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Le libertà di Internet dopo l'aggressione a Berlusconi

di Claudio Moffa - 15/12/2009

Fonte: 21e33.it

DOPO L'ATTENTATO A BERLUSCONI IL “POPOLO DI INTERNET”  E LE SUE LIBERTA':
E' L'ORA DELL'AUTOCOSCIENZA E DELLA TRASPARENZA

 

Prevedibile l'attentato di Milano, dopo il clima di “odio preventivo” alimentato dal partito trasversale golpista contro il governo e il Presidente del Consiglio. Prevedibile la reazione del ministro Maroni che dichiara di voler oscurare i siti che quest'odio seminano quotidianamente e a tutto campo. Il problema è però stabilire i confini dell' “odio” , che non possono essere che quelli indicati dal Codice penale, al quale nessun “popolo di internet” (e nessun governo) può né deve sfuggire.

Per il governo di centrodestra il rischio è tornare indietro rispetto alla legge 85/2006 (per il testo della legge vai sul sito 21e33.it) da esso stesso varata, che ha depenalizzato o ridotto significativamente le sanzioni per tutta una serie di reati di opinione e “vilipendi” ereditati dalle precedenti legislazioni e, in alcuni casi, addirittura dal codice Rocco. E ci sarà, questo è sicuro, qualche “potere forte” che approfitterà dell'attentato di Milano di cui esso stesso potrebbe aver gioito e beneficiato, per trascinare il centrodestra in questa direzione, vale a dire l'imbavagliamento a tutto campo, del libero dissenso in rete.

Per il cosiddetto “popolo di internet” (che non esiste, perché internet è campo di azione di tantissimi cittadini onesti dalle diversissime opinioni, ma anche di criminali che nascosti quasi sempre nell'anonimato, e facendo leva su una strumentale “libertà di opinione” diffamano, istigano a delinquere e esaltano gesti criminali), il rischio è l'arroccamento sullo status quo, che è assolutamente insostenibile, inaccettabile ed è anzi l'altra faccia, speculare, delle minacce liberticide contro la libertà di opinione in rete. Per il cosiddetto “popolo di internet”, insomma, è sempre più urgente un'operazione di autocoscienza che divida ciò che è lecito, giusto e va difeso, e ciò che è inaccettabile .
E dunque:

1) Al di là delle difficoltà tecnico procedurali da risolvere, i siti web non possono sfuggire a quanto previsto dai codici penale e civile: la battaglia per la libertà di opinione va condotta, in ogni paese, su questo terreno e non rivendicando una “libertà” senza limiti e senza regole in rete, che pretende di mescolare, per fare alcuni esempi limite, pedofilia e pornografia, revisionismo storiografico e razzismo, critica radicale e diffamazione, polemica politica e istigazione a delinquere o addirittura minacce di aggressione e di morte.

2) Il vero pericolo per internet – come tutti i veri dissidenti sanno – non viene affatto da una sacrosanta regolazione del fenomeno da parte di quale che sia governo, ma dai grandi gruppi privati che esercitano – secondo una sorta di “diritto feudale” – una loro arbitraria e illegittima “giustizia privata”: forme di ricatto indiretto, improvviso oscuramento di pagine web non gradite ma assolutamente lecite in base alla legislazione del paese in cui vengono redatte, atti di “hackerismo” “dall'alto” che trasformano il presunto automatismo di server e provider in vera e propria politica di repressione e di diminutio delle “voci fuori dal coro”. La chiusura nemmeno annunciata da parte di Facebook di diversi siti che si occupano di Medio Oriente è uno dei tanti esempi possibili, che quanto meno induce all'autocensura chi volesse riaffacciarsi, post censura subita, su questa piattaforma frutto di una geniale invenzione di Zuckerman & C.. I governi non solo hanno il diritto di applicare a internet i codici vigenti nei paesi di cui sono alla guida (e se tali codici sono illiberali, su questo terreno va combattuta la battaglia), ma devono imporre ai grandi gruppi privati transnazionali – esattamente come si sta tentando di fare con i “paradisi fiscali” sul terreno finanziario - il rispetto della libertà di opinione e, peraltro, il rispetto della stessa autorità giudiziaria che sola, sulla base di leggi varate dall'autonomo potere legislativo, ha facoltà di distinguere fra quel che è dissenso politico, ideologico, storiografico e quel che è reato. E' da notare al proposito che lo stesso Facebook che chiude siti invisi al signor Zuckerman, fa circolare spesso in forma anonima diffamazioni, istigazioni a, o esaltazioni di, gesti criminali.

3) Nella rete bisogna promuovere la trasparenza: bisogna insomma applicare anche a internet le leggi sulla stampa , possibilmente abbassando l'età richiesta per la responsabilità legale di siti e pagine web, in modo da favorire il pieno uso della rete da parte dei più giovani. Comunque ogni sito deve avere un responsabile ai sensi della legge sulla stampa . Se questa fosse in un determinato paese troppo restrittiva, è su questo terreno che va combattuta la battaglia per la sua liberalizzazione. Terreno che in Italia è comunque ampiamente praticabile da tutti.

4) I commenti anonimi vanno aboliti o quanto meno scoraggiati e ridotti al minimo. Chi accettasse dentro il suo sito ospiti anonimi – i cui “commenti” consistono spesso in frasette e battute demenziali, che sviliscono l'autorevolezza e la professionalità dello stesso sito - deve assumersene la responsabilità. La locuzione “non siamo responsabili …” è una affermazione forse valida nella giungla di Tarzan, ma senza senso e offensiva in un paese civile. Alle volte peraltro, alcuni siti utilizzano i commenti anonimi come una forma di riequilibrio e di compromesso per ospiti “troppo” fuori del coro, che abbandonano al linciaggio gratuito di gruppi organizzati, forse prezzolati da poteri forti, comunque pericolosi e ostativi per la vera libertà di opinione in rete.
La deriva che si è sviluppata su questo specifico terreno dell'anonimato in internet è molto pericolosa: le minacce di morte contro Berlusconi sono circolate a migliaia proprio grazie a questo meccanismo terroristico. Ma la domanda è questa: se anziché di “migliaia” di persone, si trattasse di gruppi molto più piccoli e agguerriti che utilizzano più nicknames per diventare virtuale “maggioranza” su internet, e dunque così facendo creare progressivamente una effettiva maggioranza nelle piazze? Questo è il punto, questo è l'aspetto assolutamente negativo di uno strumento - internet – che resta un formidabile strumento di libertà e di liberazione per tutti i cittadini. Scrollarsi di dosso la pidocchieria anonima è passo necessario e consustanziale alla difesa della vera libertà in rete: non sarebbe male, ed anzi sarebbe auspicabile che l'autorità giudiziaria incaricasse la Polizia postale di svolgere accurate e sistematiche indagini per individuare chi si nasconde vigliaccamente nell'anonimato non per difendere la propria libertà (non siamo nel Cile di Pinochet!) ma per aggredire quella degli altri, parlamentari di opposizione e di governo compresi.