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Un documento dei servizi segreti brasiliani denuncia la silenziosa avanzata Usa in America Latina

di Serena Corsi - 04/03/2007

 
 
  
 
soldato UsaIl documento è stato pubblicato dal Journal do Brasil, una delle maggiori testate carioca, ed è stato subito rilanciato dalle maggiori agenzie di informazione del mondo latino. A redigerlo un gruppo dei servizi segreti brasiliani , Gruppo di Lavoro sull’Amazzonia della Abin (l’agenzia di informazione dell’intelligence brasiliana ) in collaborazione con organi delle forze armate e della polizia federale.
Secondo il rapporto,  la crescente influenza degli Stati Uniti in paesi limitrofi al Brasile, in particolare Colombia e Paraguay, e la presenza dell’esercito americano in Amazzonia rappresentano un rischio per la sicurezza nazionale.
Non solo: anche piaghe sociali come la disoccupazione e la vulnerabilità dello Stato rispetto alla ripresa della criminalità organizzata sarebbero conseguenze dirette della strategia di Washington nell’area.
La grossa novità consiste proprio nel mittente del j’accuse. Che sia interesse degli Stati Uniti esercitare un controllo sulle enormi risorse del Cono Sud attraverso una pressione anche militare non rappresenta certo una novità: peraltro, solo poche settimane fa George Bush, in un ordine presidenziale, aveva ribadito la necessità di “pianificare operazioni congiunte” con “ i governi amici dell’America Latina”.
Ma che siano gli stessi addetti ai lavori a dichiarare pubblicamente di essere preoccupati dall’ingerenza di Washington serve a rendere il polso di una situazione in cui gli Stati Uniti stanno perdendo un’egemonia storica e sono pronti ad agire anche piuttosto goffamente - dal punto di vista diplomatico -  per recuperarla.
 
 
Kirchner, Morales, Lula, ChavezCon ogni mezzo a disposizione.
Certo, la presenza non possono assicurarsela solo coi militari: sarebbe assai controproducente farlo in piena “primavera sudamericana”, come è stata soprannominata questa fase storica caratterizzata da un’ondata di orgoglio indigeno-nazionalista che ha portato al governo Chavez in Venezuela, Morales in Bolivia, Correa in Ecuador, che ha permesso la rielezione di Lula e con ogni probabilità porterà anche l’argentino Kirchner alla riconferma. Ecco, allora, che il proliferare di progetti umanitari di Ong straniere farebbe da paravento a una presenza militare nordamericana – o di spionaggio – nient’affatto giustificata da conflitti in corso; che la questione indigena, viva e pronta a esplodere quasi ovunque, rappresenta una minaccia terroristica tale da richiedere l’intervento di un contingente estero. E che, infine, la questione della lotta al narcotraffico diventa, in Colombia, il pretesto per creare un nuovo mercato-banco di prova di armi sofisticate.  
Proprio quest’ultimo aspetto, avverte l’intelligence, è quello che gli specialisti di Washington cercheranno di riprodurre in tutto il continente. E’ vero che l’andinizzazione del Plan Colombia è fallita per l’opposizione dell’Ecuador , che anzi dopo l’elezione di Correa ha deciso di ricorrere all’Aja perchè siano indennizzati tutti i danni prodotti dalle fumigazioni "accidentalmente"   ricadute anche all’interno dei propri confini.
Ma la Colombia, l’ultimo vero “governo amico” degli Usa, rimane per la sua posizione geopolitica una pedina fondamentale della scacchiera: è l’anello di congiunzione fra Centro e Sudamerica e, soprattutto, confina col Venzuela dell’odiato Chavez.  
 
 
soldato in mimeticaL’alleato silenzioso. Ma c’è un altro paese che, quanto se non più della Colombia, assicura agli Stati Uniti una disponibile base d’atterraggio, fisica e simbolica, per diffondere le proprie forze nel continente: è il Paraguay, posizionato nella pancia fertile del continente,  pressochè ignorato dai media internazionali e caratterizzato dallo standard di diritti umani  peggiore del Sudamerica. Nel 2005 Washington ha ottenuto l’immunità per i suoi soldati sul territorio paraguayano, e questi per due anni hanno potuto eseguire esercitazioni senza nessun tipo di controllo. Il 2006 si è chiuso col presidente Duarte Frutos costretto dall’indignazione popolare e internazionale –
a ritirare l’immunità, ma nel frattempo gli analisti nordamericani hanno fatto di tutto per dimostrare che la zona della Triple Frontiera
(il crocevia fra Paraguay, Argentina e Brasile) è una terra di nessuno in cui circolano liberamente armi e protagonisti del terrorismo internazionale anti-statunitense. E’ più che evidente la volontà di posizionare le proprie truppe nel cuore dell’Acquifero Guaranì, la seconda riserva d’acqua della regione dopo l’Amazzonia, e luogo d’incontro, non solo simbolico,
dei movimenti contadini della regione del Chaco, che comprende Argentina, Paraguay e Bolivia. La propaganda in questo caso è fallita e ha quasi causato un incidente diplomatico con Lula,  il quale ha già dimostrato di essere piuttosto in allerta rispetto all’ingerenza militare Usa, designando durante il suo primo mandato 20000 soldati a difesa dell’Amazzonia e investendo parecchio per allestire la difesa militare delle risorse naturali brasiliane. La posta in gioco è davvero altissima.