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L'uomo e l'ambiente. Rilanciare l’uomo totale in antitesi dell’homo economicus.

di Aldo Guarino - 27/03/2007

 


L’ideologia progressista concepisce la storia come una linea retta tendente in ogni caso verso un futuro sempre migliore. La volontà dell’uomo non incide minimamente in questo processo. La fiducia illimitata nel progresso riduce il degrado ambientale ad un mero inconveniente tecnico. Disastri come Chernobyl, il buco dell’ozono, la distruzione della foresta amazzonica con il conseguente sterminio degli Indios per mano di killer prezzolati dai grandi latifondisti, l’annientamento di specie animali, il dissesto idrogeologico, la diminuzione delle terre coltivabili e l’avanzamento del cemento sono, alla luce di quest’ottica, semplici incidenti di percorso, errori di valutazione a cui presto la scienza saprà trovare adeguati accorgimenti e rimedi. Il tutto in piena coerenza col “credo” progressista. Ma gli accorgimenti tecnici non rimettono le “cose a posto”, al massimo le tamponano o le differiscono nel tempo e nello spazio. Si pensi, ad esempio, alla geniale soluzione adottata per le ciminiere degli impianti industriali: si fanno più alte in modo che contaminino più in là e non nelle immediate vicinanze.
Il Movimento Socialisti Nazionali è portatore di una critica radicale a questa pseudociviltà del progresso, al suo modello di sviluppo e di una nuova visione che incentivi la ricerca di nuove tecnologie più adatte ai bisogni della comunità, di fonti di energia alternativa, di risorse riciclabili e di una razionale raccolta differenziata dei rifiuti tesa ad evitare i danni che l’equilibrio della natura oggi subisce e, soprattutto, un nuovo modo di porsi verso la natura stessa.
La terra è parte integrante del nostro essere ed il nostro essere è parte integrante della terra. La società urbana industriale meccanizzata ha strappato l’uomo dal legame secolare, profondo, con la terra, ha distrutto l’uomo totale, l’uomo integro (l’Odalsbonde della società scandinava) per annientarlo e disperderne l’identità, prima cementata dagli stretti rapporti individuali e collettivi del villaggio, in anonimi agglomerati urbani. Vivere secondo natura non è la “romantica vita rurale” di una natura ideale e costruita alla moda di Rousseau, ma il rinnovamento interiore ideologico dell’uomo, il continuo saldo legame con gli elementi. Non è un modello etico, ma la fonte prima verso cui torna l’esule che il modernismo ha sradicato dalla sua comunità.
Knut Hamsun, scrittore norvegese e premio Nobel per la letteratura, nel “Il risveglio della terra” dice del protagonista Isak: “Di rado sapeva che mese fosse. Che bisogno ne aveva? Non aveva conti da pagare ad una certa scadenza; i segni sul suo almanacco mostravano il tempo in cui ciascuna delle sue mucche avrebbe partorito. Ma conosceva il giorno di Sant’Olaf in autunno, quello entro il quale il fieno doveva essere in cascina e conosceva la festa delle Candele in primavera; e sapeva che tre settimane più tardi gli orsi escono dai loro rifugi invernali; tutte le sementi debbono essere nella terra per allora. Sapeva il necessario”.
Ritornando a noi, il problema ecologico non si risolve con i soli depuratori, con le leggi e i divieti, ne investendo solo su questioni tecniche, è lo stesso sviluppo ed il suo substrato ideologico a dovere essere messo in discussione. L’ecologia non è un problema di conservazione di ristrette aree in cui garantire l’ambiente naturale, ma richiede una riconversione di valori e del rapporto tra uomo e ambiente in qualsiasi contesto essi avvengano.
Prima di inquinare la terra, l’uomo ha inquinato se stesso e in conseguenza il proprio comportamento, mutando il suo modo di considerare l’ambiente, gli obiettivi che si propone di raggiungere, gli stessi rapporti tra gli uomini. Se alla base del nostro comportamento poniamo la legge del profitto l’ambiente in cui si vive, come ovvia conseguenza, non è più la terra da rispettare, quella che ha ospitato i nostri antenati, che ci ha visto nascere e ci insegna a crescere, la terra da lasciare intatta per le generazioni future affinché la possano amare e rispettare; non ci trasmette quel senso del sacro che le religioni più diverse coglievano nella natura, nella vita che ospita come creazione della divinità. Il conflitto, ad esempio, tra coloni americani e pellirosse fu lo scontro tra una visione del mondo materiale e mercantile e una in cui il senso del sacro, dei valori “senza prezzo” pervadeva ogni rapporto tra le persone, tra l’uomo e l’ambiente che lo accoglie. Per i coloni il territorio rappresentava un’occasione economica da sfruttare (oro, minerali, petrolio, ferrovie, impianti industriali), l’unico valore quello del prezzo in dollari più vantaggioso. I pellirosse vedevano nell’ambiente l’immagine e la realizzazione della divinità, dalla natura prendevano i doni necessari, senza mai abusare, per il loro sostentamento. Non a caso gli Usa sono tra i paesi più inquinati ed inquinanti del mondo. California, Los Angeles: la più contaminata area urbana del paese. Il tasso di ozono è quattro volte più elevato di quanto stabilito dagli standards federali; ogni anno vengono scaricati nell’atmosfera della contea 25 milioni di chilogrammi di sostanze chimiche nocive. Un vero inferno urbano.
Dobbiamo superare questa visione economica, o meglio economicista, per poter tendere ad una società dove ci sia l’armonia e l’equilibrio tra le diverse componenti umane, tra queste e quelle naturali. Rilanciare l’uomo totale in antitesi dell’homo economicus.
Un antico proverbio cinese dice: “Se pensi ad oggi mangi un pane, se pensi ad un decennio pianti un albero, se pensi ad un secolo educhi un bambino”.