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La vittoria di Barack Obama. Nessuna illusione

di Carlo Gambescia - 05/11/2008


Per chi si accontenta della forma (un nero alla Casa Bianca) e di alcune vaghe promesse ( come quella di alzare le tasse sui ceti abbienti) la vittoria di Barack Obama è una svolta.
Ma si tratta di una svolta che ha riguardato - e riguarderà - tutti gli americani?
Dal punto di vista elettorale, pur non avendo ancora dati precisi sull’affluenza, sembra abbia votato il 55/60 per cento degli aventi diritto. Di conseguenza Obama resta il presidente di poco più di una minoranza di elettori ( ovviamente le stesse considerazione sarebbero valse anche se avesse vinto McCain).
Perché - ecco il punto - in occasione di ogni elezione presidenziale Usa nessuno sottolinea un fatto fondamentale: che i presidenti Usa spesso sono votati da meno del 50 % degli aventi diritto. Di più: chi vince di solito deve accontentarsi di meno della metà dei voti espressi. Pertanto il presidente degli Stati Uniti finisce per rappresentare a mala pena un 25 % di quel 50 % che vota: grosso modo 50-60 milioni di elettori sui circa 100-120 (questa volta sembra 130) che si recano a votare. Il nuovo presidente, perciò considerando l’area del non voto (almeno altri 100 milioni), è espressione di una minoranza: la quarta parte di tutti coloro che potrebbero votare (ricordiamo che in tutto la popolazione degli Stati Uniti ammonta a circa trecento milioni di abitanti).
Qualche dato non guasta.
Innanzitutto va ribadito che storicamente la partecipazione elettorale degli americani è sempre stata molto bassa (intorno al 50 %). E di riflesso sono state altrettanto basse le percentuali di voto che hanno permesso l’elezione di alcuni presidenti. Ad esempio Lincoln fu eletto nel 1860 col 39,8%, Woodrow Wilson nel 1912 col 41%, Clinton nel 1992 con 43%. Inoltre negli ultimi quindici anni gli indici di partecipazione hanno raggiunto livelli stabilmente bassi, con una lieve ripresa nel 2004, anno della seconda elezione di Bush jr (1988: 50,11%; 1992: 55,09; 1996: 49,08; 2000: 51,31; 2004: 55,69; 2008, pare tra il 55 e il 60%, ma non disponiamo ancora di dati precisi: dai 122,295,345 votanti del 2004 si sarebbe passati nel 2008 a 133,917,120, stima. In argomento si veda qui: http://en.wikipedia.org/wiki/United_States_presidential_election ; con ampia e buona sitografia).
Ecco, il vero problema della “democrazia americana”, è quello di come dare voce legittima a quei due quarti, grosso modo, di cittadini che non votano né per i democratici né per i repubblicani.
E potrà riuscirvi un presidente che ha raccolto il favore elettorale della solita minoranza "civilizzata" di votanti? E che pur essendo nero non proviene socialmente dal "popolo nero"? Dal momento che Barack Obama è un raffinato prodotto di quella borghesia di colore, che passa per Harvard, Yale, Columbia (come il neopresidente) e altre prestigiose università. Una borghesia fiera di avercela fatta, per alcuni sprezzante, ma da sempre dominata dall' ansia di prestazione nei riguardi dei bianchi. E che è malvista - proprio per la sudditanza ai valori wasp – dai neri poveri (che sono più della metà di tutti i poveri negli Stati Uniti), e con sospetto dagli altri gruppi etnici. Parliamo, insomma, di un presidente sostanzialmente privo di qualsiasi legittimità elettorale e sociale. Fermo restando, che le stesse tesi, valgono, con alcune varianti biografiche e sociali, anche per McCain. Dal momento che entrambi i candidati pescavano nella stessa ristretta pozzanghera elettorale.
Il problema della democrazia americana è strutturale e riguarda l'assenza di una qualsiasi forma di legittimazione popolare. Il governo concerne un ristrettissimo gruppo di potere economico e militare (si pensi alla scelta pro-Obama del generale Powell, ritiratosi ma sempre potente), che di volta in volta coopta i prescelti su basi fiduciarie. E questa volta è stato il turno di Obama. Poi "venduto" elettoralmente dai superpagati maghi della pubblipolitica a una minoranza di votanti (per alcuni gonzi), cronicamente "affamati" di telenovelas elettorali, come l' eroe senza macchia e senza paura. Chi si contenta gode.
Perciò non crediamo in alcuna svolta. Anche perché proprio l’enorme quantità di finanziamenti elettorali di cui ha goduto Barack Obama - che sembra non abbia eguali - non depone a favore di una presidenza al di sopra delle parti. O se si preferisce di un "Government of the People, by the People, for the People".