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Gli USA indignati per il riarmo cinese: "inspiegabile". (Cose da non credere...)

di redazionale - 05/03/2007

Atomiche sui sottomarini
La Cina sfida Washington
Un soldato cinese a Pechino, di guardia sulla Piazza Tienanmen
Mentre si apre a Pechino il Congresso sulle riforme
PAOLO MASTROLILLI
NEW YORK
Nei piani di riarmo della Cina ci sono anche cinque sottomarini armati con missili nucleari e almeno una portaerei. Questi progetti, uniti agli investimenti nello spazio, fanno temere a Washington che la strategia della Repubblica Popolare sia cambiata: l'obiettivo non è più limitato ad impedire l'indipendenza di Taiwan, ma si estende all'ambizione di contrastare gli Stati Uniti sul piano globale, insidiando il loro titolo di unica superpotenza.

Il Congresso nazionale del popolo che si apre oggi Pechino approverà un aumento del 17,8% del bilancio militare. In totale, almeno stando alle cifre ufficiali, durante il prossimo anno la Cina investirà 44,94 miliardi di dollari nella difesa. Questa cifra resta meno di un decimo di quanto spende il Pentagono, e anche se la somma reale fosse tre volte più grande, come sospettano parecchi analisti, il bilancio della Repubblica Popolare rimarrebbe comunque molto indietro rispetto a quello degli Usa. Il problema, come ha detto il nuovo vice segretario di Stato Negroponte visitando Pechino la settimana scorsa, è come vengono utilizzati questi soldi e a quale fine: «Vorremmo più trasparenza. Ci interessa sapere cos'ha in mente la Cina rispetto alla sua modernizzazione militare, quali dottrine la guidano, e quali sono le sue intenzioni». Pochi giorni prima, in Australia, il vice presidente Cheney aveva detto che le spese militari della Repubblica Popolare mettono in dubbio i suoi propositi pacifici.

Fino ad oggi la preoccupazione strategica principale di Pechino è stata impedire ad ogni costo l'indipendenza di Taiwan. Questo resta il punto fermo della sua politica, che però si sta allargando verso altri fronti. Un indizio del mutamento sta proprio nelle spese militari, che non puntano solo a garantire il benessere dei 2,3 milioni di soldati arruolati nelle forze armate più numerose al mondo. Secondo uno studio dell'Office of Naval Intelligence americano, la Cina sta costruendo cinque sottomarini armati con i nuovi missili nucleari JL - 2, che hanno una gittata di 5.000 miglia. A questi si sommeranno altri sottomarini d'attacco a propolsione atomica, che hanno un raggio d'azione molto più ampio di quelli diesel posseduti finora.

Pechino poi sta riadattando la portaerei Varyag, acquistata nel 2000 dall'Ucraina, e sta incrementando il numero e la potenza dei suoi missili nucleari intercontinentali basati a terra DF-31, con lo scopo di arrivare ad avere un arsenale marino e terrestre di almeno 120 vettori a testata multipla nel prossimo decennio. A gennaio, poi, la Repubblica Popolare ha sperimentato un missile capace di distruggere i satelliti, e anche il suo programma spaziale prosegue. Nel 2003 ha condotto la prima missione sopra l'atmosfera, e adesso punta a raggiungere la Luna. Il suo bilancio spaziale da 500 milioni di dollari all'anno continua ad impallidire rispetto ai 17 miliardi della Nasa, ma comunque questi non sembrano i progetti di un paese che si limita a prevenire l'indipendenza della piccola isola di Taiwan, anche se proprio nei giorni scorsi Pechino si è lamentata duramente con Washington per l'impegno americano di vendere 450 missili difensivi a Taipei.

Sul piano della politica estera, del resto, il profilo della Cina è in continua ascesa. Nelle settimane scorse ha fatto discutere l'offensiva economica lanciata in Africa e Medio Oriente, per garantirsi l'accesso alle risorse naturali indispensabili a continuare la crescita da capogiro degli ultimi anni. La Repubblica Popolare poi ha giocato un ruolo decisivo nella crisi nordcoreana, e adesso lo gioca su quella iraniana. Gli Stati Uniti sospettano che dietro ci sia un progetto da superpotenza, e anche per questo criticano gli europei, che intendono togliere l'embargo alla vendita di tecnologia militare imposta dopo la repressione di Tiananmen.