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1800 carbone, 1900 petrolio, 2000? Il conto alla rovescia è già iniziato

di centrofondi - 16/03/2007

 

Non sappiamo se ci avete fatto caso, ma fino a sei mesi fa a parlare di emergenza climatica

si era considerati come coloro i quali credono che il crollo delle Torri Gemelle non sia stata

una tragica conseguenza dovuta all’impatto degli aerei di linea, in pratica dei pazzi

visionari.

Si producevano una quantità studi autorevolissimi che puntualmente confutavano le tesi di

coloro che mettevano in guardia il mondo industrializzato dall’uso indiscriminato dei

combustibili fossili e le trasmissioni televisive erano affollate di pseudo esperti che

dicevano che i mutamenti climatici rientravano nelle normali oscillazioni statistiche.

Poi, inspiegabilmente e improvvisamente, la svolta.

Si è iniziato dal rapporto inglese sul clima, per passare a tutta una serie di rapporti

“ufficiali” che accusavano l’uso indiscriminato di combustibili fossili di essere concausa

determinante del disastro ambientale. La stessa amministrazione Usa, fino ad oggi paladina

dell’uso senza limiti dei gas serra e nemica acerrima del protocollo di Kyoto, indica come

prioritaria la riduzione dell’uso del petrolio e da il via alla corsa ai biocarburanti. Lo stesso

Al Gore promuove un film “An inconvenient truth” in cui si sbattono in faccia al grande

pubblico le verità fino a quel momento negate. La Commissione Europea stabilisce

anch’essa di ridurre l’uso di fonti energetiche fossili e promuove le energie rinnovabili.

Il governo italiano non è da meno e sebbene cosparga il territorio di rigassificatori, accetti il

carbone “pulito”-che poi è uguale a dire che gli escrementi di mucca profumano- e indichi

come prioritaria la realizzazione di opere altamente inquinanti come la TAV, vara piccoli

incentivi per le energie rinnovabili.

Cosa può essere successo? Perché ad un certo punto, come al cenno di un direttore di

orchestra, si è scatenato questo battage mediatico?

Ci può essere stata una improvvisa conversione di massa oppure, come quasi sempre

accade, c’è una verità nascosta da decifrare?

Sabato scorso a Firenze si è tenuto il convegno di ASPO Italia (www.aspoitalia.net) ,

associazione che si occupa di picco petrolifero. Tra i relatori, un esperto di petrolio

l’iraniano Alì Morteza Samsam Bakhtiari, già noto ai lettori di Centrofondi per un articolo

sul petrolio del 2004 (http://www.centrofondi.it/articoli/petrolio_50_dollari.htm) .

Nel suo bellissimo e interessantissimo intervento, che consigliamo di ascoltare

(http://www.radioradicale.it/schede/view/id=219806/giornata-di-studio-su-energia-materie-prime-e-ambiente),

Bakhtiari ci dice che il picco petrolifero è già stato raggiunto nel corso del 2006 e, cosa

che molti ignorano, il picco del Gas Naturale verrà toccato nel 2007.

A sostegno delle sue parole c’è il declino del maggiore produttore mondiale di petrolio,

l’Arabia Saudita che nel 2006 ha diminuito la sua produzione dell’8% nonostante

l’esplosione della domanda energetica causata dal boom economico di Cina India e

Giappone.

Dal grafico si può vedere che le riduzioni degli anni precedenti erano dettate dal ciclo

economico, mentre quella attuale si può spiegare solo con un progressivo esaurimento dei

pozzi.

La conferma arriva da quest’altro grafico che mostra come nonostante il progressivo

aumento dei nuovi impianti per l’estrazione (linea blu), la produzione comunque cala.

Sul Sole 24 ore del 15 febbraio scorso è stata pubblicata una notizia di quelle che fanno

riflettere, secondo cui sarebbe stato firmato un trattato di cooperazione tra Arabia Saudita e

Russia sull’energia nucleare.

Per darvi l’ordine di misura per valutare la situazione, l’Arabia Saudita ha prodotto nel 2006

una media di 9.152.000 barili al giorno mentre il secondo paese per produzione, l’Iran, ne

ha prodotti 4.028.000 e il terzo, gli Emirati Arabi 2.636.000, il Venezuela 2.511.000.

E le scelte di Iran e Venezuela di limitare il consumo interno di petrolio per favorire

l’esportazione, sta a significare che anche le loro riserve non sono infinite.

Le guerre in Afganistan e Iraq, le tensioni con l’Iran e anche il consistente aumento della

presenza militare americana in Africa, sono così facilmente spiegate: è iniziata la corsa

all’accaparramento delle risorse energetiche. In poche parole nei prossimi anni non ci sarà

abbastanza petrolio per tutti e quello che ci sarà sarà a disposizione solo di chi, se lo è

conquistato con le armi o sarà disposto a pagarlo cifre sempre più elevate. Per la cronaca noi

paghiamo già il 40% in più degli altri paesi europei, pensate che costo dovremo sostenere

nei prossimi anni.

Ecco così spiegato l’improvviso interesse dei governi e dei mass media alla questione

ambientale, non per un atto di amore nei confronti del pianeta, ma solo perché è necessario

ridurre drasticamente l’eccessivo consumo mondiale di petrolio e gas per permettere ad una

piccola elite di poter continuare a condurre una vita di continuo spreco. Questo anche a

costo di impedire l’accesso all’energia ad una grossa parte della popolazione mondiale,

compresa quella più povera degli stati industrializzati.

Bakhtiari nel suo intervento dice che avremo due anni, fino al 2009, in cui sarà possibile

prepararsi al cambiamento, materiale, ma soprattutto psicologico, dopodichè la diminuzione

della “vecchia” energia accelererà in maniera sensibile. Se fino ad oggi la domanda ha

determinato la produzione di petrolio, da ora in avanti sarà la produzione a

determinare la domanda.

Ed è inutile rivolgere l’attenzione al nucleare perché l’uranio, anche lui, si sta esaurendo (ci

dispiace, poco per la verità, per i fautori di questa energia) ed il fabbisogno delle 442

centrali nucleari sparse per il mondo è di 65000 t contro le 42000 t di uranio estratto. Fino

ad oggi si è attinto a piene mani dallo smantellamento delle testate nucleari a seguito dei

trattati di non proliferazione, ma adesso che si è esaurito anche quello, i nodi stanno

venendo al pettine.

Non è un caso se il prezzo dell’uranio nel 2002 era di 9,70$ mentre oggi è di 85$ (il 776%

in nemmeno 5 anni!!!)

E purtroppo dobbiamo anche abbandonare l’idea dei biocarburanti perché per soddisfare la

domanda mondiale non basterebbero tutte le superfici coltivabili, senza contare che la

coltivazione dei biocarburanti in Messico è andata a scapito del mais elemento essenziale

del “pane “ messicano ovvero la tortilla con la conseguenza che il suo prezzo è salito del

400%, facendo innescare pericolose rivolte popolari. Quello che succede in Messico

naturalmente può succedere ovunque e rinunciare al pane o agli ortaggi per un viaggetto in

macchina non crediamo sia la soluzione giusta per affrontare il problema energetico.

Anche per l’idrogeno ci sono difficoltà. Il fatto che questo combustibile non si trovi in

natura, ma abbia necessità di energia elettrica per essere prodotto, ci riporta al punto di

partenza. O si trova il modo di produrre l’elettricità necessaria da fonti rinnovabili e ancora i

quantitativi prodotti da eolico e solare sono troppo limitati, oppure la società dell’idrogeno

sognata da Rifkin resterà un mito.

Noi non siamo pessimisti e non crediamo che il mondo sarà così stupido da farsi condurre

ad un nuovo conflitto mondiale per il petrolio, non crediamo nemmeno che ritorneremo di

nuovo nelle caverne. Il mondo non si è mai fermato e proprio quando sembrava che una

fonte di energia finisse, subito un’altra è apparsa all’orizzonte. Noi pensiamo addirittura che

già esistano modi e invenzioni che siano in grado di estrarre e produrre energia pulita in

quantità, fino ad oggi però le lobby di potere le hanno sempre bloccate sul nascere

impedendo lo sviluppo di nuove tecnologie: un esempio sono i documenti delle strabilianti

invenzioni di Tesla finiti in mano e occultati dai servizi segreti americani, o la campagna di

denigrazione e i boicottaggi tutti italiani, alla sperimentazione sulla fusione fredda o sul

solare termodinamico. Oggi è il momento di pretendere, anche dai nostri governanti, che

venga tolto quel velo di omertà che ha avvolto tutte le nuove scoperte che potevano mettere

in discussione le posizioni di potere. Chiedere di rifinanziare la ricerca sulla fusione fredda

(un modo è firmare la petizione http://www.ecoage.it/info/petizione-fusione-fredda.php ) e

agevolare lo studio di fonti alternative di energia.

Se abbiamo solo due anni di transizione, spendiamoli bene!

L’universo ci sta dicendo a chiare lettere che la “vecchia” energia si sta esaurendo e non è

più compatibile con i mutamenti in atto nel nostro pianeta. Ci dice anche che il nostro stile

di vita deve essere modificato radicalmente e fra breve questo non sarà più una scelta, ma un

obbligo.

Bakhtiari infatti nel suo intervento individua i cambiamenti che è necessario fare per

cavalcare l’onda del cambiamento invece che venirne travolti. Piccoli progetti realizzabili in

pochi anni, no alle grandi opere come la TAV che alla luce di questi eventi risultano ridicole

e dannose. Il 97% del tessuto economico dell’italia è costituito da micro imprese sotto i 15

dipendenti e l’adattamento è una delle nostre armi migliori. Secondo questa splendida

persona questo secolo sarà un ritorno alle radici e noi non possiamo che concordare con lui.

Pensare globalmente e agire localmente sarà il motto dei prossimi giorni, non mesi e

neppure anni, per cambiare il nostro modo di pensare, il nostro modo di vivere.

Dobbiamo riqualificare le economie locali che sono state sventrate dalla assurda, corsa alla

globalizzazione. Dobbiamo tornare a consumare i prodotti locali, all’artigianato,

all’agricoltura naturale non quella industriale come invece vogliono i vertici comunitari.

Non possiamo più consumare prodotti che provengono da migliaia di chilometri di distanza,

ma tornare a consumare quelli prodotti nei nostri campi e usare quelli creati dai nostri

artigiani.

Dobbiamo tornare a risparmiare l’acqua e cercare di trattarla con il rispetto che gli compete,

attivandoci per non sprecarne nemmeno una goccia e se scaviamo nei nostri ricordi tornano

sicuramente alla memoria le cisterne per il recupero dell’acqua piovana che avevano le case

dei nostri nonni. Soprattutto però dobbiamo evitare con tutti i mezzi leciti possibili che un

bene così prezioso come l’acqua possa essere privatizzato.

L’energia andrà prodotta e consumata sul posto, quindi microgenerazione tramite le

tecniche che oggi sono conosciute a cui si affiancheranno sicuramente tecnologie molto più

evolute, che alimentano case, condomini, aziende e comuni. Niente più mega centrali,

oleodotti, assurdi rigassificatori, petroliere che fanno innumerevoli giri del mondo.

Non dobbiamo aspettare che le cose ci vengano calate dall’alto, ma cominciare dal nostro

quotidiano, con piccoli, grandi gesti che cambiano il mondo. Noi abbiamo grande fiducia

che gli anni che verranno non saranno la rovina del genere umano, ma bensì un ritorno ad

un nuovo rinascimento.

In fin dei conti questo è il momento storico in cui le persone e le comunità sono chiamate a

rinunciare alle dipendenze, sia che si chiamino energia, droga, denaro, politica o religione e

alla delega perché questo è il periodo in cui ognuno deve fare le proprie scelte e di queste

sarà chiamato a renderne conto alle generazioni future. In parole povere siamo chiamati a ad

Elaborato del :16/03/2007

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un processo di crescita, da popolo bambino, in balia di scelte calate dall’alto, a popolo

adulto che è artefice del proprio destino.

Siamo davanti ad una svolta storica e siamo sicuri che ne usciremo rinnovati perché

abbiamo molta fiducia nell’uomo, e …nessuna nelle istituzioni.

That' s all folks