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The second coming

di Franco Bifo Berardi - 14/03/2007

Fonte: rekombinant

 

“Turbinando nel cerchio che si allarga
Il falcone non può sentire il falconiere
Le cose cadono a pezzi, il centro non può tenere.
Pura anarchia dilaga nel mondo
La marea insanguinata s’innalza e dovunque
La cerimonia dell’innocenza è annegata.
I migliori mancano di ogni convinzione mentre i peggiori
Sono pieni di intensità appassionata.

Certo è imminente una rivelazione
Certo è imminente la seconda venuta
La seconda venuta! Difficile pronunciare queste parole
Un ampio squarcio fuor dallo Spiritus Mundi
Tormenta la mia visione;
Da qualche parte nelle sabbie del deserto
Una forma con il corpo di leone e la testa di uomo
Bianco lo sguardo e senza pietà come il sole
Muove le sue cosce lente. Tutto intorno
Spirali fosche di uccelli del deserto.
La tenebra discende: adesso intendo
Che venti secoli di granitico sonno
Erano condannati all’incubo da una culla ondeggiante
E quale bestia orrenda, ora che alfine è venuta la sua ora
Striscia verso Betlemme per venire al mondo?”

William Butler Yeats scrisse questo poema nel 1919. Il conflitto mondiale con i suoi orrori, la rivoluzione sovietica che sconvolge il mondo, il montare del nazionalismo e della violenza: segni di un’apocalisse. Il ventesimo secolo ha confermato la premonizione del poeta. Un secolo carico di segnali apocalittici. Ma quale verità ci deve essere rivelata alfine? Nessuna verità nessuna apocalisse. L’epilogo probabilmente si avvicina adesso.
Nel quinto anno della guerra infinita la tragedia sta entrando in un nuovo vorticoso rovesciamento di prospettive. Sono visibili a occhio nudo i processi che conducono al collasso dell’Occidente.

Quella che il poeta descrive alla fine della prima strofa è per noi oggi esperienza quotidiana.
I migliori mancano di ogni convinzione, il cinismo inquina l’ironia. I cretini si infiammano di parole vuote nelle loro prediche parlamentari o televisive. I fanatici di ogni dio assassino levano la loro voce per promettere mortifera salvezza.

Il gruppo dirigente anglo-americano ha trascinato il mondo occidentale in una spirale di guerre senza uscita, senza possibilità di vittoria né di armistizio. Perché lo abbia fatto non siamo in grado di dirlo. L’idiozia religiosa e il calcolo cinico di enormi guadagni immediati per le corporation che detengono il potere.
Le ragioni sono da approfondire, ma il risultato è certo.
Dopo cinque anni dall’inizio di una guerra di vendetta contro la popolazione civile di un paese poverissimo, gli Stati Uniti stanno entrando in una spirale di violenze criminali e folli che non hanno altro paragone storico se non il nazismo hitleriano. Le rappresaglie contro i civili sono l’unica risposta che gli americani sanno dare contro un nemico che non sanno affrontare a viso aperto.
“Siamo tutti americani” gridarono nel 2001 tutti gli imbecilli e le carogne che oggi fanno finta di non ricordare. Ma nel 2007 la verità è evidente: la guerra in Afghanistan è persa, come la guerra in Iraq.
Lo sa il generale Mini che implora i politici romani di uscire dal loro perpetuo otto settembre, di decidere che bisogna fare quando fra poco i talebani giungeranno a Kabul.
Immanuel Wallerstein scriveva qualche mese fa che guardando a Washington oggi gli viene in mente Weimar. La crisi politica americana non potrà risolversi con un cambio di regime nel 2009. Troppo tardi per il regime change. Quel che Bush ha fatto non può essere disfatto in un mese o in un anno. Perciò l’aggressione all’Iran, pur essendo del tutto folle dal punto di vista della razionalità strategica, può essere dietro l’angolo, con tutte le conseguenze che ne verranno – crisi energetica, escalation terroristica nelle città europee.

La disfatta occidentale in Medio Oriente non è che una parte dello scenario: la novità che nessuno si aspettava è l’emergere deciso ed aggressivo del fascismo putiniano al confine d’Europa. Il pericolo sovietico non era che un elemento stabile dell’equilibrio del terrore della guerra fredda. Il pericolo russo dell’era putiniana è un elemento incontrollabile, in un gioco di terrore che non è più bipolare.
La fine del comunismo non ha significato assolutamente una vittoria della democrazia nel paese di Dostojevsky. L’eliminazione degli intellettuali, dei giornalisti, dei dissidenti, l’interdizione di ogni manifestazione politica, il concentramento del sistema mediatico e industriale nelle mani di una mafia che controlla lo stato e i servizi segreti: questo è ciò che è seguito all’abbattimento dello stato sovietico. Non propriamente il trionfo della democrazia. Infine, nell’incontro di Monaco Putin ha detto parole che l’intero occidente ha finto di non capire: la Russia è ritornata sulla scena della guerra, e prepara il riarmo delle frontiere con l’Europa. La guerra fredda è nuovamente qui, ma in condizioni di multipolarità conflittuale.

Il colpo mortale per l’Occidente proviene però da Shanghai. Il crollo della Borsa cinese non è di per sé un evento rovinoso. Per qualche tempo potrà realizzarsi un equilibrio instabile nelle borse orientali e occidentali. Ma l’Occidente si sveglia oggi alla coscienza della inevitabilità di un collasso finanziario di proporzioni eccezionali. I capitali cinesi sono da oggi in poi destinati a ritirare lentamente ma inesorabilmente il sostegno del debito pubblico americano.
Questo è dovuto a fattori interni di controllo della crescita da parte del Partito comunista cinese, ma è dovuto anche a una percezione sempre più diffusa della fragilità del sistema finanziario occidentale, che è un aspetto indissociabile dalla disgregazione del sistema politico e militare.

Il collasso dell’Occidente iscritto nella traiettoria che stiamo ormai vivendo rende probabile lo scatenarsi della bestia fascista in Europa.
La violenza dei fanatici crociati di Copenhagen è uno dei segnali di una voragine spalancata. Aspettiamo le elezioni francesi per capire se anche la Francia è destinata entrare in questo abisso. In Italia la democrazia è già stata dichiarata impraticabile. A larga maggioranza è stata sospesa la libertà di voto in Parlamento, per difendere la democrazia contro la destra che attende il suo turno.
Con le nuove regole si vota di continuare la partecipazione alla guerra afgana fingendo che si tratti di una missione di pace, mentre un kamikaze si fa esplodere a pochi passi dal vicepresidente Cheney, e inizia l’offensiva talebana.

Lo sguardo allucinato di William Butler Yeats vede le cose in una fosca luce di redenzione mistica. La seconda venuta, Cristo che ritorna.
Lenin interpretò a modo suo questa profezia cristologia:
“Trasformare la guerra imperialista in guerra civile rivoluzionaria.“
Per noi, oggi, la seconda parte di quella frase non significa più niente. Nulla significa infatti l’espressione guerra civile rivoluzionaria.
Ma la prima parte dobbiamo riproporla: la guerra imperialista va trattata come l’occasione di un rivolgimento delle prospettive.
Quali prospettive si vanno disegnando? Il collasso dell’Occidente non implica affatto un collasso del capitalismo. Il capitalismo sta per entrare in una fase recessiva che sarà disastrosa per l’Europa e per gli Stati Uniti. Ma le economie più apertamente criminali (come quella russa) o più apertamente schiavistiche (come quella cinese e indiana) sono destinate a prendere il posto egemonico che fu dell’Occidente.

Dall’Europa può venire il segnale di un movimento di nuovo genere, fondato sulla diserzione generalizzata, sull’abbandono, sulla passività, sulla non partecipazione, sulla fuga dalla scena sociale competitiva.
Un’ondata di depressione profonda e smisurata potrebbe spegnere l’incendio per mancanza di legna da ardere.
C’è un compito culturale che dobbiamo svolgere: dobbiamo divenire disfattisti professionali, sabotatori nonviolenti. Dobbiamo spiegare ai giovani che la gara è truccata, e nella competizione non vinceranno niente. Dobbiamo convincere il maggior numero di persone a disertare. Disertare il lavoro, disertare il consumo, disertare la partecipazione politica.

La seconda venuta potrebbe esser questa: l’abbandono della scena della storia da parte di una maggioranza dei suoi attori, il rinserrarsi in comunità che si organizzano per proteggersi dall’incedere della dominazione psicopatica.