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Il secolo di Hans Georg Gadamer

di Dario Antiseri - 25/03/2007




Si e' spento Hans Georg Gadamer, uno dei piu' grandi filosofi del secolo XX.
La notizia e' stata data ieri dalla municipalita' di Heidelberg, dove il
filosofo abitava. Gadamer era nato a Marburgo l'11 febbraio del 1900. E,
com'egli narra in quella che e' la sua autobiografia intellettuale, Maestri
e compagni nel cammino del pensiero, lo sviluppo del suo pensiero e' legato
agli "incontri" con pensatori quali Husserl e Natorp, Bultmann, Scheler e
Heidegger. Parlando delle lezioni di Heidegger, egli scrive che "non si
poteva passare vicino al pensiero senza accorgersene".
Professore prima a Lipsia, poi a Francoforte e infine ad Heidelberg -
raffinato ed acuto interprete soprattutto della filosofia antica, ma anche
di Hegel e degli storicisti - e' nel 1960 che Gadamer pubblica Verita' e
metodo, un'opera considerata ormai classica per la teoria dell'ermeneutica.
Legata all'ambito della interpretazione dei testi sacri da una parte, e a
quello della critica testuale dall'altra, l'ermeneutica (o teoria
dell'interpretazione) ha una lunga storia. Senza nemmeno accennare agli
spunti rintracciabili nell'antichita' classica, trascurando anche il piu'
rapido cenno alle concezioni medioevali dei vari "sensi" posseduti da un
testo sacro, diciamo che l'ermeneutica sgorga dalle controversie teologiche
che emergono dalla Riforma e, successivamente, si sviluppa sia nel campo
della teologia che in quelli dei filologi, degli storici e dei giuristi
continuamente alle prese con questioni di interpretazione: che cosa
significa questo testo sacro? quale fu l'autentica intenzione dello
scrittore sacro? che cosa vuol dire questa o quella iscrizione? e' giusta o
sbagliata l'interpretazione usuale di questo o quel brano? e quand'e' che
possiamo esser sicuri della adeguatezza o meno di una qualsiasi
interpretazione? ci puo' essere una interpretazione definitiva di un testo?
Sono questi solo alcuni degli interrogativi tecnici ai quali la teoria
dell'ermeneutica deve rispondere.
Nel romanticismo Schlegel e Schleiermacher intesero dare all'ermeneutica un
posto di rilievo all'interno della filosofia. E, dopo di loro, Dilthey ha
cercato di porre l'ermeneutica a fondamento dell'intero edificio delle
"scienze dello spirito". Dilthey, a dire il vero, la concepi' non solo come
un insieme di questioni tecniche, cioe' metodologiche, ma anche come una
prospettiva di natura filosofica da porre a base della coscienza storica e
della storicita' dell'uomo. Tuttavia, e' stato Heidegger a comprendere lo
statuto filosofico delle concezioni di Dilthey, nel senso che ha visto
l'ermeneutica o "il comprendere" non tanto come uno strumento a disposizione
dell'uomo quanto piuttosto come una dimensione intrinseca dell'uomo.
E' esattamente a partire dalla descrizione che del circolo ermeneutico fa
Heidegger in Essere e tempo che Gadamer elabora il nucleo centrale della
propria teoria ermeneutica. La mente dell'interprete, egli afferma, non e'
affatto da concepire come fosse una tabula rasa. L'interprete accosta il
testo con la sua precomprensione, vale a dire con i suoi pregiudizi. In base
a questa sua memoria culturale (linguaggio, teorie, miti, ecc.),
l'interprete abbozza una prima interpretazione del testo (che, diciamolo,
puo' essere un testo vero e proprio - antico o attuale -, ma anche un
discorso pronunciato un manifesto, ecc.); l'interprete cioe' dice: "Questo
testo significa questo o quest'altro, ha questo o quest'altro significato".
Ma questo primo abbozzo di interpretazione puo' essere piu' o meno adeguato,
giusto o sbagliato. E come faremo ad accertarci della sua adeguatezza?
Ebbene, risponde Gadamer, e' la successiva analisi del testo (del "testo" e
del "contesto") che ci dira' se questo abbozzo interpretativo e' o non e'
corretto, se corrisponde a quel che il testo dice o no. E se questa prima
interpretazione si mostra in contrasto con il testo, se "urta" contro di
esso, allora l'interprete elaborera' un secondo progetto di senso, vale a
dire una ulteriore interpretazione, che poi mettera' al vaglio sul testo e
sul contesto al fine di vedere se essa possa risultare adeguata o meno. E
cosi' via all'infinito.
Sono gli "urti" tra le sue interpretazioni e il testo a costringere
l'ermeneuta a rendersi conto dei propri pregiudizi e a mettere in moto la
catena delle interpretazioni sempre piu' adeguate. Per Gadamer noi scopriamo
quel che il testo dice, perveniamo a scoprirne la diversita' dalla nostra
mentalita', o magari la lontananza dalla nostra cultura, solo partendo da
quelle "donazioni di senso" che noi costruiamo a partire dalla nostra
"precomprensione" e che correggiamo e scartiamo sotto la pressione del
testo.
Gli elementi della nostra "precomprensione" ci sono dati dalla tradizione:
piu' che i vivi sono i morti che vivono in noi. Per questo la tradizione e'
costitutiva di quel che noi siamo. Sbagliano gli illuministi a condannarla;
sbagliano i romantici a sacralizzarla. Ma, in ogni caso, il fatto che la
"precomprensione" sia sempre un patrimonio costruito e donatoci dai nostri
predecessori - e con il quale noi leggiamo noi stessi e il mondo che ci
circonda - ci fa capire che l'ermeneutica di Gadamer e' molto piu' che un
insieme di tecniche, giacche' essa ci fa comprendere che la natura dell'uomo
e' essenzialmente storica, come e' storica la comprensione, appunto, di noi
stessi, degli altri, della nostra e delle altrui tradizioni, del mondo
naturale.
E' cosi', dunque, che anche Gadamer ha contribuito alla demolizione di quei
presunti assoluti terrestri che si sono configurati come altrettante
negazioni dell'Assoluto trascendente.

[Dal quotidiano "Avvenire" del 15 marzo 2002 riprendiamo il seguente
articolo li' apparso col titolo "Il secolo di Gadamer".
Dario Antiseri, docente e saggista, e' da decenni uno degli studiosi di
filosofia e di metodologia delle scienze sociali piu' acuti e influenti. Dal
sito della Luiss (www.luiss.it) riprendiamo la seguente scheda: "Dario
Antiseri, nato a Foligno il 9 gennaio 1940. Laurea in filosofia presso
l'Universita' di Perugia, nel 1963. Professore ordinario di Metodologia
delle scienze sociali presso la Facolta' di Scienze Politiche della Luiss
'Guido Carli'. E' stato preside della Facolta' di Scienze Politiche della
Luiss dal 1994 al 1998. E' membro dell'Istituto accademico di Roma e membro
dell'Accademia italo-tedesca di Merano. Nel 1986 e' stato chiamato dalla
Facolta' di Scienze politiche della Luiss 'Guido Carli' a ricoprire la
cattedra di Metodologia delle Scienze Sociali. E' direttore del Centro di
Metodologia delle Scienze Sociali presso la medesima Universita'. Ordinario
di Filosofia del linguaggio presso l'Universita' di Padova (1975-'86), ha
qui insegnato anche Filosofia della scienza presso la Scuola di
specializzazione in Filosofia della scienza, di cui e' stato direttore nel
biennio 1980-'82. Libero docente nel 1968 in Filosofia teoretica, ha
insegnato materie filosofiche presso le Universita' di Roma 'La Sapienza' e
Siena. Dopo la laurea in Italia, ha studiato (1963-'67) Filosofia della
scienza, Logica matematica e Filosofia del linguaggio rispettivamente presso
le Universita' di Vienna, Muenster i. W. e Oxford. Alcune pubblicazioni
recenti: Razionalita': nella scienza, in metafisica e in etica, in AA.VV.,
Acta 2003-2004 dell'Istituto Accademico di Roma, Roma 2004; Idee fuori dal
coro, Di Renzo, Roma, 2004; Cristiano perche' relativista, relativista
perche' cristiano, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2004; Principi liberali,
Rubbettino, Soveria Mannelli, 2004; trad. russa, 2005; trad. bielorussa
2005; trad. serbo, 2005; trad. spagnola 2005; Ragioni della razionalita',
Rubbettino, Soveria Mannelli, 2005"]