresentativo democratico per dominare il mondo. Impone il proprio volere con pressioni, corruzione o ricatti su pochi eletti, e confonde le masse, ottenebrandone la capacità critica attraverso una iperbolica e continua emissione di messaggi di una incredibile stupidità da parte dei mass media controllati.
Ci troviamo quindi in una sorta di imbuto nel quale può avanzare solo chi distribuisce prodotti inutili ma a basso prezzo, chi inquina e distrugge per abbassare i costi e superare la concorrenza senza alcuna remora morale, senza alcun rispetto per la natura o per gli uomini. Infine prevale chi non valuta il pericoloso risultato globale delle proprie azioni e quindi chi agisce senza intelligenza. Deus amentat quos vult perdere. Dunque non si potranno prendere seri provvedimenti ecologici finché il mondo sarà dominato da un sistema plutocratico tanto ottuso e prepotente.
Siamo infatti lemming in marcia verso l’abisso, ma i pifferai non si vogliono rendere conto che vi precipiteranno anch’essi. Si può definire, a questo punto, l’uomo moderno un essere intelligente?
Forse si dovrebbe riconsiderare con modestia e senza arroganza il modo di vivere del passato e trarne utili insegnamenti morali ed ecologici da applicare oggi, sia pure in mutati e più difficili contesti.
L’uomo, infatti. è oggi un parassita, un’infezione che avvelena il globo. Continuando in questi comportamenti, è solo questione di tempo, il pianeta tornerà a girare negli spazi siderali privo di quel meraviglioso fenomeno che è la vita.