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Eliade, Heidegger: capriole a sinistra

di redazionale - 11/03/2007



Nel centenario della nascita, sul manifesto di ieri Emanuele Trevi riconosce «fascino» e «originalità» al pensiero dello storico delle religioni Mircea Eliade. Ma non solo. «Pacifico e dichiarato il suo anticomunismo», le «tracce del fango nazista» e della «marea montante dei fascismi e dei nazismi europei» presenti in Eliade vengono definite da Trevi «lievissime», e il suo nazionalismo «uno scivolone... da imputare più a ingenuità che altro». È vero, si legge, Eliade «fu sempre reticente o troppo involuto nelle sue memorie... ma a ben vedere è il presupposto essenziale della (sua) antropologia a renderlo di fatto inservibile ad ogni ideologia fascista».
Eliade viene «sdoganato», ed è una lettura sorprendente considerato l'ostracismo della critica marxista verso Eliade e il sodale Ernst Jünger.
Ancor più sorprendente è comparare questa lettura a quella, sempre di ieri, di Adriano Sofri sulla Repubblica.
Se per Eliade le «reticenze» sul passato sono accettabili e la sua antropologia è intrinsecamente non fascista, «il silenzio (o peggio)» di Heidegger «a proposito del suo passato... è stato più penoso della stessa adesione al nazismo». Ed Essere e tempo, anziché un'opera intrinsecamente di metafisica, andrebbe forse letta in contiguità con il nazismo.
Non solo non vale per l'uno ciò che vale per l'altro, ma per Heidegger, al contrario di Eliade, la critica marxista fu — almeno sino all'uscita del libro di Victor Farias — abbastanza plaudente. Poi, mentre alcuni pensatori «progressisti» (Vattimo, Cacciari, Rovatti) hanno continuato ad apprezzarne il pensiero, la critica più militante lo ha «scaricato». E ora recupera Eliade.