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Cloaca, ma soprattutto finanza

di Gianfrabco La Grassa - 19/03/2007

 

 

Mi è sempre sembrata una grande cloaca quella da cui uscivano intercettazioni varie di colloqui privati che nulla avevano a che fare con le indagini su personaggi spesso colpevoli, ma i cui rapporti con mogli, amici, o altri consimili, non erano rilevanti per le indagini sulle loro illegalità. Tuttavia, non si è mossa foglia per anni. Sono stati sputtanati sportivi, personaggi dello spettacolo, e simili. Di Ricucci, imputato per ben altre questioni, si sono pubblicati colloqui con (e di) personaggi a lui vicini, come ad es. la moglie, che non c’entravano nulla. Per liquidare Fazio – e mettere al suo posto il vicepresidente della Goldman Sachs, punta di lancia della finanza americana – si sono pubblicati colloqui della moglie di costui con Fiorani, da cui spuntava confidenza e amicizia; ma i giornalisti, “maliziosi”, con giri di parole intrisi di veleno, facevano pensare a chissà quale affettuosa relazione.

In queste operazioni, quando occorreva, si è distinto il giornale della GFeID (grande finanza e industria decotta) – il Corriere, edito dalla Rcs, il cui patto di sindacato comprende 15 fra i maggiori finanzieri e industriali italiani (fra cui Bazoli dell’Intesa, il più pericoloso e prepotente di tutti in questo momento) – con al seguito il centrosinistra (Prodi è l’uomo di Bazoli a Palazzo Chigi), per il quale il suddetto giornale, con editoriale del suo direttore l’8 marzo 2006, invitò a votare nelle elezioni politiche; evidentemente come riconoscenza per avere appoggiato tutte le mene di questo gruppo di capitalisti parassiti, ivi compreso il cambio alla Banca d’Italia (e che cambio!).

Adesso, apriti cielo, il fango è schizzato sul consigliere di Prodi. Allora l’indignazione monta; dopo anni, si sveglia il garante della privacy e minaccia galera a chi pubblica ancora queste notizie indubbiamente vergognose. Una decisione, che sarebbe giusta e sacrosanta in sé, presa adesso in questo modo e per questi motivi, dopo aver lasciato correre su centinaia di altri personaggi infangati, diventa una soperchieria, un sopruso e abuso di autorità, una complicità. Si è anche cercato di sostenere che è tutta una montatura, un’invenzione di fotografi e giornali (in questa tesi si è distinto Il Manifesto, quotidiano “comunista”; alla faccia!). Ho ascoltato ieri una breve intervista al procuratore Iannuzzi di Potenza; pur con diplomazia, con ampie circonlocuzioni attorno al fatto che si faranno supplementi di indagine, ha però chiaramente ammesso, per chi ha un po’ di cervello, che le foto ci sono e che “sono corpo di reato”. E oggi è ufficiale: le foto (cinque) del fatto sono sui tavoli delle redazioni di tutti i giornali, che non possono pubblicarle (adesso che è implicato un politico di sinistra) pena la galera fino a due anni. Naturalmente i giornali governativi (in testa il Corriere) nemmeno ne parlano, ma le foto ci sono, non si tratta di una montatura!

Solo Anselmi, direttore de La Stampa (filogovernativo), valutando il criterio dell’“interesse pubblico”, con cui si vuol imbavagliare la stampa dopo che si è scatenata su fatti pruriginosi per anni, pone le seguenti domande: “Chi lo valuta? Il Garante, un giornalista di regime o un messo di Palazzo Chigi?” (cioè di Prodi). C’è solo da rammaricarsi che certe notizie riservate volino come coriandoli; e qui torniamo a quanto già detto all’inizio: è una vergogna che si pubblichino faccende private, ma una vergogna ancora maggiore che si facciano due pesi e due misure. O tutti dentro o tutti fuori, per favore. I politici si sentono al di sopra del fango, mentre vi debbono cadere calciatori, soubrette, “procuratori di sesso” o anche nemici finanziari e politici che non aggradano alla GFeID e al suo “braccio armato”, la sinistra (“simpatica” L’Unità: in prima pagina contro il coinvolgimento del consigliere di Prodi, in quarta coinvolge Maroni. Una coerenza tipica della sinistra! Come sull’Afghanistan e tutto il resto). Basta con questa arroganza, che vede quasi tutto il fronte dell’ignobile e meschino ceto politico, che ci ritroviamo fra i piedi, unito nel difendere i propri privilegi da “intoccabili” (come quelli dell’omonimo film di De Palma, con Al Capone in testa; ma che in questo nostro “povero” paese non faranno purtroppo la stessa fine).

 

La notizia più importante, e che dimostra quanto ci si trovi a vivere in un’atmosfera infetta, è però un’altra. Come aveva scritto Geronimo pochi giorni fa, Tronchetti è sul punto di gettare la spugna. E come lo fa? Trattando con la finanza legata al centrosinistra, con quel Bazoli (Intesa) che è ormai un grave pericolo per l’intera società (salvo il pugno di imprenditori e politici che si inchinano o almeno si curvano un po’ di fronte a lui). Intesa è pronta a impossessarsi della Telecom. Capitalia cerca di aggregarsi al carro, sembra con Generali e Mediobanca, ma in posizione che rischia di restare defilata in un’operazione il cui orientamento è impresso da Bazoli (il cui “maggiordomo” politico è Prodi) con l’appoggio della Deutsche Bank, il cui coté italiano è guidato da De Bustis, dalemiano ex ad della Banca 121 del Salento (con gli imbrogli che questa combinò, coinvolgendo circa 6000 clienti, e che abbiamo raccontato in parte nel blog), poi diventato ad del Monte Paschi che assorbì la suddetta banca andando incontro al disastro, in seguito al quale fece “smamare” il De Bustis, comunque “caduto in piedi” (vicepresidente della Deutsche per la “sezione” italiana).

Chi è previsto qual ad della nuova Telecom? Una vecchia conoscenza: Bernabé, liquidato da D’Alema all’epoca dell’operazione Gnutti-Colaninno favorita dall’ineffabile “baffetto”. La situazione è comunque in sviluppo e ancora incerta, dunque si deve rinviare un discorso più preciso (se ne varrà la pena). Ciò che al momento appare certo è che hanno escluso la spagnola Telefonica dalla trattativa – in nome dell’italianità dell’azienda Telecom, mentre hanno cacciato Fazio inneggiando alla internazionalizzazione della nostra economia e criticando il suo gretto nazionalismo (pensa se non abbiamo a che fare con mentitori e imbroglioni spudorati e pericolosi!) – e stanno facendo tutto “in casa”.

Ma come? Riprendendo di fatto, appena modificato, il piano Rovati (di cui Prodi finse di essere all’oscuro), che varie indiscrezioni (non essenziali peraltro) attribuivano a Tononi (attuale viceministro dell’economia) e Costamagna, entrambi da pochissimo usciti dalla solita Goldman Sachs. Quel piano prevedeva lo scorporo della rete fissa dal resto della Telecom e la sua acquisizione da parte della Cdp (Cassa Depositi e Prestiti), detta pubblica mentre la maggior parte delle azioni è in possesso di privati, fra cui le Fondazioni bancarie in gran parte legate al gruppo Intesa-San Paolo. Adesso, si lascia cadere la foglia di fico del pubblico, e la Telecom intenderebbe papparsela direttamente il suddetto gruppo finanziario.  

In effetti, bloccate le trattative tra Tronchetti e Telefonica, si presenta adesso una cordata “italiana”, capitanata da Intesa (e tutti sanno che Prodi è il “maggiordomo” politico del finanziere cattolico Bazoli), che dovrebbe prendersi la quota di Tronchetti in Olimpia (80%), la quale è la società di controllo della Telecom con il 18% azionario. Benetton – altro membro della GFeID in ribasso negli ultimi tempi, poiché il Governo gli ha impedito la fusione di Autostrade con la spagnola Abertis (sempre in nome della italianità, dopo che ci hanno portato nella UE e creato l’euro che ha annientato il nostro potere d’acquisto) – possiede l’altro 20% di Olimpia; ma quatto quatto, onde evitare grane con la GFeID (e la sinistra) e sperando in “riconoscenti” ripensamenti governativi circa la suddetta fusione, accetta di rimanere socio di minoranza in una Telecom comandata dal gruppo finanziario più influente sul Governo (gruppo che così “risparmia” un 20% di esborso, altrimenti necessario per liquidare pure Benetton). Se uno non capisce le gravi manovre di potere in atto nel nostro paese, e quale parte politica (la sinistra!) ne è l’esecutrice privilegiata dai gruppi di comando finanziario, è un coglione o un mascalzone che fa finta di non sapere. Questa finanza che sta al vertice del parassitismo capitalistico in Italia, se si prende la Telecom, crea così anche una grossa concentrazione massmediatica e nel campo delle telecomunicazioni.

In ogni caso, tale finanza fortemente dannosa per le sorti del paese fa il bello e cattivo tempo, mette a soqquadro l’intero assetto economico italiano, acquista un potere enorme; mentre l’Antitrust è latitante, tace e acconsente, si “distrae” lasciando che potenti interessi (sempre gli stessi di cui stiamo parlando) si muovano contro l’ENI, pretendendo che tale società scorpori l’apparato produttivo dalla rete di distribuzione, che interessa alle varie municipalizzate (o ex tali; ex solo nella forma proprietaria, perché di fatto restano sotto controllo dei “gruppi di comando” nelle grandi amministrazioni comunali), per l’80-90% in mano alla sinistra.

La mafia è nulla in confronto alla rete di potere in cui ci sta avvolgendo la GFeID assieme al centrosinistra, nella più completa assenza o implicita connivenza della destra o di parti di essa. E la manovra sulla Telecom non è tutto; perché se Geronzi (Capitalia) venisse escluso o, più probabilmente, messo in posizione subordinata nello sviluppo di questa operazione, diverrebbe assai probabile una offensiva per impadronirsi delle Generali, tramite il controllo su Mediobanca, che ha il maggior pacchetto, 14%, del capitale azionario del colosso, europeo e non solo italiano, assicurativo. Già il fatto che il presidente delle Generali, il francese Bernheim, abbia accettato la vicepresidenza del gruppo Intesa-San Paolo, fa capire dove si voglia andare a parare. Di mezzo c’è però ancora la Capitalia, che possiede un buona percentuale di azioni Mediobanca. Tuttavia, si è già mosso il braccio destro di Bazoli, il finanziere franco-polacco Zaleski, con acquisto di azioni di quest’ultima ben nota banca d’affari. Il colpo grosso della Telecom, se riuscirà e sarà diretto dall’Intesa-San Paolo, creerà ulteriori condizioni favorevoli all’azione a tenaglia su Generali. A questo punto la concentrazione di potere nella GFeID, con centrosinistra quale sua longa manus politica, diverrebbe enorme, alla faccia delle varie Authority, che non contano nulla, se non per proteggere il consigliere di Prodi.

E non venite a raccontarmi che si debbono usare toni da gentleman inglese; contro questa sinistra, che è l’ariete fatto funzionare dai gruppi economici di comando in Italia, bisogna sollevare più indignazione che è possibile. Siamo sull’orlo della fogna, e puzza tanto; tentare di non caderci o almeno fare degli equilibrismi, mi sembra doveroso.

 

Come già rilevato, la destra non conta nulla; e non è un caso che i (almeno relativamente) perdenti del momento – Tronchetti, Benetton, Geronzi (Capitalia) – non si rivolgano per aiuto a questa “allegra brigata”; essi preferiscono abbassare le armi e ingoiare qualche bel rospo onde giungere a compromessi, per loro avvilenti, pur di non perdere i contatti con i “preminenti” e il loro braccio politico di sinistra. La destra è nell’impotenza, soprattutto perché il suo filoamericanismo scatenato, e miope, non le consente margini di manovra adeguati nemmeno all’interno, proprio perché quest’ultimo è totalmente condizionato dal predominio statunitense, sia direttamente nella sfera politica sia, più subdolamente ed efficacemente, mediante le operazioni della finanza americana (in particolare della ormai ultranominata Goldman Sachs). Sulla questione internazionale riprenderemo il discorso perché adesso intendo tornare ad un maledettamente complicato, ma denso, lavoro teorico sulla coppia (ideologica) “pubblico/privato”.