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Lago di Garda: pattumiera degli aerei Nato

di Tatiana Genovese - 29/03/2007

 
Si ritorna a parlare di uranio impoverito, ma stavolta non per le presunte morti che lo Stato continua ad ignorare, ma per uno strano avvenimento che accadde il 16 aprile del 1999. Quel giorno, un bombaridere F15 della Nato in ritorno dal Kosovo, a causa di un incidente in corso all’aeroporto di Aviano, venne dirottato verso la pista di Ghedi, per raggiungere la quale fu costretto a sganciare il suo carico al largo del lago di Garda. Sulla natura di quel carico, che non è stato ritrovato nonostante le lunghe e costose ricerche effettuate da Esercito e Marina militare, si torna ora ad indagare. Numerosi abitanti di Toscolano Maderno, comune bresciano sulle rive del Lago, raccontarono di aver visto in quel pomeriggio un aereo volare basso e sganciare sei bombe a guida laser a centro lago, tra Punta San Vigilio e la costa bresciana. Lo stesso bombardiere aveva sganciato anche i due serbatoi sui monti di Asiago. All’epoca, per sicurezza, fu imposto il fermo pesca su tutto il lago anche perché il procuratore capo di Brescia, Giancarlo Tarquini, avviando l’indagine per la ricerca degli ordigni, aveva reso noto in una relazione che per quanto attiene al tipo di bombe sganciate dall’aereo Nato, sussisteva la possibilità, concreta e oggettiva, della rottura del contenitore -conosciuto dagli addetti ai lavori come “canister” - all’impatto con l’acqua, e quindi della presenza nelle acque del Garda di numerose “bomblet” che potevano essersi innescate sulla base di una semplice rotazione.

Quelle che il procuratore definisce “bomblet” sono piccoli ordigni contenuti in bombe aeree più grandi, che se non scoppiano all’impatto possono divenire pericolose, come fossero mine antiuomo. Sono bombe potenzialmente pericolose, forse proiettili all’uranio impoverito oppure cluster bombs che disseminano circa duecento frammenti. Nonostante però l’intervento di esponenti politici, primo fra tutti il leghista Massimo Wilde, che sollevò da subito il problema della sicurezza nel lago lombardo, designato a discarica di aerei, ma anche di esperti biologi e medici che denunciarono la pericolosità delle conseguenze che la presenza di uranio avrebbe comportato, gli organi istituzionali smentirono sempre questa possibilità. Ma a sconfessare le istituzioni che ritenevano gli ordigni degli inerti pezzi di ferro, giunse l’ordinanza del prefetto di Brescia che impose quattro chilometri di raggio di sicurezza dal presunto luogo di deposito delle bombe, uno spazio che in quella parte del lago, che da sponda a sponda è inferiore a sette chilometri, impedisce praticamente ogni attività. Proprio in questi giorni, Tiziana Valpiana di Rifondazione comunista, e il leghista Sergio Divina, entrambi appartenenti alla nuova commissione parlamentare che indaga sull’uranio impoverito hanno richiesto e ottenuto l’inserimento del “caso Garda” nei lavori della stessa commissione. Il senatore Divina, si è dichiarato particolarmente soddisfatto per come sono iniziati i lavori della commissione, la quale ha poteri uguali a quelli dell’autorità giudiziaria per poter ottenere tutti quegli elementi conoscitivi riguardo la pericolosità attuale e futura delle bombe sganciate sul Garda. Per quanto riguarda invece la senatrice Valpiana, l’esponente di rifondazione ha inizialmente sottolineato che “in realtà anche se fossero finiti sul fondo del lago ordigni con uranio impoverito il loro pericolo verrebbe vanificato proprio dall’acqua, perché l’effetto tossico e cancerogeno si verifica a contatto con il calore”, ribadendo tuttavia che “è importante ricostruire anche quell’episodio nell’ambito di un’inchiesta che ha per scopo primario quello di stabilire se esiste un nesso di causa effetto tra l’esposizione all’uranio impoverito e l’insorgere di malattie spesso mortali, tra cui il linfoma di Hodgkin”, ed infine annunciando che il primo ad essere chiamato in causa in questa inchiesta sarà il pilota, nella speranza che possa fornire informazioni certe sul contenuto di quegli ordigni presenti nel lago. Adesso la commissione sull’uranio impoverito, presieduta da Lidia Menapace, disporrà la ricerca del sito dove si potrebbero trovare gli ordigni per vagliarne la loro concreta pericolosità, auspicando che questa volta le indagini nel triangolo Padenghe-Sirmione-punta S. Vigilio, possano dare un esito concreto; ma auspicando anche che il governo vagli una legge che imponga agli aerei Nato di non considerare i nostri mari e i nostri laghi alla stregua di pattumiere.