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Iraq. Diecimila anni di storia (recensione)

di Enrico Galoppini - 09/03/2007


Autore: Gilles Munier
Titolo: Iraq. Diecimila anni in Mesopotamia
Editore: Il Leone Verde, 2003
Pagine: 104
Prezzo: 12 euro

 

Ci sarà rimasto ancora qualcosa in Iraq che non sia stato devastato? Questa è la domanda che mi sovviene quando ripenso a quel mio breve viaggio di una decina di giorni nella primavera del 2002. Certo, l’Iraq era provato da oltre dieci anni d’embargo e da uno stillicidio di bombardamenti nelle - unilateralmente decretate da Usa e Gran Bretagna - No Fly Zones, e tuttavia il popolo iracheno manteneva intatta la sua dignità e fierezza. L’accoglienza degli iracheni fu ovunque calorosa: gli italiani erano ancora, per loro, “brava gente”… In una libreria di Baghdad, quando dissi d’essere italiano, mi regalarono all’istante il libro sul Sufismo che stavo sfogliando.

Ricordo l’emozione della visita al Museo nazionale, in splendida e un po’ amara solitudine... Quel museo, voluto dal Presidente Saddam Hussein, era il simbolo della civiltà plurimillenaria della Mesopotamia, culla di tutte le altre civiltà, compresa la nostra. Che cosa meglio di un saccheggio per puntellare la menzogna cristiano-sionista delle “radici giudaico-cristiane dell’Europa”?

Il libro di Gilles Munier ( profondo conoscitore dell’Iraq e Segretario generale delle Amitiés Franco-Irakiennes: http://gmunier.blogspot.com ), edizione italiana di una più ampia guida (Ed. Jean Picollec, 2000), è un tuffo nella memoria di quel breve viaggio, anche grazie alle sue belle illustrazioni in bianco e nero (unica pecca le traslitterazioni dei termini arabi, talvolta imprecise).

A pag. 20 c’è Babilonia: la sorpresa più grande fu per me l’asfalto usato già migliaia d’anni fa, ancora attaccato al terreno! Viene spontaneo il raffronto con certe odierne autostrade disseminate di cantieri…

Pag. 28, Kerbela: una fiume di gente calamitata verso il mausoleo dell’imàm Huseyn che m’inghiotte proprio nel culmine delle commemorazioni del suo “martirio”… l’anno dopo, ad occupazione avvenuta (che è cosa diversa dalla “vittoria” ‘cantata’ troppo presto), la milionesima menzogna per giustificarla: “Primo pellegrinaggio sciita dall’avvento di Saddam”… quante balle l’apparato propagandistico chiamato “informazione” ci propina perché è sicuro che nessuno può smentirle? Ma nel mio piccolo qualcosa provai a fare, e scrissi un articolo che ebbe la sua discreta diffusione (v. http://www.uruknet.it/analisi/pellegrinaggio_kerbela.html, citato anche da Roberto Reale - giornalista di Rai3, in Non sparate ai giornalisti, pp. 109-111 - come esempio di come ci prendono sistematicamente in giro).

Pag. 38, Samarra. Io, nella moschea in cui gli sciiti sostengono si sia “occultato” il loro 12° imàm, il mahdi atteso alla “fine dei tempi”, ci sono stato: adesso, con gli attentati false flag degli “squadroni della morte” messi su da Cia e Mossad, essa è un mezzo rudere, e la sua bella cupola dorata non si scorge più, accecante, dall’alto del famoso minareto a spirale che a molti viaggiatori piacque scambiare con la Torre di Babele…

Il mio secondo viaggio in Iraq - terra di Profeti, crogiuolo di religioni (che per convivere non hanno mai avuto bisogno di ‘campagne democratizzanti’), crocevia d’Eurasia (la capitale dei persiani Sasanidi era lì, a Ctesifonte; Bassora mette in comunicazione con l’India; la “via dell’incenso” che saliva dallo Yemen prevedeva anche una deviazione verso l’Iraq; il Kaiser Guglielmo II e il progetto di ferrovia Berlino-Baghdad…) e sede delle più antiche città – avverrà presto, nell’Iraq liberato per davvero, dagli iracheni. Il popolo iracheno ha radici così profonde che tutta la tecnologia e la propaganda di questo mondo (“occidentale”) non potranno reciderle.