Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Il solare di Rubbia non alternativo ma integrativo del fotovoltaico

Il solare di Rubbia non alternativo ma integrativo del fotovoltaico

di redazionale - 27/03/2007

Il ritorno a casa di Rubbia ha già segnato un punto. Ieri infatti è stato firmato l´accordo tra Enel ed Enea, per la realizzazione del progetto Archimede, il primo impianto al mondo che integrerà un ciclo combinato a gas con un impianto solare termodinamico. L’impianto che sorgerà presso la centrale Enel di Priolo Gargallo, in provincia di Siracusa, prevede un investimento complessivo di oltre 40 milioni di euro e l´entrata in esercizio entro il 2009.

L´impianto era stato voluto proprio da Carlo Rubbia quando era presidente Enea, ma non aveva mai avuto una vera concretizzazione e forse proprio questo è stato uno dei motivi che ha portato il premio Nobel in Spagna per realizzare un analogo impianto, di dimensioni assai più vaste.

Il progetto Archimede è strutturato in modo da convergere il calore del sole, attraverso 72 speciali specchi parabolici con un totale di 40mila m2 di superficie captante, su tubi che contengono un fluido costituito da una miscela di sali in grado di conservare a lungo il calore generato durante il giorno. Il fluido presente nei tubi viene portato - grazie al calore solare - ad una temperatura che può raggiungere i 550 gradi centigradi. L’energia termica genererà a sua volta vapore ad alta pressione che verrà convogliato nelle turbine dell´impianto a ciclo combinato producendo elettricità.

L’impianto avrà una potenza di circa 5 MW e produrrà 10 milioni di kWh/anno, per il fabbisogno annuale di circa 4.000 famiglie. Con un risparmio di circa 2.400 tonnellate equivalenti di petrolio all´anno e minori emissioni di anidride carbonica per circa 7.300 tonnellate all´anno.

Abbiamo chiesto un commento su questo progetto a Massimo Serafini che ci ha detto:
«Va bene anche il solare termodinamico, che è un ulteriore contributo allo sviluppo delle rinnovabili. Certo però non va visto in alternativa alle altre fonti ma come integrativo del progetto di un paese “100% rinnovabili” attraverso una diffusa installazione sui tetti e sulle pareti delle case che meglio rispondono alle esigenze di un modello energetico distribuito sul territorio e quindi con decisioni distribuite e non monopolizzate come quello delle grandi centrali».

Per gli aspetti tecnici dell´impainto abbiamo chiesto invece ad Alex Sorokin.
«Sono impianti che hanno notevoli problemi di natura gestionale, perché il sale che funziona da accumulatore di calore sotto a 300 gradi di temperatura si solidifica e l’intero impianto si blocca. C’è poi da considerare che tutti questi impianti sino ad ora realizzati - che non usano il sale e l’accumulo di energia come quello progettato da Rubbia - hanno sempre usato un centrale tradizionale a fianco. In maniera che quando c’è sole si lavora con il sole e quando non c’è si usa il metano. Il bilancio indica che nel totale dell’energia prodotta l’80% viene dal metano e soltanto il 20% dal sole. Il progetto Archimede punta invece a risolvere il problema perché accumula l’energia sotto forma di sale, che però dà diversi problemi gestionali come abbiamo visto. Non sappiamo in questo caso quale sarà la quota in percentuale di utilizzo del metano, ma comunque ci sarà».

E´ stato calcolato che con i costi previsti per l’impianto si potrebbero produrre - agli attuali costi dei pannelli solari di circa 5.000 euro per 1 kw di potenza – 8 MW di potenza, rispetto ai 5 MW previsti con il progetto Archimede.
«I 40 milioni di euro di costi per questo progetto sono giustificati, perché è un progetto sperimentale. Non va messo a confronto con i tetti solari. Comunque penso che questo sia un tipo di impianto che sarà destinato al Sahara, o comunque a regioni desertiche perché ha bisogno di sole diretto. Essendo a concentrazione, la radiazione diffusa non può essere sfruttata. Infatti i primi progetti ad essere realizzati sono stati nelle aree desertiche in Israele, dove il progetto è nato e poi anche nelle are desertiche americane».