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Immigrazione: la sinistra muore liberale

di Tonino Fabbri - 11/04/2010



 

I clandestini devono essere espulsi anche se hanno figli che vanno a scuola in Italia. Questa recente decisione della Corte di Cassazione offre nuovi spunti al dibattito sulla presenza degli immigrati in Italia.

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Sull'immigrazione, com'è noto, in Italia esistono una serie di posizioni politiche variegate  fino agli estremi. Secondo la Lega gli immigrati in generale dovrebbero essere tutti espulsi dal nostro paese, salvo quei pochissimi che servirebbero a far funzionare l'industria italiana in aggiunta, e non in sostituzione, al personale italiano. Secondo la Lega infatti gli immigrati sottrarrebbero posti di lavoro agli italiani; solo una minima parte di lavoratori immigrati sarebbero necessari all'industria italiana e questi dovrebbero arrivare in Italia per il tempo necessario a lavorare per poi tornarsene “a casa loro” in modo che noi italiani si possa essere “padroni a casa nostra!”. Questa concezione leghista, è inutile nasconderlo, è piuttosto diffusa anche tra coloro che non votano la Lega e che non risiedono a Nord. I fatti di Rosarno lo dimostrano.

 

Diversa radicalmente dalle concezioni leghiste è la posizione della Chiesa cattolica. Quella della Chiesa è una posizione importante perché dalla teologia si degenera facilmente nella politica. Il messaggio della Chiesa, espresso dalle sue gerarchie, è semplice: “I vescovi, si ispirano in primo luogo al contenuto della fede cristiana ma ritengono pure di interpretare il pensiero sull’immigrazione dell’intera comunità dei fedeli e, in particolare, quella degli operatori pastorali impegnati nel settore. Le sensibilità possono essere differenziate, così come lo sono le scelte politiche, però rimane identico per tutti l’ancoraggio ai valori della convivenza fondati sul vangelo di Gesù Cristo e ribaditi dalla dottrina sociale della chiesa, ai quali tutti i cattolici devono attenersi Non va, poi, trascurato il grande insegnamento del Concilio Vaticano II secondo il quale, specialmente sulle grandi questioni, i vescovi, la Migrantes, la Caritas, gli operatori pastorali – insomma, la chiesa nel suo complesso – devono restare in ascolto della società, delle sue preoccupazioni e delle sue aspettative, cercando di costruire insieme a tutte le persone di buona volontà una convivenza più solidale. È proprio in forza di questa capacità di ascolto che alla chiesa viene riservato un grande credito, anche sul tema dell’immigrazione, credito che è nostra cura rafforzare tramite orientamenti e comportamenti ispirati congiuntamente alla prudenza, al coraggio e all’apertura”.

I vescovi chiedono iniziative politiche per realizzare un “pacchetto integrazione” da aggiungersi al “pacchetto sicurezza” del Governo. Secondo la Caritas nonostante che “quando si parla degli immigrati residenti, le indagini indicano che 6 italiani su 10 considerano gli stranieri più inclini a delinquere degli italiani”, occorre accettare gli immigrati, più disponibili a lavorare degli italiani, ponendosi gli obiettivi di: a) rendere più agevoli i meccanismi di inserimento dei lavoratori immigrati nel nostro mercato occupazionale; b) eliminare le discriminazione nei loro confronti (qualifiche, trattamento retributivo e altri benefici contrattuali), incentivarne la formazione professionale e garantire pari opportunità; c) promuovere l’imprenditorialità degli immigrati non solo nella fase iniziale ma anche in quella successiva, nella quale gli immigrati come gli italiani possono incontrare delle difficoltà.

Vicina per alcuni aspetti alla posizione della Chiesa si colloca la sinistra italiana, rappresentata in modo radicale dall'attuale formazione Sinistra Ecologia e Libertà. Con i termini tipici del vecchio Pci la sinistra sostiene posizioni politiche sintetizzate da affermazioni perentorie secondo le quali occorre “ricostruire un’idea del mondo, ridare un’anima alla politica nel nostro Paese, macchiato da troppe leggi parafasciste sul tema dell’immigrazione”. L'autore di questa affermazione è Nichi Vendola, portavoce nazionale di Sinistra Ecologia Libertà ed è stata fatta in occasione del recente sciopero degli immigrati il primo marzo 2010. Secondo Vendola gli immigrati avrebbero fatto bene a fare un “primo marzo di lotta e di impegno” perché essi contribuirebbero al benessere degli italiani “sostenendo i nostri cari anziani o malati”, e poi sarebbero costretti a “vivere negli anfratti di un’arida concessione nostrana di permessi, o nella misera clandestinità”. Secondo la generale concezione della sinistra italiana gli immigrati dovrebbero avere le porte aperte per accedere al nostro paese perché costretti a fuggire da Paesi nei quali non si hanno sicurezze minime relativamente ai diritti umani mentre nel nostro paese potrebbero essere inseriti in numerosi settori produttivi nei quali gli italiani non vorrebbero essere impiegati.

 

 Tutte le posizioni politiche dette sopra sono legittime. La critica rabbiosa di Claudio Moffa alla sinistra è anch'essa legittima; tuttavia Moffa non può avere, secondo il mio giudizio, la pretesa di lamentarsi della scelta di “suicidarsi” della sinistra sui temi dell'immigrazione. Se sull'immigrazione la sinistra muore, o si suicida, è un problema della sinistra. Al di là del linguaggio veterocomunista, non è difficile osservare che la posizione della sinistra sulla questione dell'immigrazione ha, come conseguenza, la richiesta di politiche aderenti a una linea economico-liberale. Il liberalismo rigoroso dovrebbe vedere nelle correnti migratorie la realizzazione del libero mercato della risorse umane. Ogni individuo si sposta nel luogo nel quale più facilmente trova il lavoro che egli ritiene adeguato a sé, contrattando liberamente il salario che ritiene soddisfacente alle proprie esigenze data la libera domanda di lavoro disponibile (in termini economici la domanda di lavoro è la richiesta delle aziende di lavoro; l'offerta di lavoro è invece la disponibilità di singoli individui a lavorare; nel linguaggio corrente le definizioni sono invertire: le aziende “offrono” lavoro, gli individui “domandano” lavoro). In tutti i casi, la presenza del libero mercato non mette in discussione i diritti individuali del singolo che sono i diritti sanciti dalla carta dei diritti dell'uomo.

Un aspetto più interessante della complessa questione dell'immigrazione è relativo agli effetti che le alternative di governo degli ultimi venti anni hanno prodotto sugli immigrati. Questi ultimi, indipendentemente dalle posizioni politiche, subiscono un effetto tragicomico, fantozziano. Durante i governi di centrosinistra l'immigrazione ha trovato una maggiore accoglienza e disponibilità;  quando la destra ha governato il fenomeno ha subito una maggiore repressione. Dal punto di vista degli immigrati quindi prima si è avuto un accesso più libero con la conseguenza che, economicamente, è aumentata l'offerta di lavoro. Questo aumento dell'offerta di lavoro ha favorito la possibilità di comprimere il costo del lavoro. Quando ha governato la destra, alla diminuzione delle retribuzioni per un eccesso di offerta si è aggiunta la necessità di lavorare in nero, con la riduzione dei diritti e dei salari. Insomma destra e sinistra fanno, insieme, un ottimo servizio alle imprese (che “domandano” il lavoro) e un pessimo servizio agli immigrati (che “offrono” il lavoro) e agli operai italiani concorrenti degli immigrati: la sinistra con il suo ingenuo e suicida liberalismo, la destra con il suo cinico e consapevole modo di produzione per sopraffazione.

In conclusione non si può dire se la politica della sinistra o quella della destra sull'immigrazione siano una preferibile e l'altra no; certamente per gli immigrati in entrambi i casi, anche se per ragioni diverse, gli effetti sono gli stessi: duro lavoro e pessima qualità della vita. Le differenze si hanno nelle questioni elettorali, dove, finora, le legittime scelte politiche della sinistra sono state punite dall'elettorato.