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Le 7 caratteristiche negative del sapere

di Alessio Suran - 24/06/2011


Nei suoi scritti mostra come la cosiddetta rivoluzione verde "era volutamente destinata all’introduzione della monocoltura e alla distruzione della ‘diversità. Voleva realizzare il controllo centralizzato dell’agricoltura e impedire la possibilità di decisioni decentrate in materia di scelte sui raccolti agricoli. L’uniformità e la centralizzazione sono alla base della vulnerabilità e della rottura ecologica e sociale".

 

Per Vandana Shiva queste pratiche riflettono una ecocolonizzazione occidentale del Terzo Mondo, a livello culturale ed economico, rilevando come siano i sistemi occidentali di conoscenza a non conoscere alternative. Inoltre, rileva Vandana Shiva "la dicotomia locale/universale è mal posta se applicata alle tradizioni indigene e occidentali del sapere, perché il sapere occidentale è una tradizione locale che si è diffusa nel mondo con la colonizzazione intellettuale.

 

L’universale si diffonde come sistema aperto. Il locale globalizzato si diffonde invece con la violenza e l’inganno Il primo livello di violenza che si riversa sui saperi locali è quello di non riconoscerli come tali".

 

Vandana Shiva denuncia 7 caratteristiche negative del sapere per la sopravvivenza del pianeta:

 

1. E’ profondamente imbevuto di economicismo, e pertanto è insensibile ai bisogni umani. Il 90% di questo sapere potrebbe andare distrutto. Al contrario, dato che larga parte di questa conoscenza è fonte di rischio e minaccia per la vita umana (Bhopal, Chernobyl, Sandoz), la sua fine migliorerebbe le possibilità di benessere umano;

 

2. Le implicazioni politiche del sapere dominante non garantiscono né l’eguaglianza né la giustizia. Esso rompe la coesione delle comunità locali e divide le società tra quelle che hanno accesso al sapere e al potere, e quelle che non ce l'hanno;

 

3. Essendo frammentato e destinato all’obsolescenza, il sapere separa la saggezza dal sapere e ne fa a meno;

 

4. E’ un sapere intrinsecamente colonizzante e mistificatorio, e nasconde la colonizzazione sotto la mistificazione;

 

5.Rifugge dalla concretezza, svalutando i saperi concreti e locali;

 

6. Impedisce la partecipazione a una pluralità di soggetti;

 

7. Trascura moltissimi percorsi per conoscere la natura e l’universo: è una “monocoltura della mente".

 

Due organizzazioni ambientaliste, Biothai e Pesticide Action Network-Asia&pacific denunciano che la Monsanto ("Inpact" - Associazione innovativa per i cambiamenti tecnologici in agricoltura - nel nord est della Tailandia) spinge i contadini ad utilizzare pesticidi e tecnologie Monsanto,proponendo programmi di formazione che incoraggiano tecnologie per il livellamento dei terreni, dissodamento, raccolta, battitura, uso dei trattori, di erbicidi, di sementi prodotti con le biotecnologie.

 

Il progetto sviluppa la coltivazione del riso e crea il mercato in Thailandia per i pesticidi e per le sementi ibride o geneticamente modificate Monsanto, che è responsabile della massiccia introduzione nel Terzo Mondo di sementi geneticamente modificate da abbinare al suo erbicida "Round Up", nonché della tecnologia "Terminator" con cui rende sterili i semi che vende ai contadini,obbligandoli a ricomprarli dopo ogni ciclo di semina e raccolto.

 

VANDANA SHIVA, indiana, dirige la Fondazione per la scienza, la tecnologia e l’ecologia. E’ fra i membri del Third World Network, TWN rete internazionale specializzata in sviluppo e relazioni Nord-Sud con sede a Penang, Malesia twn@igc.apc.org. Il TWN pubblica il bollettino in inglese e spagnolo "Third World Resurgence" sulle questioni dello sviluppo e la rivista "Third World Economics".

 

Due scritti di Vandana Shiva per il TWN sono stati inclusi fra alcuni dei suoi saggi raccolti e tradotti in italiano da Bollati Boringhieri nel 1995 "Monocolture della mente – Biodiversità, biotecnologia e agricoltura ‘scientifica’". Vandana Shiva ha un’esperienza diretta della resistenza delle contadine alle monocolture a partire dalla partecipazione al movimento Chipko che nel Garhwa (Himalaya) si è opposto in modo nonviolento alla monocoltura del pino.

 

traduzione di  Alessio Suran