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Tv del dolore. Come ti dissocio dalla realtà

di Graziella Balestrieri - 18/10/2010



C’è la nuova ferocia che consiste nei nuovi strumenti del potere, una ferocia così ambigua, inaffabile abile, da far sì che ben poco di buono resti in ciò che cade sotto la sfera , non considero niente di più feroce della banalissima tv..ho paura che la sua mediazione finirà per essere tutto , la televisione è un mezzo di massa non può che mercificarci ed alienarci

Pier Paolo Pasolini

Schadenfreude, il piacere provocato dalla sfortuna degli altri questo accomuna gli italiani. Gente divenuta schiava di una tv  feroce che in questa settimana li ha ammaestrati per bene, come sempre. Un pellegrinaggio nel paese dell’orrido, Avetrana. Una ragazzina uccisa e violentata nella vita e dopo la morte. Psichiatri, giornalisti , opinionisti, criminali in tv. Nessuno di loro a dire: fermatevi.  L’unica domanda posta è:  giusto dare una notizia?

Informare non è calpestare sentimenti, tragedie e di nuovo un cadavere. La notizia è divenuta spettacolo, la morte un baraccone che non spegne la luce. Lo spettacolo porta lo share, lo share è guadagno. La morte che ruota intorno ai soldi. Da ieri famiglie che coinvolgono anche bambini ad un pellegrinaggio assurdo verso i luoghi dell’accaduto. Come trascorrere una domenica?  Andiamo ad Avetrana,  portiamo un fiore, vediamo il garage, casomai un’intervista scappa sempre. E le tv che imperterrite continuo al gioco del massacro. Porta a Porta, Matrix, Buona Domenica, Quarto grado, etc etc nessuno escluso. Uno spettacolo che dovrebbe indignare un popolo ma che così non è. Anzi il popolo segue come un cannibale qualsiasi cosa la tv possa proporre. Uno scenario indegno, non è informazione mostrare come se niente fosse il dolore dei genitori, attaccarsi dietro le tapparelle per vedere un segnale di dolore. E li vedi tutti li con il microfono in mano davanti casa che dicono “non sappiamo, ancora non è certo niente, tra poco sapremo qualcosa, ecco ecco la mamma ha acceso la luce”. La morbosità non è un mestiere. Ed anche il giudizio diventa barbaro: come ha potuto la madre restare immobile alla notizia della morte della figlia?

Non sarebbe meglio chiedersi come ha potuto chi doveva dare una notizia del genere farlo in diretta e tramite un telefonino?  La comunicazione del nuovo millennio ha fatto sì che tra gli umani non esista più la sensibilità. Si contano i muscoli facciali per capire se hanno detto verità o meno. Hanno contato 27 muscoli facciali del mostro che si muovevano anziché 35. Primi piani morbosi, ripetizioni continue di pianti e sguardi. La cosa più atroce è che gli stessi opinionisti gli stessi conduttori gli stessi giornalisti si danno forza da soli come se fossero gladiatori e il loro inno di incitamento è “l’informazione non si può fermare, noi siamo vicini alle famiglie, ma l’Italia ha bisogno di sapere la verità “. Bruno Vespa ancora non ha montato il plastico, ma tra un po’ verrà fuori, il garage, il porticato e siamo sicuri che già sta pensando a come rendere reali  gli alberi ed il pozzo. E non è solo Avetrana. Ogni  dolore in Italia è spettacolo. Anche i ragazzi morti in Afghanistan. Due sere fa lo scrittore Antonio Scurati così commentava «è autentico il nostro dolore per i quattro militari caduti in Afganistan, siamo veramente una comunità nazionale in lutto? La mia risposta per quanto possa tornare sgradevole è no.  Certo i segni del lutto sono tutti intorno a noi ma sono segni esteriori. Tutti i conduttori dei programmi televisivi, anche dei più fatui si fanno in DOVERE di omaggiare la memoria dei caduti, poi tornano a dibattere di sciocchezze. Tutti noi ci fermiamo per un solo istante a vedere le immagini dei funerali, poi giriamo la testa , affrettiamo il passo perché siamo in ritardo per la colazione. La nostra risposta a queste notizie è modellata sulla passività del telespettatore.  Applaudiamo alle bare ma sostanzialmente rimaniamo inerti nei nostri sofà , senza renderci conto che l’Italia è in guerra».

Siamo solo abituati a cambiare canale. Come se quello che accade anche se lontano, ci riguardasse ma solo un istante e quell’istante quando non ci basta si trasforma in morbosità. Tutti rammaricati per un delitto commesso da un mostro, tutti morbosamente dispiaciuti, tutti pronti a girare canale appena ci sarà una notizia peggiore di quella passata a cui affezionarsi. E gli stessi poi che si indignano , che vanno in pellegrinaggio che provano un finto dolore che una finta tv gli ha trasmesso, magari potrebbero essere  gli stessi che a Roma in pieno giorno hanno lasciato una donna per terra senza alzare un dito. Un popolo dissociato. Gente che si è trasformata in  un canale, gli italiani hanno sempre bisogno che qualcuno prema il telecomando. Non reagiscono ad altro se non a quello che la televisione propone. La tv ha reso gli italiani un popolo irreale, incapace di distinguere vita o morte. Per quello oramai ci pensa il telecomando. Spegni e accendi. Lo spettacolo si ferma, lo spettacolo deve continuare.