Europa: al peggio non c'è limite
di Mario Porrini - 09/07/2025
Fonte: Italicum
Quando in determinate situazioni, si è convinti di aver raggiunto il punto più basso, molto spesso capita che la condizione peggiori ulteriormente perché ci si deve sempre ricordare che alla malasorte non si deve porre alcun limite. A proposito di Europa e della sua inconsistenza politica, si era pensato che con la guerra in Ucraina ed il conseguente totale appiattimento dei paesi del Vecchio Continente sulle posizioni di Washington si fosse raggiunto il fondo. Le autolesionistiche sanzioni applicate alla Russia su imposizione dell’Amministrazione Biden, ne avevano certificato in maniera definitiva la condizione di remota quanto insignificante provincia del grande impero americano. Insomma la condizione peggiore per delle nazioni che per secoli erano state il centro politico, economico e culturale del mondo intero. Con l’elezione di Trump, la politica estera americana ha mutato decisamente rotta e nel giro di pochi giorni gli Stati Uniti hanno riallacciato le relazioni diplomatiche con la Russia e abbandonato al proprio destino l’Ucraina. I leader dei paesi europei che, obtorto collo, avevano dovuto eseguire gli ordini provenienti da Washington, si sono sentiti traditi dal voltafaccia di Trump, ma ciò che ha scatenato il panico sono stati l’annuncio del neoeletto presidente americano di voler introdurre i dazi sulle merci provenienti dai paesi Ue e di ridurre in maniera drastica l’impegno militare statunitense in Europa, sostenendo come fosse obbligo degli europei di difendersi da soli. A parole, le prese di posizione delle cancellerie del Vecchio Continente sono state durissime e da più parti si è invocato la costituzione, in tempi brevi, di un esercito europeo e l’adozione di misure di ritorsione nei confronti di prodotti provenienti dagli USA. Questa levata di scudi contro un paese che fino ad ora si era comportato da padrone, pretendendo un’obbedienza totale ed indiscussa, a qualcuno aveva fatto nascere la speranza che gli europei si potessero finalmente affrancare da una soggezione che dura da ottant’anni. Purtroppo l’illusione è durata lo spazio di un mattino.
Al recente vertice NATO i paesi aderenti, hanno votato compatti l’aumento delle spese militari portandole al 5% del PIL, esattamente come voleva Trump. La Spagna è l’unica che ha avuto il coraggio di rifiutare, facendo infuriare il presidente americano che ha minacciato Madrid di far pagare il doppio dei dazi. Per il resto, sottomissione totale confermata dal tenore del messaggio privato inviato a Trump e da questi reso pubblico, del Segretario Generale della NATO, l’olandese Mark Rutte che recitava: “Non è stato facile ma li abbiamo fatti firmare … l’Europa pagherà in Grande misura, come dovrebbe e sarà una tua vittoria”. Crediamo che superare un tale livello di servilismo rappresenti impresa ardua.
Attraverso questo voto che accoglie in pieno quanto richiesto da Trump, i leader europei pensano ingenuamente di spingere il presidente americano ad ammorbidire le sue posizioni riguardo i dazi, senza rendersi minimamente conto di quanto sia debole la posizione dell’Europa. Questa debolezza emerge dal diverso trattamento riservatole rispetto ad altre nazioni. A differenza di molti partner commerciali degli Stati Uniti, come ad esempio la Cina, i dazi nei confronti di merci provenienti dai paesi Ue non sono stati sospesi mentre, malgrado le ripetute minacce, l’Europa non ha ancora applicato alcuna misura di ritorsione. Si spera soltanto di limitare i danni come si evince dalla dichiarazione di Macron, il quale spiega come “la migliore situazione sarebbe a dazi zero ma se dovrà essere al 10% così sarà. All’inizio si era parlato del 25%, la riduzione al 10% diventa quasi un successo!”
Dicevamo come la speranza che Trump torni sui suoi passi si riveli vana. L’esplosiva situazione dei conti pubblici, l’enorme debito federale, il gigantesco costo degli interessi passivi, l’indebolimento del dollaro hanno costretto Washington ad azzerare l’impegno finanziario in Ucraina e tagliare le spese NATO, accollando tutto ai “volenterosi” paesi europei. Questi tagli non sono però sufficienti ed è per questo che difficilmente il presidente americano cambierà idea sull’applicazione dei dazi che rappresentavano un provvedimento di vitale importanza per le entrate federali, oltre a consentire al dollaro di conservare il carattere di valuta di riserva internazionale. Quella di penalizzare i paesi europei si rivela come la via più percorribile e quella meno irta di ostacoli. Innanzitutto perché il surplus commerciale europeo è superiore a quello di qualsiasi altra area mondiale; le merci sono quelle che possono essere sostituite con maggior facilità da prodotti americani e da ultimo ma non meno importate, gli europei, seguendo le indicazioni/ordini di Washington, hanno manifestato una dura e crescente ostilità nei confronti di Russia e Cina, precludendosi in tal modo la possibilità di trovare sbocchi commerciali alternativi. Ricordiamo sempre che tra le conseguenze delle sanzioni imposte a Mosca, le più sanguinose dal punto di vista economico, riguardano i costi degli approvvigionamenti energetici, essendo le forniture americane molto ma molto più costose di quelle russe ma, come si dice,“chi è causa del suo mal, pianga se stesso!”
Per quanto riguarda le conseguenze per l’Italia, in alcuni settori le ripercussioni saranno pesantissime, come nel comparto della meccanica o per le aziende vinicole il cui export verso gli USA si aggira intorno al 24% del totale. Sono comunque a rischio 27 mila posti di lavoro con una riduzione di esportazioni del 4.3% per un valore di circa 2.9 miliardi di euro. Le imprese europee, per continuare ad essere competitive sul mercato statunitense, dovranno ridurre i margini di guadagno oppure abbassare i costi, vedi retribuzioni dei dipendenti.
La decisione dei 32 Paesi alleati della Nato di armarsi fino ai denti portando le spese militari al 5% del Pil, aveva bisogno di un alibi, lo stesso addotto da Ursula von der Leyen - scavalcando peraltro il Parlamento - per approvare un piano di riarmo europeo da 800 miliardi di euro: la minaccia russa. Nonostante ci venga raccontato come la Russia sia in caduta libera, militarmente ed economicamente, gli alleati si dichiarano “uniti di fronte a profonde minacce e sfide alla sicurezza, in particolare la minaccia a lungo termine rappresentata da Mosca per la sicurezza euro-atlantica e la persistente minaccia del terrorismo”. Tutto ciò, proprio nel momento in cui Putin dichiara la sua intenzione di riduzione delle spese militari, ma naturalmente questo annuncio è subito stato bollato come mera propaganda.
La corsa al riarmo è partita ed ancora quel pagliaccio assurto alla carica di Segretario Generale della NATO, Rutte, ha dichiarato che “si tratta di una decisione dura ma i politici dovranno trovare i soldi”. Certamente dovranno trovare i soldi ma per combattere servono soprattutto i soldati e vanno trovati anche questi! Gli alti papaveri dell’Alleanza Atlantica si dicono certi che gli europei sono pronti a soffrire e morire ma siamo proprio sicuri di questo? Nei giorni scorsi, l’agenzia ANSA, riprendendo un articolo del QN, ci informava che secondo un sondaggio dell’Istituto Piepoli, commissionato dal ministero della Difesa, quasi un italiano su due si è dichiarato pronto ad arruolarsi in caso di necessità. Questa gente crede ormai di poter sparare le panzane più grosse convinti che gli italiani ci credano!
Secondo il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, Carmine Masiello soltanto in Italia, mancano 40/45 mila soldati. I militari dell’Esercito sono circa 90 mila di cui solo 60 mila operativi. Anche l’Aeronautica soffre per la carenza di personale, in particolare nel settore della manutenzione degli aeromobili, mentre la Marina non riesce a fare turnazione degli equipaggi imbarcati per carenza di uomini. Da qualche anno perfino le domande di accesso alle accademie militari registrano una inversione di tendenza significativa. Per i prossimi anni, l’Italia si prefigge di rafforzare gli organici delle Forze Armate attraverso l’arruolamento di 40 mila tra soldati e soldatesse in più ma anche di predisporre una riserva di almeno 10 mila ex militari, freschi di addestramento da rimettere velocemente in linea. Obiettivo non facile da raggiungere ma questa situazione non deve certamente sorprendere. Dopo decenni duranti i quali la cosiddetta “Intellighenzia di sinistra” ha denigrato in tutti i modi i militari, coprendoli di insulti in ogni occasione, oppure si è indignata per il grido “Decima” urlato dagli incursori della Marina durante la sfilata del 2 Giugno, cosa vogliamo aspettarci? Valori quali dignità, coraggio, onore sono stati apertamente demonizzati ed il patriottismo, identificato con il fascismo, criminalizzato. Già dai tempi della leva, si incoraggiavano i ragazzi a scegliere il servizio civile, sostenendo come l’anno di militare fosse inutile oltre che diseducativo ed allora non possiamo stupirci della situazione odierna dove si rifugge la divisa. Le sole battaglie che i giovani vogliono combattere sono quelle per lo svolgimento del “Gay Pride” perché sono le uniche che non lasciano morti o feriti. Per ottant’anni si è irriso alla Patria, ed a quelli che si dichiaravano pronti a morire per Essa ed oggi si pretende che ci si immoli per L’Europa?
L’Italia non è la sola a trovarsi in questa situazione, Francia, Germania e Gran Bretagna hanno gli stessi problemi con numeri molto simili ai nostri. Questa carenza di uomini è certamente nota a questi personaggi legati alla finanza globalista che spingono per il riarmo, ma non se ne curano. A loro non interessa se si troverà personale a sufficienza in grado di manovrare mezzi corazzati o di operare su di un sistema missilistico, quello che conta è che si spendano miliardi in armamenti. Se poi, si riuscisse a far scoppiare un’altra guerra, tanto meglio. I leader europei che, di fatto, si comportano come dei lacchè al servizio delle multinazionali e tra i questi è inclusa di diritto Giorgia Meloni, si mostrano disposti distruggere quel poco che rimane dello stato sociale alimentando lo scontro inter-europeo con la Russia per acquistare armi prodotte da industrie americana o europee in cui è presente un forte azionariato statunitense. Questa corsa al riarmo rappresenta una vera e propria follia ed i popoli europei ne pagheranno le conseguenze.
Ci si era illusi che l’Europa avesse toccato il fondo del barile, in realtà sta precipitando in un pozzo senza fine!