Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Il Riconoscimento e il Dialogo

Il Riconoscimento e il Dialogo

di Miguel Martinez - 17/03/2007

 

Come ho accennato, MMax  e Rosalux, entrambi credo dell'area di Sinistra per Israele, hanno scritto due post molto intensi e interessanti, per commentare alcuni scambi che abbiamo avuto in rete.

Purtroppo, entrambi i post contengono, potenzialmente, talmente tanto materiale di discussione, da obbligarmi praticamente a rinunciare a discutere degli elementi che hanno presentato.

Quindi, posso solo invitarvi a leggere i loro post, per poi svicolare alle domande esplicite o implicite che i loro post contengono.

Svicolo, raccontando le impressioni che ne ho ricavato.

Mentre i commenti di MMax sono ben ragionati, il post di Rosalux mi attribuisce una serie di idee (ammettendo onestamente, però, che si tratta di sue ipotesi) in cui non mi riconosco. Eppure il post di Rosalux mi colpisce di più, sul piano umano: e cioè, alla fine, sull'unico piano che abbia senso.

E' stato Gilad Atzmon a farmi balenare il concetto del Servo, del Padrone e del Riconoscimento, che deriva da Hegel, ma può avere molte riletture.

Per esistere, dobbiamo riconoscere ed essere riconosciuti come esseri umani.

Il Padrone (nella ruota della fortuna, cambia facilmente chi impersona questo ruolo) si specchia nei Servi, i quali però, sorridendo mitemente, gli rimandano solo il suo volto riflesso: il Padrone non potrà mai soddisfare il suo desiderio di un riconoscimento autentico.

Mentre i Servi sono in continua trasformazione, alla ricerca del riconoscimento che il Padrone nega loro. E questo processo, che sembra un astratto ragionamento filosofico, è il motore concreto di tanti elementi della storia.

Ovviamente, la soluzione - rara e difficile - di un simile processo può consistere solo nel reciproco riconoscimento tra esseri umani liberi, uguali e diversi.

Il Riconoscimento non è la stessa cosa del Dialogo, che costituisce la base di una successiva solidarietà tra questi esseri umani liberi, uguali e diversi, perché il Dialogo richiede la condivisione di premesse.

Ma il Riconoscimento è l'inizio dell'umanità e la fine, certo provvisoria, della dialettica del Padrone e del Servo.

Rosalux usa un termine preciso: onore. Un termine ambiguo, perché richiama anche ad ambiti come i "delitti d'onore".

Ma se intendiamo "onore" come riconoscimento dell'umanità, la definizione di "nemico onorevole" è certamente il più bel complimento che abbia mai ricevuto e compensa ampiamente le errate interpretazioni del mio pensiero che il post di Rosalux contiene.

Il Riconoscimento è una cosa rara, da tutte le parti, nei conflitti veri.

Ovviamente nei conflitti falsi, come quelli tra Prodi e Casini, c'è una "correttezza" che maschera una realtà molto più banale: quella dell'inciucio.

In genere, nei conflitti veri, il Riconoscimento è del tutto assente, perché si parte dal presupposto di essere Padroni: se non di qualcosa, almeno della Verità (con la sua rigorosa maiuscola).

Gli altri sono Servi, e quindi inferiori, spregevoli, da domare a frustate verbali, mossi da istinti bassi, come sarebbe nella loro natura.

Ogni dubbio sull'inferiorità dell'Altro, mette in crisi la nostra certezza di superiorità.

A questo desiderio di essere Padroni, si accompagna l'ansia - comprensibile - di evitare l'inciucio, ritenuto l'unica alternativa al disprezzo. Leggo tra le righe che qualcuno della parte avversa deve aver borbottato per il Riconoscimento che MMax e Rosalux hanno comunque voluto dare. E anch'io ho sentito qualche borbottio analogo tra quelli che posso chiamare i miei alleati.

Ecco perché è importante anche il sostantivo scelto da Rosalux: un nemico onorevole. In questo senso, non esiste alcun Dialogo inteso socraticamente, ed è giusto che sia così, a meno che un giorno non ci troveremo a condividere anche delle premesse.

Certo, si può chiamare "dialogo", con la minuscola, il fatto che la comunicazione comunque avviene attraverso le parole, ma è un'altra cosa.

In questo senso, il Riconoscimento non implica minimamente un cedimento all'avversario, o un indebolimento delle proprie scelte.

In realtà non esiste alcun motivo per cui uno che fa concretamente parte di uno schieramento nemico debba essere più spregevole sul piano umano delle persone che fanno parte del "nostro" schieramento.

Ovviamente esistono persone veramente spregevoli, opportuniste, mentitrici e tutto il resto: in uno degli schieramenti nemici (non voglio fare di ogni erba un fascio), ci sono persone come Magdi Allam.

Ma anche nel "nostro" schieramento, se avessimo un giorno le opportunità che hanno i nostri nemici, emergerebbero sicuramente dei Magdi Allam. Il potere logora chi ce l'ha, per riportare al suo senso vero una frase che molti di noi conosciamo solo per la sua caricatura; e il potere seleziona rigorosamente i peggiori.

Il riconoscimento che mi viene rivolto avviene in un contesto: quello del groviglio che possiamo chiamare "sionismo", "Israele", "guerre in Medio Oriente", "identità ebraica", "organizzazioni etnico-confessionali ebraiche", "Occidente e Oriente", "immaginario sullo scontro di civiltà", "immaginario sulle radici giudaico-cristiane" e "giudaismo".

Dico groviglio perché i rapporti tra tutti questi elementi sono spaventosamente complessi.

In questo campo, mi sono attenuto a un principio molto semplice. Far coincidere sempre ciò che dico con ciò che penso.

Si può essere d'accordo poi o no con ciò che dico/penso, ma sono contento che mi si riconosca la chiarezza.

Non è sempre così.

Io conosco gente di sinistra che, quando sentono le notizie dalla Palestina, pensano (e dicono in privato), "ma questi ebrei sono pazzi sanguinari!"

Poi quando parlano in pubblico, deprecano furiosamente chi osa bruciare bandiere israeliane, denunciano che qualche sito avrebbe un link a un altro sito che a sua volta ha un link a chissà cosa e sottolineano venti volte che questo o quel critico della politica israeliana "è un ebreo", come se ciò fosse in qualche modo un segno di superiorità e legittimazione. [1]

Io conosco gente di destra che pensa (e dice in privato), "però 'sti ebrei devono essere dei geni, ad avere tanti soldi, e poi hanno un esercito della madonna...". Ma quando parlano in pubblico, tirano fuori il Piccolo Avamposto della Democrazia Occidentale in Terra Barbara.

Bene, quello che pensano tali persone, io non lo penso.

Ma non dico nemmeno quello che dicono loro.

Nota:

[1] Lo so, io cito Gilad Atzmon e Rav Friedman. Ma non considero Gilad un ebreo, né tantomeno un ebreo rappresentativo, tutt'al più una persona informata dei fatti visto che è stato nell'esercito israeliano ed è figlio di una storica famiglia sionista. Mentre mi incuriosisce la vicenda, la solitudine e il coraggio di Moishe Arye Friedman.

Per il resto, ogni critico (o sostenitore) del sionismo o della politica israeliana vale per ciò che dice, non per le sue origini. Nonna Fatima  è per me una critica valida quanto Moni Ovadia.