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Home / Articoli / Ultime notizie dal mondo 1-15 Marzo 2007

Ultime notizie dal mondo 1-15 Marzo 2007

di redazionale - 21/03/2007

  

a) Irlanda del Nord. Una messa a punto politica, a partire dall’importante esito delle elezioni del 7 marzo. Cfr. 3, 9, 10, 13, 14 marzo. Due simpatiche notizie da Corsica (13) ed Euskal Herria (1).

 

b) Torniamo sulla questione delle basi, dopo l’importante manifestazione del 17 marzo a Roma «per il ritiro delle truppe italiane dall’Afghanistan e da tutti i teatri di guerra» e «in sostegno alla resistenza delle popolazioni in lotta, da Vicenza ai paesi invasi ed occupati». Vediamole dal cuore dell’imperialismo statunitense, in questa fase egemone: cfr. USA 9 marzo.

 

c) America Latina. Viaggio di Bush e controviaggio di Chávez. Un occhio al nodo dell’agrocombustibile (cfr. scarrellata di notizie al 12 su Brasile e USA) vista a Washington come alternativa strategica al petrolio. Venezuela (cfr. 4 e 12) prosegue la sua anti-imperialista geopolitica:  vedere Cuba (1 e 2), Nicaragua (13) Bolivia (2), Argentina (2). Un occhio anche alla Colombia: attacco FARC, connessione istituzioni-paramilitari e un ricordo del prete-guerrigliero Camilo Torres Restrepo (il tutto al 3 e al 15) e ancora, sul fronte interno, a Bolivia (8), Venezuela (1). Assolutamente non irrilevanti i duri scontri interni istituzionali in Ecuador (8 e 14).

 

Sparse ma significative:

 

  • Israele. L’attacco al Libano era programmato ben prima del sequestro –ad opera di Hezbollah– di militari di Tel Aviv penetrati in territorio libanese. Ad ammetterlo è niente-po-po-di-meno-che l’attuale primo ministro Ehud Olmert. Stando alle sue parole pare proprio che lo sconfinamento armato (peraltro non occasionale) di un’unità israeliana non fosse casuale ma mirasse a creare il casus belli. Dal Libano nessuna sopresa in merito. Il tutto all’8. Intanto un ex presidente USA, Jimmy Carter, e l’inviato ONU nei Territori Occupati palestinesi accusano di apartheid e colonialismo Israele (cfr. 10 e 13). E tanto per non smentirsi in fatto di aggressività, prove generali di bombardamento sull’Iran a Cipro (cfr. Israele. 8). La Siria teme e si sta attrezzando di conseguenza, se è fondato quanto dicono i servizi segreti israeliani (9). Sul fronte palestinese? Una bambina usata come scudo umano dai militari israeliani (9) e il governo di unità nazionale palestinese (15) che smorza per adesso le aspettative di guerra civile su cui lavorano USA (cfr. 6) ed Israele.

 

  • Sull’Iraq. Spettro Vietnam (2). Si parla sempre più di exit startegy (13), mentre gli USA costruiscono carceri nel paese “liberato” (14) e intanto concorrono ad aumentare il numero degli sfollati (5). In relazione alla legge sul petrolio cfr. Gran Bretagna / Iraq al 10 marzo. Ma sul nucleare Londra parla chiaro: cfr. Gran Bretagna. 15 marzo.

 

  • Iran. Nuova stretta nella risoluzione in arrivo (15); Mosca si mostra compiacente con gli USA (cfr. Russia / Iran. 14 marzo). Sull’Iraq cfr. USA / Iran all’11. Infine Iran / Palestina (5 marzo) e Iran / Arabia Saudita (4)

 

  • Nepal. Il nodo della regione del Terai (14 marzo).

 

 

Tra l’altro:

 

Germania (9 marzo)

Sahara Occidentale (7 marzo)

Somalia (6, 11, 14 marzo)

Siria (9 marzo) e Unione Europea / Siria (15 marzo)

Polonia / Ucraina (6 marzo)

Ucraina (1 marzo)

Afghanistan (9, 11 marzo)

Russia (15 marzo)

India (15 marzo)

Cina (9 marzo) e Cina / USA (5 marzo).

Corea del Nord (15 marzo)

USA (1 marzo)

 

 

  • Euskal Herria. 1 marzo. Arresti domiciliari per Inaki de Juana Chaos, detenuto dell’ETA da 115 giorni in sciopero della fame. Lo hanno confermato fonti del ministero dell’Interno. Le autorità penitenziarie spagnole hanno deciso di scarcerare il detenuto «per ragioni umanitarie». Le fonti hanno precisato che de Juana sarà dapprima trasferito in un ospedale per poi tornare a casa. De Juana, divenuto un simbolo del movimento pro amnistia basco, protestava per una condanna a 12 anni, ridotta a tre, per reati di opinione (articoli di stampa) imputatigli mentre era in carcere. Aveva già trascorso 18 anni. Secondo de Juana e la sinistra indipendentista, la seconda condanna è solo servita ad evitare che uscisse di prigione, sotto la pressione delle destre. Negli ultimi mesi de Juana veniva alimentato con una sonda ma la scorsa settimana si era opposto con forza a tale misura costringendo alla sospensione del trattamento, poi ripreso ammanettandolo al letto.

 

  • Ucraina. 1 marzo. Tymoshenko incontra a Washington e New York organismi pubblici e privati –mass media, banche, think tanks (pensatoi)– e alte cariche accademiche e governative, tra cui il vice-presidente Dick Cheney e il Segretario di Stato Condoleezza Rice. L’obiettivo di Yulia Tymoshenko, oggi all’opposizione in Ucraina, è confermare che la Rivoluzione Arancione non è morta e che la sua squadra lotterà per sottrarre l’Ucraina alle iniziative filo-russe dal governo Yanukovich.

 

  • Ucraina. 1 marzo. Le prospettive di integrazione dell’Ucraina nella NATO sono uno dei temi caldi del momento. Dai due vertici dello Stato non arrivano che dichiarazioni discordanti. Yanukovich ne ha negato più volte l’opportunità (settembre 2006 a Bruxelles; a dicembre, a Washington, durante l’incontro con il Segretario di Stato USA Condoleezza Rice), e lo ha ribadito nei giorni scorsi, appellandosi al volere della popolazione. Sul fronte opposto, Yushchenko afferma che l’ingresso nella NATO non è altro che il naturale sbocco al processo di ricerca di un sistema di sicurezza collettivo, nel perseguire il quale l’Ucraina dovrebbe pensare più ai propri interessi nazionali, che ai timori e alle reazioni dei paesi vicini. Anche il Ministro della Difesa Anatoli Gritsenko, suo alleato, ne sostiene l’inevitabilità, negando la necessità di consultare la popolazione con un referendum. Oltre la metà dell’opinione pubblica ucraina si dice infatti ancora contraria all’ingresso nella NATO.
  • Ucraina. 1 marzo. Questione ancor più spinosa è la cooperazione militare con gli USA. Kiev nega di avere alcun ruolo. Di fronte all’irritazione russa sollevata dai piani USA di dispiegare radar e intercettori antimissilistici in Polonia e Repubblica Ceca, il governo ucraino ha voluto dimostrare la propria estraneità e una certa indignazione per non essere stato consultato in merito. La costituzione ucraina bandisce il dispiegamento di basi militari straniere sul territorio del paese. Secondo Yanukovich, gli USA avrebbero dovuto informare sia Kiev che Mosca prima di prendere una tale decisione. In un’intervista rilasciata alla vigilia del suo incontro con la cancelliera Angela Merkel, il Primo Ministro ha descritto il suo paese come un ponte ideale tra UE e Russia, per il quale la cooperazione in tema di energia, trasporti, “lotta al terrorismo” e ai traffici illeciti è fondamentale su entrambi i versanti, russo ed europeo. Per questo, la retorica anti-russa che l’opposizione solleva con sempre più insistenza potrebbe, secondo Yanukovich, non solo destabilizzare il paese ma ritorcersi pericolosamente contro i suoi stessi interessi.
  • Ucraina. 1 marzo. Minoranze russe in alcune zone del paese. Yanukovich sta da tempo lavorando a una serie di leggi che, in linea con la Carta Europea delle Lingue Minoritarie o Regionali, riconoscano e regolino l’uso del russo almeno nelle regioni sud-orientali del Donetsk, dove la popolazione russofona è fortemente discriminata. La primavera scorsa la sezione locale del Partito delle Regioni aveva di propria iniziativa dichiarato il russo “lingua regionale” e chiesto al governo di invertire la politica di “ucrainizzazione” della cultura (dal gennaio 2006 i film russi devono obbligatoriamente essere doppiati in ucraino) coerente con il progetto di Yushchenko di fare della lingua ucraina il vero collante nazionale. Lo status della lingua russa è stato fin dall’inizio uno dei principali pomi della discordia tra le due fazioni politiche, che potrebbe eventualmente sboccare in un referendum volto a riconoscere il russo quale seconda lingua ufficiale. Pare che la bocciatura del nuovo Ministro degli Esteri proposto da Yushchenko sia stata motivata proprio con il suo ostentato rifiuto di parlare il russo e di servirsi invece di un interprete che traduce i suoi discorsi dall’ucraino. Secondo il Primo Ministro Yanukovich simili discriminazioni si riscontrano anche nei costi dei servizi pubblici fondamentali tra regioni differenti, ennesima prova della forte politicizzazione della vita pubblica, nonché specchio del confronto politico in atto tra le due fazioni rivali.

  • Ucraina. 1 marzo. In campo energetico, dopo la secca smentita di Kiev in merito alla creazione di un consorzio per la gestione congiunta russo-ucraina delle pipelines per il trasporto del gas, definita da Putin un “rivoluzionario sviluppo” nelle relazioni tra i due paesi, Kiev torna a pensare a una “strategia energetica europea”, imperniata sull’asse UE-Asia Centrale. Il presidente Yushchenko è d’accordo con il suo omologo lituano Valdas Adamkus sulla necessità che i paesi di “transito” delle attuali rotte del gas e del petrolio centro-asiatico uniscano i propri sforzi per costituire una fonte di approvvigionamento alternativa a quella russa. Lo scopo non è di sostituirsi ad essa, ma di consentire un atterraggio morbido qualora questa dovesse decidere, come successo l’inverno scorso, di tagliare i rifornimenti. Sorprendentemente tale accordo comprende un terzo paese: la Bielorussia, accomunata all’Ucraina dall’aver improvvisamente scoperto la propria scomoda dipendenza dal vicino russo.
    Significativo è anche l’avvio dei colloqui con l’Uzbekistan per l’incremento delle sue forniture di gas all’Ucraina, che oggi ammontano a circa 2 miliardi di metri cubi annui, pari al 10% delle sue esportazioni totali. Yanukovich si recherà nella capitale uzbeca, Tashkent, nell’aprile 2007 per concludere l’accordo, che dovrebbe concretizzarsi nonostante l’Ucraina rappresenti, per il presidente uzbeko Islam Karimov, il prototipo di quel tipo di rivoluzioni colorate di cui Tashkent ha paura. Avere Yanukovich come interlocutore potrebbe tuttavia facilitare il dialogo, in aggiunta al fatto che, come molti analisti pensano, l’accordo vedrà la luce solo previo l’almeno tacito assenso del Cremlino.

 

  • USA. 1 marzo. Impeachment per il vicepresidente USA Dick Cheney? Ipotesi tutt’altro che peregrina in conseguenza del caso Libby, l’ex capo dello staff di Cheney e consigliere per la sicurezza nazionale accusato di reato per aver svelato alla stampa lo status di agente della CIA di Valerie Plame. Dopo il 20 febbraio, allorché la giuria si è riunita in camera di consiglio dopo cinque settimane di dibattimento, sui media USA sono apparsi diversi servizi che indicano in Cheney il vero regista della vicenda ai danni di Valerie Plame. L’ABC ha mandato in onda il 22 febbraio un servizio intitolato «Poi tocca a Cheney ? (…) Un verdetto di colpevolezza dell’ex collaboratore potrebbe suscitare inchieste penali sul conto del vice presidente Dick Cheney?». La risposta affermativa è data dal procuratore Kenneth Starr, inquirente speciale nel caso Whitewater ed ex accusatore dell’ex presidente USA Bill Clinton, secondo il quale la conseguenza ovvia del caso Libby è accertare se Cheney si sia macchiato di «ostruzione della giustizia». Uno scenario possibile è che, nel caso di condanna, l’inquirente speciale Fitzgerald possa offrire a Libby il patteggiamento, se è disposto a raccontare quello che sa sul vero ruolo di Cheney. Sempre la ABC ha poi mandato in onda un altro servizio intitolato “L’ossessione di Cheney”, in cui si spiega che «il processo a Libby ha mostrato un vice presidente preoccupato di liquidare le accuse di manipolazione dell’intelligence da parte dell’amministrazione Bush alla vigilia della guerra in Iraq». Il servizio continua citando le accuse dell’ambasciatore Joe Wilson, marito della Plame, secondo cui l’amministrazione aveva condotto il paese in guerra con falsi pretesti: «un attacco molto grave» che Cheney avrebbe gestito inducendo Libby ed altri ad aizzare la stampa contro Wilson.

 

  • USA. 1 marzo. Pure l’ultimo numero di Gentlemen’s Quarterly, rivista per uomini molto diffusa, ha pubblicato un articolo di Hylton sul vicepresidente USA, “Il popolo contro Richard Cheney”, in cui si prospettano quattro capi di accusa per l’impeachment del vice presidente. In tutta la storia degli Stati Uniti, scrive Hylton, solo 17 alti funzionari federali sono stati colpiti da impeachment. «Nel caso di George Bush vi saranno ragioni innumerevoli per non aggiungere un diciottesimo nome alla lista. Da quelle più moderate (due impeachment presidenziali consecutivi sono più un danno che un beneficio per la nazione) a quelle provocatorie (sebbene abbia sbagliato su un numero impressionante di questioni, Bush è sprovveduto oltre ogni misura per poter essere ritenuto responsabile) a quelle pragmatiche (se Bush subisce l’impeachment poi ci ritroviamo con il vice presidente Dick Cheney)(...) Ma tutto questo non vale invece per il vice presidente Cheney (...) Negli ultimi sei anni, con il paese che sprofondava nelle disavventure militari, nella follia fiscale e nello sfascio ambientale, gli errori del vice presidente non sono soltanto limitati a questi temi, ma egli ha dimostrato doppiezza, inganno e distruttività verso la democrazia americana». L’articolo passa quindi in rassegna le malefatte di Cheney, come le menzogne per istigare la guerra in Iraq, la corruzione e i rapporti con la Halliburton, l’usurpazione di poteri ben oltre quelli concessi dalla Costituzione tanto da agire di fatto come Primo Ministro. I quattro capi di accusa per l’impeachment: 1) ha deliberatamente condizionato e limitato la capacità dei servizi di raccogliere informazioni, 2) ha personalmente imbrogliato la popolazione statunitense, 3) ha deliberatamente accolto e protetto un noto criminale a danno della politica USA, ovvero Ahmed Chalabi, 4) ha mantenuto rapporti indebiti ed eticamente inammissibili con i suoi ex datori di lavoro della Halliburton e ne ha promosso programmi e interessi a scapito di quelli della popolazione statunitense.

 

  • Cuba / Venezuela. 1 marzo. Sottoscritti accordi nel settore dell’energia, della sanità, delll’industria agraria, dell’educazione e della preparazione del personale, nonché del finanziamento per le piccole industrie. Il presidente del Nicaragua, Daniel Ortega, ha incontrato a Caracas il presidente del Venezuela, Hugo Chávez. Chávez ha ricordato che durante la sua visita a Managua per assistere alla nomina a presidente di Ortega, era stato deciso di aprire un ufficio della Banca Nazionale di Sviluppo, Economico e Sociale del Venezuela in Nicaragua. «Ora», ha detto ancora Chávez, «si metterà a punto una linea di credito per i piccoli e medi produttori, mentre i guadagni della banca andranno alle scuole nicaraguensi, per far sì che questo paese cominci a liberarsi dal giogo neoliberista». Il Venezuela fornisce al paese centroamericano petrolio e derivati a condizioni molto favorevoli di pagamento, unite alla consegna di 32 impianti generatori di elettricità dei quali otto sono già stati sottoposti a prove di funzionamento molto positive ed incorporati al sistema elettrico del Nicaragua, mentre si prevede l’incorporazione degli altri impianti, dopo il rodaggio, nelle prossime settimane.

 

  • Venezuela. 1 marzo. Con la Ley de los Consejos Comunales, «il popolo sta prendendo le redini della costruzione della patria». Lo ha detto il presidente Chávez parlando di questo nuovo strumento legale, che mira a superare la democrazia rappresentativa per costruire una democrazia partecipativa.

 

  • Iraq. 2 marzo. Lo spettro del Vietnam sempre più reale in Iraq per le forze militari USA. «Vittoria entro sei mesi, oppure andremo incontro a un crollo verticale nel sostegno sia politico che dell’opinione pubblica, sulla falsariga di quanto accadde in Vietnam, costringendoci a battere in ritirata». Questo, in sostanza, il monito che un gruppo d’élite di ufficiali delle forze USA in Iraq ha depositato sul tavolo del generale David Petraeus, nuovo comandante in capo delle truppe statunitensi. Il gruppo di ufficiali, tutti veterani in antiguerriglia, sono stati incaricati dell’implementazione della “new way forward”, ossia della nuova strategia messa a punto da Casa Bianca e Pentagono per riprendere in mano la situazione dell’Iraq ed imprimere una svolta decisiva alle operazioni militari. Il team, conosciuto con il nome di “Baghdad brains trust”, lavora nella blindatissima Zona Verde della capitale irachena e –secondo il britannico Guardian– ha ingaggiato una vera e propria lotta contro il tempo per districare e risolvere una serie di questioni e problemi sul tappeto che rendono difficile l’attuazione del cambio di strategia voluto dal presidente Bush. «Sanno che stanno lavorando con il tempo contato. Sanno che a Washington si potrebbe discutere di imboccare la via del “piano B” entro l’autunno: ossia il ritiro», ha riferito al Guardian una fonte dell’Amministrazione Bush, coperta dall’anonimato, che ha regolari contatti con il “Baghdad brains trust”. «Gli ufficiali sanno che i prossimi sei mesi sono la loro opportunità. Ma sanno anche che ogni giorno che passa è sempre più dura», ha aggiunto l’alto funzionario.

 

  • Cuba / Venezuela. 2 marzo. Bio-diesel: intesa tra Cuba e Venezuela per nuovo impulso a produzione etanolo. Undici gli impianti che verranno costruiti per produrre etanolo, l’alcool derivato dalla canna da zucchero utilizzato come combustibile ‘pulito’ per preservare l’ambiente, ridurre il consumo di combustibili fossili e sviluppare fonti alternative di energia. Il progetto si inscrive negli oltre 350 nuovi programmi bilaterali nei settori energetico, sanitario ed educativo, da ultimare entro fine 2007. L’annuncio all’Avana al termine dei lavori della VII Commissione mista intergovernativa, alla presenza del presidente ‘ad interim’ Raúl Castro, il ministro dell’Energia venezuelano Rafael Ramírez e quello del dicastero dello Zucchero cubano, Ulises Rosales. Cuba riceve quotidianamente 98mila barili di petrolio venezuelano, che L’Avana contraccambia con servizi medici ed educativi.

 

  • Venezuela / Argentina. 2 marzo. Basta con la dittatura del Fondo Monetario. Lo ha detto il presidente dell’Argentina, Nestor Kirchner, aprendo ieri i lavori del parlamento. Il prodotto interno lordo argentino sta crescendo da cinque anni, incluso quello in corso, dell’8% annuo e non è quindi il caso che subisca «la dittatura del Fondo Monetario Internazionale». Inoltre, la disoccupazione non supera l’8,7%, lo stesso livello di 15 anni fa, prima che il paese entrasse in un periodo di grave crisi. Per finire, riferendosi ai “Bonos del Sur”, titoli di borsa che Buenos Aires emette insieme a Caracas nonostante critiche formulate in più sedi economiche e finanziarie, il presidente argentino ha sottolineato i suoi buoni rapporti con il Venezuela e con il suo capo di stato Hugo Chávez. I “Bonos del Sur” emessi in questi giorni da Caracas per un valore complessivo di un miliardo e mezzo di dollari sono stati richiesti da operatori finanziari internazionali in quantità otto volte superiore alla disponibilità.

 

  • Venezuela / Bolivia. 2 marzo. Caracas stanzia 15 milioni di dollari per la Bolivia, colpita dalle più gravi alluvioni degli ultimi 25 anni che hanno causato finora 350mila disastrati e ingenti perdite al settore agricolo. Il presidente Hugo Chávez raggiungerà la settimana prossima il paese andino per una «visita di solidarietà» nelle regioni alluvionate.

 

  • Irlanda del Nord. 3 marzo. Il Sinn Féin intende essere parte delle amministrazioni nel nord e nel sud dell’Irlanda per adempiere alla «sua missione storica di creare una vera repubblica ed un vero governo nazionali». Lo ha detto oggi l’esponente del partito repubblicano, Gerry Adams, nell’intervento conclusivo al congresso annuale (Ard Fheis) del partito, a Dublino, che ha visto anche la presentazione dei candidati del partito. Delegati ed invitati di tutta l’Irlanda discutono di un’ampia serie di mozioni con particolare attenzione a quelle che saranno le priorità del partito nell’esecutivo multipartitico che dovrebbe formarsi il prossimo 26 marzo e alle politiche che saranno la chiave dell’agenda dei repubblicani del Sinn Féin nelle negoziazioni con il governo delle 26 contee (repubblica irlandese). Tra pochi giorni ci sono cruciali elezioni nel nord e tra pochi mesi quelle generali nel sud. Il Sinn Féin è l’unico partito irlandese che concorre in tutta l’isola. Rispondendo a chi gli rimprovera di rafforzare la divisione dell’Irlanda con la sua decisione di partecipare alle elezioni ed istituzioni nel nord e nel sud dell’isola, ieri il presidente del Sinn Féin ha chiarito il perché dell’impegno elettorale repubblicano: Sinn Féin vuole usare la sua partecipazione alle istituzioni per forzare politiche ed attuazioni che portino in modo irreversibile all’unità d’Irlanda. È questa la «missione storica» del Sinn Féin.

 

  • Irlanda del Nord. 3 marzo. Alla vigilia delle elezioni, Sinn Féin ribadisce i temi centrali del partito (sanità ed istruzione) ma non dimentica questioni che pure non sono, allo stato, di particolare premura per la maggioranza dei votanti, come la questione della connivenza tra i gruppi paramilitari lealisti e le forze di sicurezza britanniche, che tante vite sono costate non solo nel nord Irlanda, ma anche nella repubblica irlandese. Davanti alle telecamere che cercavano ansiosamente Gerry Adams, ad essere mandata per le interviste è stata spesso Amanda Fullerton, figlia di un consigliere del Sinn Féin ucciso a colpi d’arma da fuoco da paramilitari lealisti nel suo domicilio nella contea del Donegal (repubblica d’Irlanda). Questo è uno dei tanti casi irrisolti per i quali Sinn Féin reclama attenzione ed azione, tanto più ora che il partito repubblicano dà i suoi primi passi di implementazione della sua nuova politica di riconoscimento di una Polizia nordirlandese che ancora, in molti aspetti, continua ad essere parte della macchina repressiva che ha causato e mantenuto questa connivenza. La questione del sostegno ad una forza di polizia nordirlandese rifondata, approvata in una conferenza straordinaria del partito lo scorso 28 gennaio, è tornata ad essere discussa. Organizzazioni locali del partito hanno espresso opposizione e contrarietà. Si tratta di una decisione a lungo ponderata, ha detto Adams, e non è possibile tornare indietro. «Il Sinn Féin ha cambiato molto (..). Questo si deve al coraggio e alla dedizione di migliaia di persone che hanno dato il meglio della propria vita alla causa repubblicana... La pace deve essere costruita. Siamo i costruttori della pace. Siamo i costruttori della nazione», ha detto l’esponente repubblicano.

 

  • Irlanda del Nord. 3 marzo. «La transizione dal conflitto alla pace non è mai facile». Così il ministro dei servizi d’intelligence sudafricani, Ronnie Kasrils, che è stato uno dei membri fondatori dell’Umkhonto we Sizwe o MK, organizzazione militare affiliata all’ANC (African National Congress), che ha parlato alla conferenza del partito repubblicano per offrire l’esperienza sudafricana ai delegati irlandesi. Kasrils ha fatto riferimento alla decisione del Sinn Féin di appoggiare il lavoro della Polizia nordirlandese, sostenendo che un partito che guida, come è il caso del Sinn Féin, deve prendere decisioni difficili e controverse per la sua base se queste sono benefiche, in questo caso, per tutti gli irlandesi. Ha quindi aggiunto che la stessa forza, fiducia e resistenza che si mostra nella «lotta per la libertà» sono necessarie quando arriva il tempo della negoziazione. Il processo di pace sudafricano è stato sempre un referente per il Sinn Féin, e le sue relazioni con rappresentanti dell’ANC risalgono a tempi ed esperienze che precedono i processi tanto in Sudafrica come in Irlanda. Storicamente, per la discriminazione che i cattolici hanno sofferto ad opera dei governi unionisti, i repubblicani si sono identificati con le vittime dell’apartheid. Tra gli altri intervenuti, l’ambasciatore cubano in Irlanda, Noel Carrillo, ed il portavoce dell’illegalizzata Batasuna, formazione indipendentista basca, Arnaldo Otegi.

 

  • Irlanda del Nord. 3 marzo. Sanità ed educazione, il diritto alla casa (i repubblicani si impegnano alla costruzione iniziale di 5mila case all’anno e all’esproprio di quelle disabitate per porre fine alla speculazione urbanistica), proposte per la sicurezza sulle strade ed un ampio documento sui diritti dei lavoratori sono i temi su cui si discute al congresso del partito oltre alle tradizionali strategie per un’Irlanda unita. Il programma elettorale repubblicano include l’appoggio ai processi di pace in Euskal Herria e in Palestina, regole per un commercio giusto, la cancellazione del debito del terzo mondo e l’opposizione alla guerra in Iraq. Si lavorerà anche per indire un referendum sull’unità politica dell’isola. Sempre per il programma di governo, Sinn Féin vuole un regime fiscale controllato dall’Assemblea di Stormont, si oppone alla privatizzazione dell’acqua, pone la necessità dell’incremento della spesa pubblica per i servizi sociali e per le zone rurali. In campo scolastico i repubblicani vogliono togliere ai centri educativi la potestà di scegliere gli studenti e trasferire ai genitori ed ai giovani la scelta del tipo di scuola. Il controllo della polizia e lo smantellamento delle strutture di connivenza tra lealisti e polizia sono i punti chiave della sicurezza per i repubblicani.

 

  • Colombia. 3 marzo. «11 militari morti e 38 feriti. Nelle nostre fila abbiamo perso 9 combattenti, cui rendiamo un sentito tributo, e altri 12, che hanno riportato ferite, stanno guarendo in modo soddisfacente nei nostri ospedali». Lo comunica lo Stato Maggiore del Fronte 27 delle FARC-EP (Forze Armate Rivoluzionarie di Colombia – Esercito del Popolo). Nel villaggio Laureles, giurisdizione del municipio di Vista Hermosa nel dipartimento del Meta, ha avuto luogo un combattimento tra unità guerrigliere e truppe speciali della cosiddetta Forza Omega. «Nello sviluppo della demenziale politica uribista (Alvaro Uribe, presidente colombiano, ndr) di guerra contro il popolo, al servizio degli interessi statunitensi e con il pretesto di una crociata contro il terrorismo ed il narcotraffico, le truppe dell’esercito ufficiale conducono una vera e propria campagna di sterminio in cui gli sgomberi, la distruzione di ogni tipo di coltivazione con fumigazioni indiscriminate, i blocchi, le uccisioni di civili presentati ai media come risultati positivi contro la guerriglia, le sparizioni, le minacce, i bombardamenti generalizzati ed il furto di bestiame ed animali sono il pane quotidiano in queste regioni dimenticate del Paese. Gli immaginari bollettini militari diffusi dal bugiardo ministro della guerra Juan Manuel Santos, e dai generali subalterni agli ufficiali statunitensi, non riescono ad occultare la realtà della resistenza insorgente, che ogni giorno di più cresce e si riempie di gloria nelle battaglie per la Nuova Colombia». Dopo aver informato dell’«abbondante materiale di guerra» preso, le FARC invitano «il popolo colombiano a continuare a lottare ed a resistere in modo organizzato alla brutale offensiva del governo illegittimo e corrotto capeggiato da Uribe Vélez, con la certezza che la vera democrazia, l’indipendenza, la dignità e la giustizia sociale finiranno per imporsi sotto forma di un governo patriottico delle maggioranze, capace di agglutinare i diversi settori che oggi si oppongono all’attuale regime di terrore».

 

  • Iran / Arabia Saudita. 4 marzo. «Iran e Arabia Saudita devono lavorare uniti» nel mondo islamico e in Medio Oriente. Lo ha detto il presidente iraniano, Mahmud Ahmadinejad, prima di intraprendere il suo viaggio ufficiale a Riad che lo porterà ad incontrarsi con il re saudita. Oggetto dell’incontro questioni come gli scontri interconfessionali in Iraq, la crisi politica nel Libano («se il Libano chiede aiuto all’Iran per garantire la sua unità nazionale e la sua indipendenza, noi siamo disposti a collaborare») e il programma nucleare iraniano.

 

  • Venezuela. 4 marzo. «Negroponte assassino di professione». Il presidente Chávez denuncia i progetti di assassinarlo e dice che «sono cresciuti di peso» dalla designazione a numero due del Dipartimento di Stato USA di John Negroponte, che ha definito «assassino di professione». Nell’intervista concessa durante il nuovo programma televisivo dell’ex vicepresidente José Vicente Rangel, Chávez vede difficile la possibilità di un colpo di Stato o di un’insurrezione contro il suo governo pilotata da Washington, ma non esclude un attentato contro di lui. Secondo Chávez, in un tentativo di ucciderlo partecipò anni fa il Das, il servizio di spionaggio colombiano. Attualmente, ha aggiunto, «la gente di Posada Carriles (il terrorista anticastrista responsabile dell’attentato a un aereo cubano, ndr) si muove molto attivamente in Centro America e cerca di allacciare contatti in Venezuela».

 

  • Iraq. 5 marzo. L’Iraq potrebbe avere 2,3 milioni di sfollati al suo interno per fine anno a fronte dell’1,8 milione attuale. Lo ha sostenuto ieri l’Alto Commissario dell’ONU per i Rifugiati (ACNUR), Antonio Guterres, al Cairo.

 

  • Iran / Palestina. 5 marzo. Il movimento islamico di Hamas avrebbe inviato un numero imprecisato di militanti in Iran per ricevere addestramento militare. Lo scrive il New York Times che riporta l’analisi d’intelligence dei servizi segreti interni israeliani, lo Shin Bet. Il capo dell’agenzia di intelligence, Yuval Diskin, ha dichiarato che il numero sarebbe destinato a crescere e che l’addestramento iniziato lo scorso mese, potrebbe andare avanti anni. Il portavoce del premier palestinese Ismail Haniyeh, Ahmed Youssef, ha respinto le accuse israeliane, definendole una propaganda mirata a colpire il nascente governo di unità nazionale palestinese. E forse, aggiungiamo noi, a preparare ancor meglio il terreno, per le opinioni pubbliche, per la già minacciata aggressione all’Iran.

 

  • Cina / USA. 5 marzo. Cina: + 17,8% per il budget per la difesa 2007. L’annuncio, ieri, di Jiang Enzhu, portavoce del Congresso Nazionale del Popolo. Pechino prevede di spendere 350,9 miliardi di yuan (44,94 miliardi di dollari). Secondo quanto riportato dal portavoce, il governo cinese destinerà alla difesa il 7,5 % delle spese totali dello Stato. La superiorità militare degli Stati Uniti rispetto alla Cina non è comunque messa in discussione. Infatti, con i vari supplementi alla richiesta iniziale di 439,3 miliardi di dollari, il Congresso degli Stati Uniti dovrebbe approvare un totale di 462,8 miliardi per il 2007, mentre la richiesta per il 2008 è già di 481,4 miliardi di dollari. Resta il dato che le spese militari cinesi hanno mantenuto una crescita superiore al 10% nell’ultimo decennio, il che desta molta preoccupazione, soprattutto a Washington. Alla vertiginosa crescita economica Pechino affianca anche un incremento delle capacità militari che consentano di proteggere i suoi interessi nella regione. La Cina intende emergere quale principale attore regionale e non può permettersi di diventare un gigante economico rimanendo un nano militare. Dalla costante crescita delle spese militari cinesi emerge chiaro un messaggio: Pechino tiene ben presente la possibilità di ricorrere all’opzione militare per difendere i propri interessi strategici.

 

  • Cina / USA. 5 marzo. Negroponte critica l’assenza di trasparenza del budget militare cinese. Oggi, sul New York Times, il vicesegretario di Stato USA, John Negroponte, intervistato sulle scelte militari cinesi, ha criticato non tanto l’aumento in sé della spesa, ma la non trasparenza del budget. Negroponte ha riportato i dubbi espressi da diversi analisti militari sui dati ufficiali cinesi, che occulterebbero la reale quota di bilancio statale destinata al riarmo, che ammonterebbe a più del doppio.

 

  • Polonia / Ucraina. 6 marzo. Varsavia e Kiev vogliono una conferenza sull’energia con Azerbaigian, Kazakistan e Georgia. L’obiettivo è la promozione di un oleodotto che trasporti il petrolio del Kazakistan e dell’Azerbaigian verso la Polonia via Georgia ed Ucraina. Obiettivo dichiarato di Yushenko e Kaczynski è ridurre la propria dipendenza dalla Russia ed impedire “ricatti energetici” da parte di Mosca, che di recente si è fatta sentire anche con l’Azerbaigian. Tanto che negli scorsi mesi Tbilisi ha sottoscritto un’intesa con Baku e Ankara per trovare un’alternativa alle risorse energetiche provenienti da Mosca. Attraverso l’accordo Varsavia e Kiev intendono soprattutto rispondere alla costruzione del “gasdotto del mare del Nord”, che toglie oggettivamente ai due paesi un’importante ruolo strategico, consentendo a Mosca di rifornire i paesi dell’Europa occidentale aggirando gli ex sudditi dell’Europa orientale. Da un punto di vista geostrategico, paesi come l’Azerbaigian mirano ad aumentare la propria capacità di contrattazione sia su Mosca ma anche su Washington, dato che si potrebbe discutere anche sull’eventualità o meno di consentire agli Stati Uniti di posizionare postazioni antimissile sul proprio territorio. In tal senso possono essere lette le dichiarazioni provenienti da Georgia e Azerbaijan giunte quasi in contemporanea, secondo cui i due paesi non avrebbero trovato nessun accordo con Washington sulla difesa antimissile

 

  • Somalia. 6 marzo. Violenti combattimenti oggi a Mogadiscio dopo che un centinaio di ribelli hanno attaccato i soldati del governo ad interim e i loro alleati etiopi presso una base all’interno dell’ex quartier generale della difesa nella zona industriale di Mogadiscio. L’edificio è divenuto nelle scorse settimane il quartier generale delle forze etiopiche. Questa mattina un gruppo di soldati (circa 400) dell’Uganda, parte di una missione di peace-keeping (8mila uomini) coordinata dalla Unione Africana, era arrivato nella capitale somala, dove il governo provvisorio e i suoi alleati etiopi devono fronteggiare quasi quotidianamente attacchi della guerriglia. Gli ugandesi rappresentano l’avanguardia della forza dell’Unione Africana messa in piedi per aiutare il governo provvisorio somalo a rendere sicuro il Paese del Corno d’Africa. Colpi di mortaio hanno preso di mira l’aeroporto, dove questi soldati si erano appena accampati.

 

  • USA / Palestina. 6 marzo. Washington rivedrà il progetto di fornire 86 milioni di dollari per addestrare ed equipaggiare le forze di sicurezza leali al presidente palestinese Mahmoud Abbas. L’annuncio ieri con il prendere corpo del governo di unità nazionale formato da Fatah di Abbas e da Hamas, che guida l’attuale governo palestinese ma che gli USA considerano un’«organizzazione terroristica». Il Dipartimento di Stato aveva avviato il progetto per rafforzare la parte di Abbas contro Hamas e spingere alla guerra civile.

 

  • Sahara Occidentale. 7 marzo. Zapatero accetta il piano che nega l’indipendenza del Sahara. Il presidente del governo spagnolo, José Luis Rodríguez Zapatero, ha accettato ieri che il piano di autonomia per il Sahara proposto dal Marocco sia «la base per dare impulso al dialogo tra entrambe le parti ed arrivare ad una soluzione definitiva». In tal modo Zapatero dà il suo appoggio al progetto marocchino che nega l’indipendenza del Sahara e la limita ad una autonomia. Madrid ha firmato con Rabat un accordo per vendere armi, mentre il Marocco faciliterà l’accesso dei pescherecci andalusi nelle acque saharawi. La posizione di Zapatero è stata criticata dal presidente della Repubblica Saharawi, Mohamed Abdelaziz, che la considera «destabilizzatrice», e dall’Algeria.

 

  • Sahara Occidentale. 7 marzo. Oltre l’aspetto territoriale, il Sahara Occidentale ha una forte valenza simbolica per il sovrano marocchino. Concedere l’indipendenza al popolo Saharawi, per Mohammed VI, significherebbe indebolire la propria immagine e ridurre il prestigio di cui gode tra i sudditi. Inoltre, in una prospettiva internazionale, l’Algeria diverrebbe, a seguito di una concessione di questo tipo, il vero Paese leader della sponda africana del Mediterraneo. Alla valenza simbolica, si affiancano ragioni economiche. Il Sahara Occidentale, infatti, è una zona particolarmente ricca di petrolio e fosfati, una risorsa energetica preziosa, cui Mohammed VI non intende rinunciare. Importanti risorse che il popolo Saharawi sta cercando di sfruttare, per sostenere la propria causa. Nel 2006 sono state siglate intese commerciali con diverse compagnie petrolifere straniere, per lo sfruttamento delle risorse energetiche off-shore.

 

  • Sahara Occidentale / USA. 7 marzo. Gli Stati Uniti si trovano in una delicata posizione. La Casa Bianca non intende scontentare né il Marocco né l’Algeria, preoccupata dei risvolti economici della penetrazione cinese in Africa. Ignorare la questione del Sahara Occidentale può essere un tentativo per ridurre l’interesse marocchino per la Cina e la Russia, i due colossi asiatici partiti alla conquista dell’Africa.

 

  • Israele. 8 marzo. Prove generali d’Israele per il bombardamento all’Iran? «Ampie» esercitazioni militari di velivoli israeliani autorizzate dalle autorità cipriote si sono svolte lunedì nello spazio aereo della Repubblica di Cipro. Lo ha riferito ieri la stampa greco-cipriota. La notizia era stata diffusa l’altro ieri dalla rivista greca Diplomatia, che si occupa di difesa. Secondo vari osservatori si tratta di una «prova generale» per un eventuale bombardamento israeliano ai danni di impianti nucleari iraniani. Il direttore dell’aviazione civile di Cipro, Leonidas Leonidou, ha ammesso che le autorità cipriote hanno autorizzato il sorvolo dello spazio aereo di Nicosia a soli sei aeroplani, mentre, secondo la rivista greca, le manovre sono state condotte da 26 velivoli: sette Boeing 703, un Gulfstream equipaggiato per la guerra elettronica e 25 caccia, tra F-15 ed F-16.

  • Israele. 8 marzo. Pianificata l’aggressione israeliana in Libano dello scorso luglio. Lo scrive il quotidiano israeliano Haaretz che riporta una testimonianza di Olmert. L’attuale primo ministro israeliano ha affermato di aver scatenato l’aggressione del Libano dello scorso anno attenendosi ad un «piano di emergenza» («contingency plan») da lui già approvato quattro mesi prima. Olmert, sotto attacco per la gestione fallimentare della controproducente guerra durata 34 giorni, ha dichiarato il mese scorso, a seguito di un’inchiesta giudiziaria, che la cattura dei due soldati israeliani il dodici luglio ha fatto scattare i piani per un attacco su larga scala del Libano. Gli inquirenti della “Commissione Winograd” (che sta indagando sulle cause dei deludenti risultati del conflitto per Israele) dovrebbero pubblicare un rapporto per questo mese. Haaretz non specifica come ha appreso i dettagli della testimonianza di Olmert del primo febbraio. Di fronte a diverse opzioni, Olmert scelse quella che il giornale israeliano definisce come un «piano moderato» che includeva attacchi aerei con limitate operazioni di terra. Più di un migliaio di morti, diverse migliaia di feriti e più di un milione di rifugiati (su una popolazione poco sotto i 4 milioni), oltre a colossali danni all’ambiente ed alle infrastrutture, sono le devastazioni arrecate al Libano dall’aggressione sionista.

 

  • Israele. 8 marzo. Durante l’audizione davanti alla “Commissione Winograd” –che indaga sul modo in cui è stata condotta l’aggressione in Libano– il premier israeliano Ehud Olmert ha anche sostenuto di aver avuto incontri sulla situazione in Libano più di qualsiasi altro predecessore, il primo dei quali l’8 gennaio dello scorso anno, quattro giorni dopo aver assunto la guida del governo a seguito dell’ictus che ha colpito Ariel Sharon. E poi ancora incontri ci sono stati a marzo, aprile, maggio e luglio, qualche giorno dopo il rapimento (il 25 giugno) del caporale Gilad Shalit nella Striscia di Gaza. E a marzo, racconta ancora il quotidiano israeliano, Olmert chiese ai comandanti se esistesse un piano operativo che prevedesse una reazione «a un eventuale rapimento di militari israeliani in Libano [sottolineatura nostra, ndr]». Dinanzi alla loro risposta positiva, il premier chiese di poter vedere quei piani per evitare di dover prendere una decisione improvvisa nel caso si fosse presentata quella circostanza. Tra le varie opzioni presentate, scelse una definita «moderata», che prevedeva attacchi aerei accompagnati da una limitata operazione di terra. Sulla decisione di nominare ministro della Difesa Peretz, Olmert ha ricordato che secondo gli accordi di coalizione quel portafoglio spettava ai laburisti, mentre sull’avvio delle operazioni di terra 48 ore prima della tregua il premier ha spiegato di averlo deciso per influenzare il dibattito in corso al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sulla risoluzione 1701 in modo che fosse il più possibile favorevole a Israele.

 

  • Libano. 8 marzo. «Tali notizie non ci sorprendono, era tutto chiaro già la scorsa estate. Dichiarai subito che Israele aveva usato un pretesto (i due soldati catturati da Hezbollah al confine, dalla parte del territorio libanese, ndr) per lanciare un’aggressione gravissima contro il Libano. Avevamo intuito che si trattava di un piano preparato con cura ed eseguito al momento opportuno. Spero che la Comunità internazionale ora prenda in considerazione questa realtà e non dimentichi le distruzioni immense, le sofferenze enormi, i tanti morti subiti dalla nostra popolazione civile». Immediata la replica, oggi, del presidente libanese Emile Lahoud alle dichiarazioni di Ehud Olmert davanti alla Commissione Winograd che indaga sulla conduzione della guerra in Libano riportate ieri dal quotidiano Ha’aretz. Ammissioni che spazzano via l’idea, sostenuta lo scorso anno da molti, di un Israele colto di sorpresa, impreparato, di fronte all’azione compiuta da Hezbollah. Il fallimento delle forze armate israeliane in Libano del sud assume una dimensione ancora più devastante: erano pronte a scattare, ma ciò non le ha aiutate a sbaragliare le centinaia di guerriglieri Hezbollah che opponevano resistenza sul terreno e, tantomeno, a bloccare il lancio di razzi katiusha nello Stato ebraico.

 

  • Ecuador. 8 marzo. Si fa durissimo lo scontro politico in Ecuador. Appello del presidente alla «resistenza pacifica» contro la maggioranza del Congresso che si oppone all’assemblea costituente. Il Tribunale Supremo Elettorale ha il primo marzo fissato la consulta popolare in merito per il 15 aprile. Nello scontro istituzionale in corso, il presidente ecuadoriano Rafael Correa ha intimato a 57 deputati di accettare la sentenza della Corte elettorale che li ha licenziati. La decisione del Tribunale Supremo Elettorale di sospendere i 57 era arrivata dopo che i deputati avevano a loro volta chiesto l’impeachment di quattro membri sui sette che compongono la Corte incluso lo stesso presidente del Tribunale Supremo, Jorge Acosta, dopo che quella aveva approvato un referendum sulla revisione della Costituzione. Quando i 57 deputati hanno tentato di occupare i loro seggi, sono stati fermati da un cordone di poliziotti e da manifestanti filogovernativi. Il referendum è stato chiesto da Correa per ristrutturare il Congresso, in vista delle sue riforme di rottura nei confronti del Fondo Monetario e della Banca Mondiale. I sondaggi di opinioni mostrano che il 70% degli ecuadoriani appoggia il presidente. Dalla stragrande maggioranza della popolazione la costituente, sostiene l’analista politico e filosofo Matteo Martinez è sostenuta perché «percepita come la possibilità di un cambiamento di un sistema politico ed economico profondamente corrotto».

 

  • Ecuador. 8 marzo. L’accordo che concede ai militari statunitensi l’operatività della base di Manta non sarà rinnovato. Lo ha assicurato il presidente Correa nel corso di un incontro con Helga Serrano, dirigente della Coalición No Base Ecuador. L’accordo scade nel 2009.

 

  • Bolivia. 8 marzo. Il rifiuto della guerra nella nuova Carta Magna boliviana. È la proposta che il presidente Evo Morales, in visita ufficiale in Giappone, ha annunciato che porterà all’Assemblea Costituente. «Noi popoli indigeni boliviani e americani viviamo in armonia con la Madre Terra. Per questo apparteniamo alla cultura della vita e non condividiamo politiche di militarizzazione o di nuclearizzazione», ha affermato Morales.

 

  • Irlanda del Nord. 9 marzo. Vincono DUP e Sinn Féin. Superiore al 63,8% del 2003 l’affluenza alle urne. I risultati del voto, annunciati nel tardo pomeriggio di oggi, confermano infatti che il Democratic Unionist Party (Dup), il più oltranzista dei partiti unionisti, è il maggiore partito nelle Sei Contee occupate e ha ottenuto oltre il 30,1% dei consensi e 36 seggi (sei in più di quelli ottenuti nel 2003) sui 108 dell’Assemblea. Subito dietro il Sinn Fein, partito cattolico nazionalista, braccio politico dell’IRA (Esercito Repubblicano Irlandese), che ha ricevuto il 26,2% dei voti e ha conquistato 28 seggi (quattro in più rispetto alle precedenti elezioni). I leader dei due partiti, il reverendo Ian Paisley del DUP e Gerry Adams e Martin McGuinness del Sinn Féin, sono stati rieletti a grande maggioranza. Secondo il sistema proporzionale in vigore, altri quattro partiti minori si sono divisi i restanti seggi. Il moderato Ulster Unionists Party, che fino a pochi anni fa era il partito di riferimento per gli unionisti, è stato il grande perdente ottenendo meno del 15% (solo diciotto dei ventisette seggi che aveva). Il SDLP (nazionalisti moderati, socialdemocratici) ha perso due seggi ed ora ne ha sedici. L’Alliance Party (per la cooperazione repubblicani-unionisti) 7. I restanti 3 seggi sono andati a formazioni minori. I settori –sia repubblicani, sia unionisti– contrari agli Accordi del Venerdì Santo e di Saint Andrews, sono usciti nettamente sconfitti. È il caso di Robert McCartney, esponente dell’UKUP (Partito Unionista del Regno Unito) e contrario al processo di pace: si presentava in sei distretti elettorali e non ha conseguito nessun seggio, come il suo partito, sparito dalla mappa politica. Un suo successo (tredici i candidati) sarebbe stata chiaramente una brutta notizia per il processo di pace, giacché la sua vittoria avrebbe potuto essere intesa come una perdita per il DUP, e favorire le componenti oltranziste contrarie ad un cambio di politica dentro il partito, come la formazione di un governo con il Sinn Féin. Lo stesso può dirsi di coloro che, da una prospettiva repubblicana, ritenevano che il Sinn Féin avesse concesso troppo accettando una polizia nordirlandese sia pur riformata. Nessun eletto ed i voti che hanno avuto non hanno causato alcuna perdita al Sinn Féin.

 

  • Irlanda del Nord. 9 marzo. Partono ora i delicati negoziati per formare un Governo entro la scadenza del 26 marzo imposta da Londra e Dublino. Se i partiti nordirlandesi riusciranno a nominare un governo condiviso (cioè con ministri sia dello schieramento repubblicano nazionalista che unionista) allora Londra mollerà il direct rule, il controllo diretto di questa parte di isola irlandese. Ma se il 26 marzo il nuovo parlamento uscirà con un nulla di fatto, allora l’Assemblea Stormont, già chiusa dal 2002, verrà nuovamente sospesa. A quel punto per le sei contee nordirlandesi sarebbe davvero difficile sostenere una tale situazione. L’Assemblea di Stormont, il parlamento regionale, fu istituita con la storica intesa di pace del 1998, passata alla storia come «l’Accordo del Venerdì Santo». Gli esperti sono convinti che il reverendo presbiteriano Ian Paisley cercherà di tirare fino all’ultimo ma poi darà luce verde per evitare che Dublino, con Londra che progressivamente si sta sganciando, acquisisca voce in capitolo diretta sulle Sei Contee occupate. Ciò che conta, secondo gli esperti, è che Paisley sia primo con un netto margine di vantaggio. In tal modo potrà convincere la propria base di poter dettare le condizioni. Secondo la recente riforma elettorale chi ha la maggioranza relativa esprime il Primo ministro e il secondo classificato il vicepremier. Sotto Paisley vi sarà dunque MacGuinness, in una sorta di Governo di unità nazionale.

 

  • Germania. 9 marzo. A volte ritornano: strategia tedesca per il rilancio della Costituzione Europea evitando il ricorso ai referendum popolari. Angela Merkel, il cancelliere tedesco presidente di turno dell’UE, intende arrivare, entro un anno al massimo, all’approvazione di una mini Costituzione Europea da far ratificare senza indizione di referendum nazionali. Anche se la dimensione del Trattato sarebbe molto ridotta rispetto a quello concordato dai governi dell’Unione Europea nel 2004 ma poi respinto da francesi e olandesi nei referendum del 2005, i punti chiave verrebbero riproposti. Secondo indiscrezioni raccolte dal quotidiano inglese The Guardian, per raggiungere l’obiettivo la Merkel intende: far firmare il prossimo 25 marzo ai leaders europei la “dichiarazione di Berlino” per rilanciare il processo di un Trattato Europeo approfittando dell’anniversario dei 50 anni dalla firma del Trattato di Roma; indire una conferenza di governi UE in giugno; far redigere un Trattato entro dicembre; farlo approvare a tutti gli Stati membri entro febbraio 2008.

 

  • Germania. 9 marzo. Secondo The Guardian, la Merkel deve comunque ancora persuadere i dubbiosi e ricercare accordi, in particolare con la Gran Bretagna, sebbene il governo Blair abbia già dato il suo assenso ai cambiamenti chiave nel modo in cui la UE è organizzata. Ossia: una presidenza europea singola con termine prefissato che sostituisca l’attuale sistema della rotazione semestrale tra i 27 paesi; un unico “ministro degli esteri” europeo che rappresenti una linea comune dell’UE negli affari interni (sebbene la qualifica ufficiale non sarà quella di “ministro degli esteri”; un sistema di votazione a doppia maggioranza nei consigli dell’UE che erode i diritti di veto nazionali e che, per la prima volta, riconosce la posizione della Germania come il più grande ed il più potente tra i paesi dell’UE). Questi erano i cambiamenti centrali concordati nel 2004 e sfumati nel 2005 e che probabilmente sopravviveranno nella nuova versione “semplificata” del Trattato che si sta negoziando. Per rendere il progetto più appetibile agli scettici come Gran Bretagna, Polonia e Repubblica Ceca, e soprattutto per evitare qualsiasi ricorso ad un referendum popolare sul progetto, lo statuto non sarà più chiamato Costituzione, ma “Trattato” o “Trattato semplificato”.

 

  • Israele / Palestina. 9 marzo. «Bambina come scudo umano» a Nablus. La denuncia arriva direttamente da lei, l’11enne palestinese Jihan Daadush, che ha raccontato a B’Tselem, organizzazione israeliana per i diritti umani, cosa le avrebbero fatto i militari israeliani nella sua Nablus, città del nord della Cisgiordania. La settimana scorsa l’esercito occupante ha condotto una serie di raid e operazioni «a caccia di terroristi». «Un soldato mi ha ordinato di dirigermi verso una casa (da perquisire, ndr), tre altri militari mi seguivano», ha detto Jihan. «Quando abbiamo raggiunto l’abitazione mi hanno ordinato di entrare e io ho obbedito». Dopo averla usata come scudo umano per ripararsi da eventuali colpi dei combattenti palestinesi, un militare, sempre secondo il racconto della bambina, le avrebbe detto «Grazie per l’aiuto, ma non raccontarlo a nessuno». Quella di utilizzare i civili come scudi umani è una pratica vietata dalla legge israeliana e dalle convenzioni internazionali. L’esercito ha fatto sapere che verificherà la denuncia. Intanto, in un video trasmesso sui circuiti internazionali ed anche dalla italiana RAI, si vede un giovane palestinese utilizzato come scudo umano da militari israeliani, prima che questi facciano di volta in volta irruzione nelle case palestinesi.

 

  • Siria. 9 marzo. Damasco starebbe dislocando migliaia di razzi lungo il confine con Israele. Timore che il paese finisca nelle mire d’Israele come il Libano? Non entra in merito il sito Debka, legato all’intelligence israeliana che ricalca quanto diffuso dall’agenzia di stampa francese Afp, la quale dichiara con certezza che la Siria sta dislocando razzi a medio e lungo raggio, capaci di colpire le città settentrionali di Israele. Nel suo rapporto Afp parla di razzi da 220mm e 302mm che, con i loro 100 km di gittata, possono raggiungere le città di Haifa, Tiberias e Kiryat Shemona. Diversi lanciatori di sistemi Frog (razzi terrestri non guidati), con testata da 550 chilogrammi e raggio d’azione di 70 chilometri, sarebbero stati dislocati nei pressi del confine e nelle vicinanze di Damasco. Aver concentrato gran parte dei missili a lunga gittata nel nord del Paese, lascia pensare che Damasco si stia organizzando per anticipare un’invasione delle forze di difesa israeliane. Infatti, se Tel Aviv cercasse di attraversare il confine per distruggere le batterie nemiche, i razzi