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L'abolizione dello stato di diritto e Romano Prodi nel ruolo del dittatore

di Miguel Martinez - 20/03/2007

 

In questi giorni, migliaia di pakistani sono scesi in piazza per protestare perché il dittatore pakistano, il generale golpista Pervez Musharraf, si è permesso di licenziare il giudice supremo (Chief Justice) Iftikhar Mohammad Chaudhry, che aveva osato indagare sulle sparizioni di oppositori politici, a opera dei servizi segreti.

Non sapevo invece che negli stessi giorni fosse successo una cosa molto simile anche da noi, con Romano Prodi nel ruolo del dittatore. Che, in questo caso, cerca ufficialmente di bloccare un processo perché i magistrati "non collaborano" con il governo.

Ora, di pressioni politiche sulla magistratura ce ne saranno sempre state. Solo che dovevano restare nascoste, perché erano considerate riprovevoli e contrarie ai principi stessi su cui si fonda la società.

Quando, però, la pressione diventa ufficiale - in questo caso, un'azione dell'Avvocatura dello Stato - vuol dire che chi detiene il potere politico stabilisce pubblicamente un nuovo principio: rivendica la supremazia del governo, cioè dei partiti politici, sulla magistratura.

Cioè dice, l'arbitrio politico deve prevalere sulla certezza del diritto. Questo non vuol dire che il "regime Prodi sia una dittatura", perché quel potere che Prodi non vuole riconoscere alla magistratura, sono sicuro che lo cederebbe senza fiatare a Berlusconi, se quest'ultimo dovesse vincere le elezioni.  Il vero dittatore, poi, cerca di essere lui il Capo, mentre questi obbediscono supinamente ad altri.

Però queste sono le premesse su cui si fonda ogni dittatura. In questo caso, non una dittatura "di Prodi" (anche se si tratta del primo ministro con più potere della storia repubblicana), ma una dittatura "del governo".

Per un curioso abuso terminologico, chi in Italia si dichiara "liberale" è in genere un forcaiolo, sostenitore del diritto del capitale sul potere politico, e del potere politico - militare e poliziesco - su tutto il resto.

So che tutti questi liberali, diranno, "e Prodi fa bene, questo è un caso eccezionale, e nei casi eccezionali il diritto deve saltare".

Io ne so molto poco di diritto, ma mi sembra, a naso, che il diritto si occupi proprio dei casi eccezionali. I furti con destrezza, ad esempio, sono eccezionali: non li fanno tutti gli italiani, né tutti li subiscono tutti i giorni.

Ma nel caso eccezionale che vi sia un furto con destrezza, la legge prevede una serie di passi precisi. Non è che un passante qualunque possa dire,

"al ladruncolo gli ho prima cavato gli occhi, poi ho dato la sua lingua da mangiare al mio pitbull. Lo so che non è quello che la legge prevede, ma qui c'era un caso eccezionale: un furto con destrezza".

Ma torniamo a ciò che ha fatto il governo, cercando di bloccare un processo.

Se Berlusconi si fosse mai sognato di fare una cosa del genere, l'avremmo saputo (per fortuna) subito. Perché allora c'era un'opposizione.

Ora, invece, non esiste un'opposizione.

Certo, qualcosa di rumoroso che batte i piedi per motivi surreali - contro i musulmani o cercando ad esempio di sapere se qualche collaboratore di qualche ministro trent'anni fa faceva l'estremista - o che dice cose sconce contro i gay per pentirsene dieci minuti dopo, c'è.

Ma contro un provvedimento del tipo preso dal governo Prodi, non diranno nulla.

E per questo mi tocca scoprire questa sconcertante notizia girando per blog.

La trovo, infatti, su Camminare domandando, un blog che ho scoperto solo ieri sera su Kilombo.

Ecco il post  per intero, tratto appunto da Camminare domandando.

 

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Anche se non se ne è parlato molto, perché la notizia non era molto edificante, lo scorso 15 marzo il governo italiano attraverso l’Avvocatura dello Stato ha chiesto ufficialmente la cancellazione del rinvio a giudizio per i 33 inquisiti del caso Abu Omar, tra cui 26 agenti Cia ed un po’ di spioni nostrani assortiti, tra cui Pollari e Mancini. Tra le motivazioni la violazione del segreto di Stato (peraltro mai avvenuta come spiega Travaglio in un articolo a questo link) e l’inficiamento del principio di collaborazione tra magistratura e governo.
Questa della collaborazione è una trovata interessante. Da quando magistratura e governo dovrebbero, in uno stato moderno collaborare ce lo dovrebbero proprio spiegare. O forse farebbero meglio a rileggersi lo Spirito delle Leggi di Montesquieu, per ricordarsi che in un qualunque paese moderno il potere giudiziario e quello esecutivo devono sempre essere rigorosamente separati ed indipendenti. Ma questo è secondario rispetto al tentacolare impegno a tenersi buoni i rapporti con gli Stati Uniti e con gli spioni nostrani.E quindi che i diritti umani s’inchinino alla ragion di stato, e l’Italia torni a essere il paese delle banane e il regno dell’impunità. E’ triste dirlo, ma le banane crescono benissimo anche all’ombra dell’Ulivo.

P.s. Voglio spendre una parola d’elogio per il ministro Di Pietro, persona dalla cui posizioni spesso dissento, ma che su questo argomento ha dimostrato una fermezza etica che molti suoi colleghi, collocati più a sinistra, si sognano.
Per chi volesse approfondire il caso Abu Omar rimando a questo post di un po’ di giorni fa.