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La sofferenza e l'ermeneutica

di Giovanni Reale* - 27/03/2007



Sulla figura di Gadamer ci sarebbe molto da dire. Ma, nel momento della
sua
morte, io mi soffermero' soprattutto su un episodio che non e'
molto noto e
che invece e' fondamentale per capire la sua statura morale.
In occasione della prima intervista che gli ho fatto (pubblicata nel
"Sole -
24 ore" del 6 ottobre 1996), gli ho posto, fra le altre, la
domanda su come
erano nate le bellissime pagine dedicate alla sofferenza, incentrate sul
richiamo al verso di Eschilo in cui si dice che all'uomo e'
toccata la dura
sorte di "imparare attraverso il dolore". Sono, infatti,
pagine di uno
straordinario spessore morale, che, piu' che in un'opera di
ermeneutica, ci
si aspetterebbe di leggere in un'opera di etica, e per questo la
cosa mi
incuriosiva in maniera particolare.
La sua risposta e' stata molto bella, ma spostata da un piano
personale a
uno generale: "La sua domanda - mi disse - e' attualissima.
E' molto vero,
occorre ritrovare il senso del dolore e della sofferenza,
nell'educazione di
oggi. Manca la resistenza. E' una tentazione e una minaccia di
prim'ordine.
Nei giovani questa mancanza porta a cercare rifugio nella droga. Anche
questo deriva da una mancanza di resistenza, necessaria per sviluppare
la
propria personale autodisciplina".
Ma a pranzo (ero seduto alla sua sinistra) si rivolse verso di me e mi
diede
una risposta precisa a quella domanda che gli avevo fatto, che mi ha
lasciato a lungo senza parole. "Quando ero sui vent'anni - mi
disse - fui
colpito dalla poliomielite e rimasi a lungo completamente paralizzato,
con
tutte le conseguenze che lei puo' bene immaginare".
La cosa mi sorprese e mi turbo' al punto che fui improvvisamente
colto anche
dal dubbio di non aver ben compreso quanto mi aveva detto. Gadamer
camminava, infatti, con un bastone; ma pensavo che questo fosse dovuto
all'eta' e al fatto che era alto e di grossa corporatura. Per
di piu',
camminava molto, e passeggiava ogni giorno a lungo.
Dopo il pranzo mi sono percio' rivolto ai suoi assistenti per avere
conferme
e informazioni precise e dettagliate. E le risposte datemi sono state
altrettanto sorprendenti. Gadamer, non appena gli fu possibile,
inizio' a
tentare di fare piccoli passi, giorno per giorno sempre piu'
numerosi;
successivamente intensifico' quei movimenti in quantita' e in
qualita', fino
a giungere a misurarsi con rudimentali esercizi connessi con il gioco
del
tennis in modo sistematico, e incomincio' a fare passeggiate sempre
piu'
lunghe, in maniera ben calcolata. E con una forza di volonta'
straordinaria,
e' riuscito a ricostruire l'apparato motorio in maniera
eccezionale.
Mi e' stato detto che, alla fine, gli e' rimasta solo una gamba
un poco piu'
piccola dell'altra, e proprio per questo camminava con il bastone.
E dal
momento che e' diventato famoso solo in eta' matura, dopo che
con la forza
dello spirito aveva ricreato il suo fisico, e per di piu' si
spostava da
ogni parte e viaggiava spesso e molto volentieri, solo pochi ebbero
conoscenza del fatto.
Questo evento e il modo in cui Gadamer l'ha vissuto e l'ha
spiritualmente
trasformato costituiscono il fulcro della sua grandezza di uomo.
Conviene
pertanto rileggere uno dei passi essenziali del suo capolavoro,
Verita' e
metodo, in cui spiega in che senso l'esperienza che include la
sofferenza
determina lo stesso essere dell'uomo. Si tratta di un passo di cui
gli
chiedevo nella prima intervista ma che si comprende bene solo dopo che
si
conosce quell'evento.
Ecco il testo: "Se si vuole un testo significativo per comprendere
questo
momento costitutivo dell'esperienza che qui intendiamo evidenziare,
esso
andra' cercato senz'altro in Eschilo. Egli ha trovato, o meglio
riconosciuto nel suo senso metafisico, la formula che esprime
l'intima
storicita' dell'esperienza: imparare attraverso la sofferenza
(pathei-mathos). Questa formula non significa soltanto che attraverso il
male che si subisce si diventa accorti e che solo attraverso illusioni e
delusioni si acquista una piu' accorta conoscenza delle cose.
Intesa cosi',
la formula e' vecchia come l'uomo. Ma Eschilo vuole dire di
piu'. Egli vuole
esprimere le ragioni di questo fatto. Cio' che l'uomo deve
apprendere
attraverso la sofferenza non e' una nozione qualunque, e'
l'intendimento
giudizioso dei limiti dell'uomo, la comprensione
dell'insopprimibilita'
della sua distanza dal divino. E', in definitiva, una conoscenza
religiosa,
la stessa da cui e' derivata l'origine della tragedia
greca".

 

*Giovanni Reale e' un illustre filosofo, saggista e docente. Dal sito
www.emsf.rai.it riprendiamo la seguente scheda: "Giovanni Reale
e' nato a
Candia Lomellina (Pavia) il 15 aprile 1931. Ha frequentato il liceo
classico
a Casale Monferrato e si e' laureato in filosofia presso
l'Universita'
Cattolica di Milano nel l954. Si e' poi perfezionato in Germania
dal 1954 al
1956 a Marburg an der Lahn e nel 1957 a Monaco di Baviera. Ha ricoperto
la
cattedra di Storia della filosofia presso l'Universita' di
Parma dove ha
insegnato anche per un triennio Filosofia morale. Attualmente e'
ordinario
di Storia della filosofia antica presso l'Universita' Cattolica
di Milano.
Dirige la collana 'Testi a fronte' dell'editore Rusconi e
la sezione
'Filosofia classica e tardo-antica' della collana 'I
classici del pensiero'
dello stesso editore. Dirige inoltre la collana 'Temi e problemi del
pensiero antico. Studi e testi' del Centro di ricerche di metafisica
dell'Universita' Cattolica di Milano, per la casa editrice Vita
e Pensiero.
Fra le sue opere di maggiore impegno si segnalano:Introduzione a Proclo,
Laterza, Roma-Bari 1989; Per una nuova interpretazione di Platone.
Rilettura
della metafisica dei grandi dialoghi alla luce delle dottrine non
scritte,
Milano, Vita e Pensiero 1991; I paradigmi storici
nell'interpretazione di
Platone e i fondamenti del nuovo paradigma, Istituto Suor Orsola
Benincasa,
Napoli 1991; Ruolo delle dottrine non scritte di Platone. Intorno al
Bene
nella "Repubblica" e nel "Filebo", Istituto Suor
Orsola Benincasa, Napoli
1991; Il concetto di filosofia prima e l'unita' della
"Metafisica" di
Aristotele, Vita e Pensiero, Milano 1994; Saggezza antica. Terapia per i
mali dell'uomo d'oggi, Raffaello Cortina, Milano 1995; Eros
demone
mediatore. Il gioco della maschere nel "Simposio" di Platone,
Rizzoli,
Milano 1997; Guida alla lettura della "Metafisica" di
Aristotele, Laterza,
Roma-Bari 1997; Per una nuova interpretazione di Platone, Vita e
Pensiero,
Milano 1997; Raffaello,"La "Scuola di Atene". Una nuova
interpretazione
dell'affresco con il cartone a fronte, Rusconi, Milano 1997. Reale
ha curato
inoltre i seguenti classici: Melisso, Testimonianze e frammenti, La
Nuova
Italia, Firenze 1970; Parmenide, Poema sulla natura, I frammenti e le
testimonianze indirette, Rusconi, Milano 1991; Platone, Tutti gli
scritti,
Rusconi, Milano 1991; Aristotele, Metafisica, Vita e Pensiero, Milano
1993;
Seneca, Tutti gli scritti filosofici, Rusconi, Milano, 1994. Giovanni
Reale
ritiene che la cifra spirituale che caratterizza il pensiero
occidentale,
sia costituita dalla filosofia creata dai Greci. E' stato infatti
il logos
greco a caratterizzare le due componenti essenziali del pensiero
occidentale
e precisamente a fornire gli strumenti concettuali per elaborare la
Rivelazione cristiana e a creare quella peculiare mentalita' da cui
sono
nate la scienza e la tecnica. Ma se la cultura occidentale non si
capisce
senza la filosofia dei Greci, questa a sua volta non si capisce senza la
metafisica come studio dell'intero. Il lavoro che Reale svolge,
studiando i
grandi pensatori del passato, vuole servire a un confronto con la
metafisica
antica e moderna. La preferenza che accorda a Platone dipende dal fatto
che
il filosofo ateniese e', con la 'seconda navigazione' di
cui parla nel
Fedone, il vero creatore di questa problematica"]