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Abkhazia 2007

di Luca Bionda - 19/03/2007

Fonte: cpeurasia

 

Il 4 marzo 2007 si sono svolte in Abkhazia[1] le elezioni per il rinnovo del Parlamento nazionale (primo turno), con 108 candidati in corsa per 35 posti disponibili[2].

Alle operazioni di monitoraggio elettorale hanno partecipato anche due rappresentanti del Coordinamento Progetto Eurasia, invitati in qualità di osservatori internazionali dall’O.N.G. russa CIS-Emo.

Partiti dalla Russia, ci trasferiamo in autobus dalla nota località balneare di Soči, nella regione di Krasnodar, fino alla frontiera con l’Abkhazia. Da qui proseguiamo percorrendo la strada principale lungo la costa diretti verso la capitale Sukhum.

Ci fermiamo dapprima per una breve sosta nei pressi della città di Gagra, nella zona Nord-Ovest del paese. È la prima occasione per prendere coscienza delle ottime potenzialità turistiche dell’Abkhazia, terra dalla cultura millenaria[3] caratterizzata da una favorevole posizione geografica e da un clima costiero di tipo mediterraneo che consente ottime produzioni agricole (agrumi, tabacco, vite, cotone, frutta, ecc.). L’agricoltura e l’allevamento del bestiame rappresentano ad oggi una componente vitale per la popolazione.

Tutte le principali cittadine del paese si sviluppano lungo la costa orientale del Mar Nero, mentre le valli interne sono caratterizzate da morfologia aspra e rilevante naturalità dei luoghi.

Lungo il viaggio ci appaiono chiari i segni del conflitto abkhazo - georgiano che nel 1992-93 interessò gran parte del paese. Chiari anche gli sforzi legati alla ricostruzione ed alla ristrutturazione di molte opere, segno inequivocabile che l’Abkhazia intende guardare avanti.

I colleghi russi conosciuti durante il viaggio ci spiegano che sul fronte della sicurezza interna il paese è tranquillo e che la sola zona di fermento può essere considerata la porzione superiore della valle del Kodor, ove le truppe georgiane hanno da poco superato il confine nazionale adducendo motivazioni non ben definite legate ad episodi di guerriglia dai contorni e dalle responsabilità poco chiare. La Georgia attende un nuovo e provvidenziale casus belli?

Entriamo nella capitale Sukhum, una città decisamente curata soprattutto nell’edilizia della zona centrale e del lungomare, con imponenti edifici bianchi di recente restauro che ospitano importanti strutture alberghiere e ristoranti. I paragoni con la riviera ligure o adriatica non sono per nulla azzardati, come suggeriscono i nomi di alcuni esercizi commerciali.

Nel pomeriggio del 3 Marzo incontriamo le autorità locali ed approfondiamo gli aspetti legati al nostro compito di osservatori: i responsabili abkhazi ci tengono particolarmente a farci decidere in piena autonomia le località elettorali da visitare, dimostrando così con i fatti che il paese si presenta totalmente aperto nei confronti della comunità internazionale.

Il 4 Marzo decidiamo di visitare quindi alcuni seggi nella cittadina di Očamčyra, la città del presidente Sergej Bagapš, ove le elezioni di svolgono senza problemi e con soddisfacente affluenza dei votanti; molte le persone anziane che giungono per votare. Un aspetto curioso mai osservato in Italia: i seggi sono dotati di una sala ove gli elettori più indecisi possono soffermarsi a riflettere sui programmi dei candidati con maggiore calma prima di votare.

All’ingresso del terzo seggio da noi visitato incontriamo anche la stampa locale in cerca delle prime dichiarazioni da parte degli addetti ai lavori.

L’impressione generale allontanandoci dalla cittadina di Očamčyra è che l’economia locale abbia un carattere maggiormente rurale rispetto alla zona centro-occidentale del paese; è chiaramente intuibile come Sukhum rappresenti il baricentro economico oltre che politico del paese.

Nel pomeriggio ripartiamo verso Ovest e raggiungiamo Novyj Afon dove visitiamo i seggi elettorali, a poca distanza dalla capitale, ove ancora una volta possiamo constatare un’incoraggiante affluenza alle urne da parte della popolazione locale. Le operazioni di voto proseguono normalmente e la situazione è tranquilla per le stesse forze di polizia addette alla sorveglianza esterna dei seggi.

Ci sarebbe da riflettere sulla presenza (assai discreta) delle forze di polizia osservata durante le elezioni in Abkhazia: in barba a ciò che spesso la stampa occidentale riporta riguardo alla stabilità politica entro lo spazio post-sovietico ed in particolare nel Caucaso, posso affermare che la presenza dei militari non è stata mai sovrabbondante o invadente, in quanto la polizia si è limitata a garantire con la propria presenza il rispetto della sicurezza e della legge durante il processo elettorale, in modo per nulla dissimile rispetto a quanto osservabile durante le elezioni nei paesi dell’UE.

Uscendo dai seggi di Novyj Afon abbiamo infine il tempo per visitare lo stupendo monastero che sovrasta la cittadina, costruito alla fine del secolo XIX dai monaci greci.

La sera, alla chiusura dei seggi, partecipiamo alla conferenza stampa presso il Centro Stampa Internazionale di Sukhum, dove possiamo trarre un bilancio generale della giornata elettorale, riportando le nostre dichiarazioni alla stampa locale, tra cui l’emittente AT, l’agenzia stampa Apsny Press e la televisione russa 1 Tv.

Come noi in qualità di osservatori o rappresentanti politici sono giunte diverse decine di rappresentanti da Belgio, Francia, Giordania, Armenia, Nagorno Karabakh, Germania, Transnistria, Polonia, Ucraina, Russia (tra cui alcuni deputati della Duma e numerose autorità politiche caucasiche da Adjgeja, Karačaevo Čerkesija, Kabardino Balkarija, Ossezia del Nord, Cecenia). Le operazioni elettorali da noi monitorate si sono svolte in un clima sereno, in contrasto con le scarse notizie diffuse da certi media occidentali riguardo a “probabili tensioni”[4].

L’appuntamento elettorale del 4 Marzo scorso potrebbe dunque rappresentare un nuovo passo verso il riconoscimento internazionale della repubblica di Abkhazia, nonostante le reiterate dichiarazioni negative di UE e Stati Uniti che si rifiutano di riconoscere lo status di indipendenza del paese dalla vicina Georgia.

La fine ufficiale delle ostilità tra le milizie abkhaze e georgiane nel 1993 non ha risolto del tutto le controversie territoriali tra le parti: l’Abkhazia proclamatasi indipendente dalla Georgia e sostenuta dalla Russia attende ancora il riconoscimento della cosiddetta comunità internazionale[5] la quale, complice un asfissiante silenzio mediatico concordato con il gendarme atlantico stanziatosi di recente nel Caucaso, si limita perlopiù a richiamare le parti al dialogo ed al rispetto della pace.

Su tutti spicca l’atteggiamento “pilatesco” dell’Europa occidentale la quale, mentre sulle sponde del Mare Adriatico si adopera per separare il Kosovo, anima della Serbia, dalla madrepatria, sul Mar Nero agisce nel modo esattamente opposto, appoggiando la Georgia in nome di una “inviolabile” integrità territoriale[6]. Proprio di questo atteggiamento dell’UE, definito usualmente “doppio standard”, parleranno molti osservatori ed autorità politiche durante gli incontri con i giornalisti a Sukhum.

Va ricordato infine che il sostegno da parte russa nei confronti dell’Abkhazia ha permesso e permette tuttora la vita del popolazione in Abkhazia, nonostante l’embargo economico georgiano e le frequenti minacce di invasione militare portate avanti dalle attuali autorità politiche georgiane[7].

La situazione politica del paese appare in ogni caso stabile; quella socio economica appare anch’essa promettente ma marcatamente influenzabile dagli aspetti legati alla modernizzazione delle principali infrastrutture ed alla rinascita delle installazioni produttive danneggiate durante il conflitto.

 

Ritengo utile concludere auspicando che la nostra visita in Abkhazia possa inserirsi in un contesto di maggiore interesse europeo verso le problematiche della regione caucasica, nel quadro di risoluzione dei conflitti che oggi minano l’unità continentale eurasiatica.

Certo non si può essere tanto idealisti da pensare di poter mettere prontamente attorno ad un tavolo le parti in conflitto in assenza di condizioni preliminari precise[8]. Siamo però altrettanto consapevoli che lo sviluppo, la prosperità e la sicurezza delle popolazioni della regione non potranno certo trarre alcun beneficio dalla presenza NATO o statunitense nel Caucaso[9]. La nostra proposta è invece nel dialogo tra Abkhazia e Georgia[10], nella mediazione offerta dalle nazioni confinanti o vicine (Russia, Turchia, Ucraina, ecc.) e nell’isolamento delle manovre atlantiste che traggono la propria linfa vitale proprio dalle condizioni di insicurezza ed instabilità provocate dai conflitti irrisolti.

 


[1]              Lo status politico dell’Abkhazia (Apsny in lingua locale, Respublika Abkhazija in russo) è tuttora oggetto di profonde lacerazioni politiche tra la Federazione Russa , Georgia ed in generale tutta la comunità internazionale: la prima riconosce l’indipendenza dell’Abkhazia mentre la Georgia la considera ancora una regione georgiana, pur “autonoma”, ma sempre sotto il controllo di Tbilisi; su questo ultimo aspetto sarebbe interessante un paragone tra l’Abkhazia e la vicina regione autonoma georgiana di Adžaria. La posizione generale della comunità internazionale salvo rare eccezioni ricalca sostanzialmente le direttive politiche statunitensi e, di riflesso, le odierne posizioni filo-atlantiste georgiane.

[2]              Numerosi i partiti impegnati nella battaglia elettorale, in appoggio dell’attuale classe politica (Ripresa, Rinascita, Abkhazia Unita, ecc.) o all’opposizione (Forum per Unità Nazionale, Partito Comunista di Abkhazia).

[3]              Gli storici riconoscono alla capitale Sukhum antiche origini greche (Dioscurias).

[4]              Su internet ha trovato spazio la notizia di un allarme bomba presso un seggio elettorale; tale notizia si è rivelata poi infondata.

[5]              Obiettivo che l’Abkhazia condivide con l’Ossezia del Sud e la Transnistria (o Pridnestrov’e, proclamatasi indipendente dalla Moldova durante gli stessi anni).

[6]              Poco importa all’Occidente se oltre le frontiere ci sono popoli con lingua, alfabeto, cultura e tradizioni completamente differenti.

[7]              Tale aspetto ha indotto la classe politica in Abkhazia a collaborare per una soluzione pacifica del conflitto con la Georgia unitamente al mantenimento della missione di “peacekeeping”.

[8]              Il primo passo andrebbe semmai fatto dalla dirigenza politica georgiana, le cui truppe permangono nell’alta valle del Kodor, cioè in territorio abkhazo. Il ritiro dei militari georgiani entro i propri confini è considerato dal presidente abkhazo Bagapš un primo passo propedeutico alla ripresa delle trattative di pace con la Georgia.

[9]              Le numerose iniziative intraprese direttamente da Washington o da ONG americane nella regione non sono state in grado, certo non per mancanza di risorse economiche, di recare un minimo miglioramento nelle condizioni delle popolazioni civili.

[10]             Importante in tal senso la partecipazione al voto di una minoranza georgiana nella zona orientale dell’Abkhazia, che nelle stesse parole del presidente Bagapš potrà contribuire ad eleggere un “parlamento multietnico”, ovvero contenente anche rappresentanti delle minoranze etniche del paese.