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Un documento storico dei neoconservatori: A clean break - Un taglio netto

di Andrea Carancini - 22/01/2008

 

Riporto qui sotto, con mia traduzione, un testo fondamentale per capire la politica americana e israeliana dell'ultimo decennio. Mi rammarico di aver scoperto solo dopo aver ultimato la traduzione che c'era già un'altra traduzione italiana disponibile nel seguente sito: http://nuke.ossin.org/Portals/0/PNAC/TAGLIO_NETTO.pdf . Poco male: i lettori interessati potranno comunque leggere nel detto sito delle utili informazioni sugli autori di questo documento. Parimenti utile per inquadrare il contesto storico dell'argomento è il testo di Paolo Barnard disponibile qui: http://www.fisicamente.net/index-1211.htm . Il testo originale è disponibile qui: http://www.iasps.org/strat1.htm .

Andrea Carancini

UN TAGLIO NETTO: UNA NUOVA STRATEGIA PER PROTEGGERE IL REGNO (1996)[1]

Quello che segue è un rapporto preparato dall’Institute for Advanced Strategic and Political Studies [Istituto di Studi Avanzati Strategici e Politici]: “Study Group on a New Israeli Strategy Toward 2000 [Gruppo di studio per una nuova strategia israeliana verso il 2000]. Le principali idee concrete di questa relazione emergono da una discussione alla quale hanno partecipato importanti opinionisti, inclusi Richard Perle, James Colbert, Charles Fairbanks Jr., Douglas Feith, Robert Loewenberg, David Wurmser e Meyrav Wurmser. Il rapporto, intitolato Un taglio netto: una nuova strategia per proteggere il regno, costituisce l’ossatura di una serie di rapporti successivi sulla strategia.

Israele ha un grande problema. Il sionismo laburista, che ha dominato per 70 anni il movimento sionista, ha prodotto un’economia bloccata e inceppata. Gli sforzi per salvare le istituzioni socialiste d’Israele – che includono l’attuazione di una sovranità soprannazionale a spese della sovranità nazionale e l’attuazione di un processo di pace che abbraccia lo slogan Un nuovo Medio Oriente – minano la legittimità della nazione e conducono Israele ad una paralisi strategica e al vecchio “processo di pace” del governo. Questo processo di pace ha oscurato l’erosione del consenso di massa nazionale – incluso un senso tangibile di prostrazione – e ha precluso ogni iniziativa strategica. La perdita del consenso di massa è stata illustrata nel modo migliore dagli sforzi di Israele di coinvolgere gli Stati Uniti nel fare accettare a casa propria delle politiche impopolari, dall'aver accettato di negoziare la sovranità della propria capitale, e dall'aver risposto con rassegnazione ad un’ondata di terrorismo tanto intensa e tragica da scoraggiare gli israeliani dall’impegnarsi in normali attività quotidiane, come quella di andare al lavoro prendendo il bus.

Il governo di Benjamin Netanyahu si presenta con una nuova serie di proposte. Mentre ci sono quelli che consigliano continuità, Israele ha l’opportunità di fare un taglio netto; può creare un processo di pace e una strategia basati su un fondamento intellettuale interamente nuovo, capace di riprendere l’iniziativa strategica e dare la possibilità alla nazione di impegnare ogni energia possibile nella rifondazione del sionismo, il punto di partenza della quale deve essere la riforma economica. Per proteggere le strade e i confini della nazione nell’immediato futuro, Israele può:

· Lavorare strettamente con la Turchia e la Giordania per contenere, destabilizzare e respingere alcune delle minacce più pericolose. Questo implica un taglio netto rispetto allo slogan “pace globale” in favore di un concetto tradizionale di strategia basata sull’equilibrio delle forze.
· Cambiare la natura delle sue relazioni con i palestinesi, inclusa la difesa del diritto all’intervento militare per autodifesa in tutte le aree palestinesi e la creazione di alternative al dominio esclusivo di Arafat sulla società palestinese.
· Creare nuove basi per le relazioni con gli Stati Uniti –accentuando la fiducia in sé stessi, la maturità, la cooperazione strategica in aree di interesse reciproco, e favorendo i valori propri dell’Occidente. Questo può essere realizzato solo se Israele compie dei seri passi per porre fine agli aiuti, che impediscono la riforma economica.

Questo rapporto è scritto con dei passaggi-chiave contrassegnati come TESTO, che evidenziano il taglio netto che il nuovo governo ha l’opportunità di realizzare. Il corpo del rapporto è costituito dai commenti che spiegano lo scopo ed espongono il contesto strategico dei passaggi.

Un nuovo approccio alla pace

Una scelta sollecita di una prospettiva nuova e coraggiosa di pace e sicurezza è indispensabile da parte del nuovo primo ministro. Mentre il governo precedente, e molti all’estero, potevano sottolineare il concetto di “pace in cambio di terra” – che poneva Israele in una condizione di ritirata culturale, economica, politica, diplomatica e militare – il nuovo governo può promuovere i valori e le tradizioni occidentali. Un tale approccio, che sarà ben accolto negli Stati Uniti, include il concetto di “pace in cambio di pace”, “pace per mezzo della forza” e fiducia in sé stessi: l’equilibrio delle forze.

Una nuova strategia per conquistare l’iniziativa può essere introdotta:

TESTO:

Abbiamo inseguito per quattro anni una pace basata su un Nuovo Medio Oriente. Noi in Israele non possiamo fare la parte degliinnocenti all’estero” [innocents abroad][2] in un mondo che non è innocente. La pace dipende dall’indole e dal comportamento dei nostri nemici. Noi viviamo in una zona pericolosa, con stati fragili e aspre rivalità. Mostrare un’ambivalenza morale tra lo sforzo di costruire uno stato ebraico e il desiderio di distruggerlo mercanteggiandopace in cambio di terranon garantirà lapace adesso”. Il nostro diritto alla terraalla cui speranza ci siamo aggrappati per 2000 anniè legittimo e nobile. Non fa parte delle nostre possibilità - non importa quanto concediamo - concedere la pace in modo unilaterale. Solo l’accettazione incondizionata da parte degli arabi dei nostri diritti, specialmente nelle loro dimensioni territoriali, “pace in cambio di pace”, cosituirà una base solida per il futuro.

La richiesta della pace da parte di Israele emerge da, e non sostituisce, il perseguimento dei nostri ideali. La brama del popolo ebreo per i diritti umani – acceso nella sua identità dal sogno, vecchio di 2000 anni, di vivere libero nella propria terra – informa il concetto di pace e riflette la continuità di valori con la tradizione occidentale ed ebraica. Israele può ora abbracciare i negoziati, ma come mezzo, non come fine, per perseguire quegli ideali e dimostrare la propria fermezza nazionale. Può sfidare gli stati di polizia; rafforzare il rispetto degli accordi; e insistere su degli standard minimi di responsabilità..

Proteggere il confine settentrionale

La Siria sfida Israele sul suolo libanese. Un approccio efficace, e che l’America può condividere, sarebbe quello – da parte di Israele – di conquistare l’iniziativa strategica lungo i suoi confini settentrionali attaccando Hezbollah, la Siria e l’Iran, vale a dire i principali agenti di aggressione in Libano, compresa l’eventualità di:

Colpire i traffici e le infrastrutture mimetizzate della Siria in Libano, tutti facenti capo alla zona di Razi Qanan.

Imitare il comportamento siriano stabilendo il precedente che il territorio siriano non è immune da attacchi provenienti dal Libano da parte di forze amiche d’Israele.

Colpire obbiettivi militari siriani in Libano, e se questo fosse insufficiente, colpire obbiettivi selezionati in territorio siriano.

Israele può anche cogliere questa opportunità per ricordare al mondo la natura del regime siriano. La Siria ha ripetutamente infranto la parola data. Ha violato numerosi accordi con i turchi, e ha tradito gli Stati Uniti continuando a occupare il Libano in violazione dell’accordo TAEF del 1989. Al contrario, la Siria ha organizzato delle elezioni fasulle, ha installato un regime fantoccio, e ha costretto il Libano a firmare un accordo di “fratellanza” nel 1991, che ha messo fine alla sovranità libanese. E la Siria ha iniziato a colonizzare il Libano con centinaia di migliaia di siriani, mentre uccideva decine di migliaia alla volta dei propri cittadini, come fece in soli tre giorni nel 1983 a Hama.

Sotto la tutela siriana, il traffico di droga libanese, per il quale i funzionari militari siriani locali ricevono il "pizzo", prospera. Il regime siriano sostiene i gruppi terroristi operativamente e finanziariamente sia in Libano che sul proprio territorio. In realtà, la Valle della Bekaa in Libano controllata dai siriani è diventata per il terrorismo quello che la Silicon Valley è diventata per i computer. La Valle della Bekaa è diventata una delle principali fonti di distribuzione, se non uno dei luoghi di produzione, della “superbanconota” – falsificando la valuta statunitense così bene che è impossibile da scoprire.

TESTO:

I negoziati con regimi repressivi come la Siria richiedono un realismo prudente. Non si può ragionevolmente presumere la buona fede dell’interlocutore. Epericoloso per Israele trattare con ingenuità con un regime omicida con il suo stesso popolo, apertamente aggressivo verso i propri vicini, coinvolto con i trafficanti di droga internazionali e con i falsari, e sostenitore delle più mortifere organizzazioni terroristiche.

Data la natura del regime di Damasco, è nello stesso tempo naturale e morale che Israele abbandoni lo slogan “pace globale” e passi a contenere la Siria, prestando attenzione al suo programma di armi di distruzione di massa, e rifiutando gli accordi “pace in cambio di terra” riguardanti le Alture del Golan.

Passare ad una strategia di tradizionale equilibrio delle forze

TESTO:

Dobbiamo distinguere lucidamente e chiaramente l’amico dal nemico. Dobbiamo essere sicuri che i nostri amici in Medio Oriente non mettano mai in dubbio la solidità o il valore della nostra amicizia.

Israele può plasmare il suo ambiente strategico, in cooperazione con la Turchia e la Giordania, indebolendo, contenendo e persino sconfiggendo la Siria. Questo sforzo può essere concentrato nel rimuovere Saddam Hussein dal potere in Iraq – un obbiettivo strategico importante nel diritto d’Israele – come mezzo per sventare le ambizioni regionali della Siria. La Giordania ha sfidato recentemente le ambizioni regionali della Siria suggerendo il ripristino degli hascemiti in Iraq. Questo ha provocato una rivalità tra giordani e siriani a cui Assad ha risposto aumentando gli sforzi per destabilizzare il regno giordano, incluso l’utilizzo di infiltrazioni. La Siria di recente ha dato segni di preferire, insieme all’Iran, un Saddam debole, a malapena sopravvivente, se solo servisse a minare e umiliare la Giordania nei suoi sforzi per rimuovere Saddam.

Ma la Siria entra in questo conflitto con una potenziale debolezza: Damasco è troppo preoccupata dalle minacce contro il nuovo equilibrio regionale per permettersi distrazioni sul fianco libanese. E Damasco teme che l’”asse naturale” con Israele da un lato, con l’Iraq centrale e la Turchia dall’altro, e la Giordania al centro, possa schiacciare e separare la Siria dalla penisola arabica. Per la Siria, questo potrebbe essere il preludio ad una ricomposizione della mappa del Medio Oriente che minaccerebbe l’integrità territoriale siriana.

Poiché il futuro dell’Iraq potrebbe influenzare profondamente l’equilibrio strategico in Medio Oriente, è comprensibile che Israele abbia interesse a sostenere gli hascemiti nel loro sforzo di ridisegnare l’Iraq, incluse misure quali: visitare la Giordania come prima visita ufficiale di Stato, anche prima di una visita negli Stati Uniti, del nuovo governo di Netanyahu; sostenere il Re Hussein fornendogli delle misure di sicurezza tangibili per proteggere il suo regime contro la sovversione siriana; incoraggiare – attraverso l’influenza sulla comunità d’affari americana – investimenti in Giordania per rimuovere strutturalmente l’economia giordana dalla dipendenza dall’Iraq; sviare l’attenzione della Siria utilizzando gli esponenti libanesi dell’opposizione per destabilizzare il controllo della Siria sul Libano.

Estremamente importante: è comprensibile che Israele abbia interesse a sostenere diplomaticamente, militarmente e operativamente le azioni della Turchia e della Giordania contro la Siria, come garantire le alleanze tribali con le tribù arabe che si trovano in territorio siriano e sono ostili alla elite dirigente siriana.

Re Hussein può fornire a Israele delle idee su come riportare sotto controllo il suo problema libanese. La popolazione a maggioranza scita del Libano meridionale è stata legata per secoli alla leadership scita di Najf, all’Iraq piuttosto che all’Iran. Se fossero gli hascemiti a controllare l’Iraq, essi potrebbero utilizzare la loro influenza su Najf per aiutare Israele ad allontanare gli sciti libanesi da Hezbollah, dall’Iran e dalla Siria. Gli sciti mantengono forti legami con gli ascemiti: essi venerano soprattutto la famiglia del Profeta, il cui discendente diretto – e nelle cui vene scorre il sangue del Profeta – è Re Hussein.

Cambiare la natura delle relazioni con i palestinesi

Israele ha la possibilità di creare un nuovo rapporto tra sé e i palestinesi. Innanzitutto, gli sforzi di Israele per proteggere le proprie strade possono richiedere l’uso dell'intervento militare nelle aree controllate dai palestinesi, una pratica giustificabile con la quale gli americani possono simpatizzare.

Un elemento chiave della pace è il rispetto degli accordi già firmati. Perciò, Israele ha il diritto di insistere su tale rispetto, inclusa la chiusura della Orient House[3] e lo scioglimento delle brigate di Jibril Rujoub a Gerusalemme. Inoltre, Israele e gli Stati Uniti possono stabilire un Comitato Congiunto di Controllo degli Accordi per studiare periodicamente se l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina [OLP] osserva degli standard minimi per quanto riguarda il rispetto, l’autorità e la responsabilità, i diritti umani e la responsabilità giudiziaria e fiduciaria.

TESTO:

Crediamo che l’Autorità Palestinese debba essere tenuta agli stessi standard minimi di responsabilità cui soggiacciono gli altri destinatari degli aiuti statunitensi. Una pace solida non può tollerare repressione e ingiustizia. Un regime che non può adempiere gli obblighi più elementari verso il proprio stesso popolo non può essere reputato in grado di adempiere quelli con i propri vicini.

Israele non ha obblighi verso gli accordi di Oslo se l’OLP non adempie i suoi. Se l’OLP non può soddisfare questi standard minimi, allora non ci può essere né una speranza per il futuro né un interlocutore attendibile per il presente. Per preparare tutto ciò, Israele potrebbe voler coltivare delle alternative al potere di Arafat. La Giordania ha delle idee su questo.

Per evidenziare il fatto che Israele considera dubbie le azioni dell’OLP ma non quelle degli arabi, Israele potrebbe prendere in considerazione la possibilità di fare uno sforzo speciale per premiare gli amici e far avanzare i diritti umani tra gli arabi. Molti arabi sono desiderosi di lavorare con Israele; identificarli e aiutarli è importante. Israele potrebbe anche scoprire che molti dei suoi vicini, come la Giordania, hanno problemi con Arafat e possono voler collaborare. Israele potrebbe anche voler offrire una migliore integrazione ai suoi propri arabi.

Creare un nuovo rapporto americano-israeliano

Negli ultimi anni, Israele ha richiesto l’intervento attivo degli Stati Uniti nella politica israeliana interna ed estera per due ragioni: per vincere l’opposizione interna alle concessioni “terra in cambio di pace”, che l’opinione pubblica israeliana non poteva sopportare, e per invitare gli arabi – per mezzo di denaro, del perdono delle colpe passate, e dell’accesso alle armi americane – a negoziare. Questa strategia, che richiedeva l’afflusso di denaro americano verso regimi aggressivi e repressivi, era rischiosa, costosa e assai cara sia per gli Stati Uniti che per Israele, e ha posto gli Stati Uniti in un ruolo che non avrebbe dovuto né voluto avere.

Israele può operare un taglio netto con il passato e stabilire un nuovo rapporto con gli Stati Uniti, basato sulla fiducia in sé stessi, sulla maturità e sulla reciprocità – non uno concentrato strettamente su dispute territoriali. La nuova strategia d’Israele – basata su una filosofia condivisa di pace attraverso la forza – riflette la continuità con i valori occidentali sottolineando il fatto che Israele è sicuro di , non ha bisogno delle truppe americane in alcun modo per essere difeso, incluse le Alture del Golan, e può gestire i suoi affari. Tale sicurezza di sé garantirà ad Israele una maggiore libertà di azione e rimuoverà una parte significativa della pressione esercitata contro di esso in passato.

Per ribadire questo punto, il Primo Ministro può utilizzare la sua visita imminente per annunciare che Israele è ora abbastanza matura da rendersi immediatamente libera almeno dagli aiuti economici e dai prestiti americani, che bloccano la riforma economica. [Gli aiuti militari sono per il momento a parte, fino a quando saranno presi degli accordi per assicurare che Israele non incontrerà problemi di stanziamento per difendere sé stessa]. Come è stato delineato in un altro rapporto dell’Istituto [l'American Enterprise Institute], Israele può diventare sicura di sé soltanto – e con un colpo deciso piuttosto che gradualmente - liberalizzando la sua economia, tagliando le tasse, promulgando di nuovo una zona di libero scambio, e liquidando terre pubbliche e aziende – azioni che saranno galvanizzate e sostenute da un largo spettro bipartisan di leader-chiave del Congresso, incluso lo Speaker della Camera Newt Gingrich.

Israele può, a queste condizioni, cooperare in modo migliore con gli Stati Uniti per contrastare le minacce reali contro la regione e contro la sicurezza dell’Occidente. Mr. Netanyahu può sottolineare il suo desiderio di cooperare più strettamente con gli Stati Uniti nella difesa anti-missile per rimuovere la minaccia di ricatto che anche un esercito debole e lontano può esercitare su ogni stato. Non solo tale cooperazione nella difesa anti-missile contrasterebbe una minaccia fisica tangibile alla sopravvivenza di Israele, ma allargherebbe la base dei consensi tra molti esponenti del Congresso degli Stati Uniti che potrebbero sapere poco di Israele ma a cui importa molto della difesa anti-missile. Tale largo sostegno potrebbe essere d’aiuto nello sforzo di spostare l’ambasciata statunitense in Israele a Gerusalemme.

Per anticipare le reazioni americane e pianificare i modi più opportuni per controllare e contenere queste reazioni, il Primo Ministro Netanyahu può formulare le politiche e sottolineare i temi che egli preferisce in un linguaggio familiare agli americani toccando quegli argomenti delle amministrazioni americane durante la guerra fredda che possono applicarsi bene al caso di Israele. Se Israele vuole testare certe affermazioni che richiedono una benevola reazione americana, allora il tempo migliore per farlo è prima del Novembre del 1996.

Conclusioni: Trascendere il conflitto arabo-israeliano

TESTO: Israele non solo contrasterà i suoi nemici; li trascenderà.

Importanti intellettuali arabi hanno scritto diffusamente sulla loro percezione delle difficoltà e della perdita dell’identità nazionale d’Israele. Questa percezione ha favorito attacchi, ha bloccato Israele dal conseguimento della vera pace, e ha offerto speranze a quelli che vorrebbero distruggere Israele. La vecchia strategia, perciò, stava conducendo il Medio Oriente verso un’altra guerra arabo-israeliana. Il nuovo programma d’Israele può segnare un taglio netto abbandonando una politica che accettava lo stato di prostrazione e approvava la ritirata strategica, ristabilendo il principio di attacco preventivo, piuttosto che quello della sola rappresaglia, e cessando di assorbire senza risposta colpi da parte dei nemici. Il nuovo programma strategico d’Israele può plasmare l’ambiente regionale in modo da garantire ad Israele la possibilità di focalizzare di nuovo le proprie energie dove sono più necessarie: per ringiovanire la propria idea nazionale, che può sopravvivere solo sostituendo le fondamenta socialiste d’Israele con una base più solida; e per sconfiggere la propria “prostrazione”, che minaccia la sopravvivenza della nazione.

In definitiva, Israele può fare di più che controllare semplicemente il conflitto arabo-israeliano attraverso la guerra. Nessuna quantità di armi o di vittorie garantirà ad Israele la pace che cerca. Quando Israele si trova su una base economica solida, ed è libera, potente, ed internamente ricca, non controllerà semplicemente il conflitto arabo-israeliano; lo trascenderà. Come un anziano leader iracheno dell’opposizione ha detto recentemente: “Israele deve ringiovanire e rivitalizzare il proprio morale e la propria leadership intellettuale. E’ un elemento importante – se non il più importante – nella storia del Medio Oriente”. Israele – orgogliosa, ricca, solida, e forte – potrà essere la base di un Medio Oriente veramente nuovo e pacifico.

Partecipanti nel gruppo di studio su "Una nuova strategia israeliana verso il 2000":

Richard Perle, American Enterprise Institute, leader del gruppo di studio

James Colbert, Jewish Institute for National Security Affairs
Charles Faibanks Jr., Johns Hopkins University/SAIS
Douglas Feith, Feith and Zell Associates
Robert Loewenberg, Presidente, Institute for Advanced Strategic and Political Studies
Jonathan Torop, The Washington Institute for Near East Policy
David Wurmser, Institute for Advanced Strategic and Political Studies
Meyrav Wurmser, Johns Hopkins University











[1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale può essere consultato all’indirizzo: http://www.iasps.org/strat1.htm
[2] Riferimento al titolo del romanzo di Mark Twain.
[3] La Orient House era la sede dell’autorità nazionale palestinese a Gerusalemme Est, prima di venir chiusa dagli israeliani nel 2001