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Messaggio di Mosca agli USA: “Giù le mani” dal Medio Oriente e dall’Africa

di Stephen Lendman - 06/02/2013


12242La Conferenza sulla sicurezza di Monaco di Baviera si svolge ogni anno. Quest’anno ricorre la 49.ma sessione. Decine di Paesi e centinaia di leader mondiali vi partecipano, tra cui capi di Stato, ministri degli esteri e della difesa, così come altre figure di alto livello. L’impegno attivo è prioritario. Le minacce alla sicurezza attuali e future vengono discusse.
Nel 2007, il Presidente russo Vladimir Putin conquistò la scena, senza risparmiare tirate. Criticò aspramente la politica estera degli Stati Uniti, definendola: “Molto pericolosa (per il suo) incontenibile e ipertrofico uso della forza, forza militare. Nelle relazioni internazionali, la forza sta spingendo il mondo nell’abisso dei conflitti permanenti”. L’imperialismo degli Stati Uniti,  sottolineò, “ha oltrepassato i propri confini nazionali in tutti i sensi. Le azioni unilaterali illegali non hanno risolto nessun problema, divenendo focolaio di ulteriori conflitti. Assistiamo a un sempre più crescente disprezzo per i principi fondamentali del diritto internazionale…. Nessuno si sente al sicuro! Perché nessuno può ritiene che il diritto internazionale sia il muro di pietra che li proteggerà. Naturalmente, una tale politica stimola la corsa agli armamenti. Il dominio della forza incoraggia inevitabilmente una serie di Paesi ad acquisire armi di distruzione di massa.” Putin si era anche rivolto al “mondo unipolare”, definendolo quello “in cui c’è un solo padrone, un solo sovrano. E alla fine, ciò è svantaggioso non solo per tutti quelli dentro questo sistema, ma anche per il governante stesso, perché si distrugge dall’interno.” Aggiunse che “Ci danno costantemente lezioni di democrazia. Ma per qualche ragione, gli stessi che lo fanno, non vogliono impararle.” Gli USA deplorano la democrazia in patria e all’estero. La sua priorità è il predominio incontrastato. Pretende che si faccia ciò che dice. La Russia sostiene la pace, non la guerra, favorendo la risoluzione diplomatica dei conflitti.
Il ministro degli Esteri Sergej Lavrov ha partecipato alla Conferenza di quest’anno. ITAR-TASS ha intitolato “Mosca invita l’occidente a non imporre i suoi valori ai popoli del Medio Oriente e dell’Africa.” Lavrov ha detto ai partecipanti: “Tutti aspiriamo alla stabilità e alle condizioni per lo sviluppo sostenibile nel Medio Oriente e in Africa, vogliamo che i popoli dei Paesi progrediscano verso la democrazia e il benessere, cosi come abbiano garanzie sui diritti umani, l’invio regolare di idrocarburi e di altre risorse vitali. Se questi sono i nostri obiettivi comuni, poi, si può convenire sulle regole trasparenti e chiare che dovrebbero essere utilizzate da tutti gli attori nelle loro azioni pratiche. Concordiamo a che tutti sostengano le riforme democratiche dei paesi in transizione, ma non ad imporre valori estranei, riconoscendo la varietà dei modelli di sviluppo. Che siano d’accordo nel sostenere la soluzione pacifica dei conflitti interni agli Stati e la fine delle violenze, mediante la condizione a un ampio dialogo cui partecipino tutti i gruppi politici nazionali. Bisogna che siano d’accordo nell’astenersi dalle interferenze esterne, in particolare con la forza e senza un chiaro mandato del Consiglio di sicurezza dell’ONU, e da eventuali sanzioni unilaterali. Dovremmo continuamente e con fermezza combattere l’estremismo e il terrorismo in tutte le sue forme, chiedendo l’osservazione dei diritti delle minoranze etniche e confessionali. L’approccio dei nostri omologhi occidentali causa molte perplessità. Supportano il cambiamento dei regimi per giustificare metodi terroristici? E’ possibile combattere in una situazione contro coloro che si supportano in un’altra?” Lavrov ha detto che le risposte alle domande chiave “dovrebbero essere trovare assieme, soprattutto riguardo agli obiettivi finali degli sforzi per risolvere le crisi nei Paesi della regione euro-atlantica, che hanno più aspetti unificanti piuttosto che differenze.” La Russia si oppone categoricamente all’uso della forza. Vuole che siano i siriani da soli a decidere chi li guidi. E non vogliono interferenze esterne. Supporta il diritto internazionale. In precedenza Lavrov espresse preoccupazione per l’aggressione israeliana contro la Siria, definendola “inaccettabile”.
Il ministro della Difesa israeliano Ehud Barak si è anch’egli rivolto ai partecipanti di Monaco di Baviera, ammettendo il coinvolgimento d’Israele, dicendo che “ciò che è successo in Siria qualche giorno fa (è) la prova che quando diciamo qualcosa, vuol dire che è vero…. e noi diciamo che non crediamo che dovrebbe essere consentito l’invio di armi avanzate in Libano.” Israele ha commesso una mera aggressione, che non aveva nulla a che fare con il traffico di armi. Israele non ha obiettivi chiari e potrebbe spingere la Siria al contrattacco. In questo modo si rischierebbe un’altra guerra, che potrebbe diventare regionale o globale. La storia dimostra che piccoli conflitti a volte diventano grandi. Il portavoce del Parlamento iraniano Ali Larijani ha avvertito Israele dicendo: “Il mondo sta assistendo a una vendetta dell’occidente, in particolare degli Stati Uniti, e di alcuni elementi arretrati della regione, contro la Resistenza.” Ha esortato i Paesi della regione a prendere le distanze da Israele, affermando che “il movimento del risveglio islamico nella regione avrebbe dato una risposta adeguata al regime sionista”. Il 3 febbraio, l’agenzia siriana SANA dichiarava: “L’aggressione israeliana rivela il ruolo di Israele nella destabilizzazione della Siria.” Assad ha risposto pubblicamente per la prima volta, dicendo che Israele ha agito in “collaborazione con potenze ostili.” La Siria è in grado di affrontare tali minacce, respingendo l’aggressione. La destabilizzazione della Siria è fallita e l’Iran le offre pieno supporto.
Il 2 febbraio, Konstantin Garibov de La Voce della Russia, intitolava “L’attacco aereo israeliano contro la Siria annuncia nuovi conflitti regionali”, dicendo: “Ciò comporta grandi rischi. Il ministero degli Esteri russo ha condannato l’attacco israeliano, definendolo “un attacco non provocato contro uno Stato sovrano.” La Siria ha dichiarato il diritto di rispondere. Il diritto internazionale consente la legittima autodifesa. Il politologo libanese Imad Rizk ha definito la tempistica dell’attacco “sintomatica”. “Netanyahu è tornato alla grande politica, formando un governo di coalizione e negoziando per strappare un vantaggio strategico. Sarà lui a trattare con il nuovo segretario di Stato di Washington. Sembra che l’attacco sia diventato la dichiarazione di guerra congiunta di Stati Uniti e Israele” contro la Siria. Vladimir Putin ha detto che “Israele continuerà a colpire servizi o forze che partecipano al conflitto siriano, che siano gruppi islamici o truppe leali a Bashar al-Assad. Posso prevedere che la crisi si aggraverà ed Israele potrebbe espandere la sua partecipazione a tali attacchi.” Israele teme presumibilmente gli estremisti islamici. Presumibilmente è preoccupata dai legami di Hamas con  Hezbollah.
L’analista Vladimir Sotnikov dell’Istituto di Studi Orientali dell’Accademia delle Scienze  Russa, crede che “sarebbe un incubo per Israele.” E’ probabile che sia ciò che Israele preferisce. Ha bisogno di nemici per giustificare la sua belligeranza. La pace, la calma e la stabilità sconfiggerebbero la sua agenda. Quando era ministro degli Esteri nel 1982, Yitzhak Shamir spiegò perché Israele attaccava il Libano. Esiste un “pericolo terribile”, disse, “non tanto militare, ma politico.” Il 6 giugno 1982, Israele invase il Libano. Gli scontri durarono quasi un anno. Venne fabbricata una false flag israeliana come pretesto. Arafat venne falsamente accusato dell’assassinio,  opera dei militanti di Abu Nidal, dell’ambasciatore israeliano nel Regno Unito, Shlomo Argov. Israele ebbe la guerra che cercava. Circa 18.000 palestinesi furono massacrati. Il sud del Libano rimase occupato fino al maggio 2000. Israele ancora detiene illegalmente le fattorie di Sheba. Si tratta di una zona di 14 miglia quadrate ricche d’acqua, presso il Golan siriano. Fu illegalmente occupata dal 1967, insieme a Ghajar, un villaggio sul confine libanese.
Sabra e Shatila restano i simboli della ferocia israeliana. All’epoca Ariel Sharon era ministro della difesa e ordinò il massacro. Lasciò che i fascisti falangisti facessero il lavoro sporco. Civili palestinesi furono massacrati a sangue freddo. Le donne violentate più volte prima di essere uccise. I bambini furono assassinati come gli adulti. Intere famiglie furono fucilate, pugnalate, bastonate a morte o sepolte, vive o morte, sotto le case. Alcuni furono torturati prima di morire, altri vennero decapitati. Dei cadaveri furono carbonizzati e violati, occhi cavati, i volti resi irriconoscibili. Israele l’aveva programmata con malvagità, e Sharon l’attuò, definendola “liberazione del mondo dal centro del terrorismo internazionale.” Orwell non avrebbe potuto dirlo meglio. Nessuno fino ad oggi è stato punito. Israele compie stragi impunemente.
Gideon Levy su Haaretz ha detto che “Israele fa quello che vuole“, che gli Stati canaglia agiscono in questo modo. Criticarlo significa essere accusati di “eresia e tradimento.” Israele viola impunemente lo spazio aereo del Libano, “dato per scontato“, bombardando tutto ciò che ritiene pericoloso. “Invade qualsiasi luogo, e non risolve mai nulla da nessuna parte. Può fare (quasi) qualsiasi cosa“, compiendo ogni dannata cosa che desideri e Washington gli offre pieno supporto. Sono partner imperiali che hanno intenzioni aggressive, sapendo di farla franca, chi li fermerebbe? “Tutto è consentito nella coscienza israeliana“, ricorrendo a ipotesi in gran parte infondate. L’idea di essere circondato da Paesi arabi ostili non basta, ma la ripetono. Le sole minacce che Israele affronta sono quelle che s’inventa, minacciando i vicini regionali e l’umanità, avendo come priorità il dominio del Medio Oriente. Vuole che i suoi rivali regionali siano eliminati, ricorre solo ad aggressioni non provocate. Israele è il solo che possiede armi di distruzione di massa, ed il loro utilizzo sarebbe immediato, se fosse minacciato. “All’inferno tutte queste domande fastidiose“, ha detto Levy. Solo ciò che Israele vuole conta, mentre lo stato di diritto si applica agli altri. “Ad Israele è permesso fare qualsiasi cosa“, perpetra stragi e molto altro ancora. É suo diritto divino, afferma, non importa quel che dicono gli altri, contano solo gli interessi israeliani. Dicendo così sostiene l’eccezionalità, la particolarità e l’unicità ebraica. Gli estremisti israeliani dicono di essere il “popolo eletto” di Dio, che ha il diritto divino di aggredire senza motivi, e scacciando i diritti umani dai territori che occupa. Possono fare qualsiasi maledetta cosa vogliano, svilendo valori morali e principi etici. Minacciando ebrei e non ebrei e mettendo in pericolo l’umanità. Devono essere fermati prima che uccidano di nuovo.
In risposta al massacro di Israele del maggio 2010, sulla Mavi Marama, l’ex membro del Congresso Dennis Kucinich chiese ai colleghi di firmare una lettera a Obama, che affermava: “Non è accettabile violare ripetutamente il diritto internazionale. Non è accettabile sparare su e uccidere civili. Non è accettabile commettere un atto di aggressione contro un altro alleato degli Stati Uniti. Non è accettabile continuare il blocco che vieta gli aiuti umanitari. Non è accettabile aumentare le tensioni in una regione, mentre gli Stati Uniti continuano a pagare con così tanto sangue e denaro. Nessuno mette in discussione il diritto di Israele a difendere le sue frontiere, ma questo non vuol dire sparare su civili inermi in tutto il mondo, in qualsiasi momento si voglia. Israele deve contare sul nostro sostegno, sulla vita dei nostri soldati, sull’investimento dei miliardi dei nostri contribuenti. Israele scarica sugli Stati Uniti le sue peggiori violenze pre-meditate scatenate contro persone innocenti.” E’ difficile immaginare qualcuno del Congresso così schietto, oggi.
E’ probabile che ciò sia il motivo per cui Kucinich non è stato rieletto nelle primarie del marzo 2012, le forze oscure l’hanno preso di mira e la lobby israeliana ha voluto cacciarlo. Hanno fatto a Cynthia McKinney la stessa cosa. Fare la cosa giusta è costoso e la lobby israeliana l’ha esclusa dal Congresso due volte, rovinandone la carriera politica. Praticamente nessuno in Congresso critica Israele. Farlo significa rischiare la carriera, ma per McKinney il principio conta di più, la sua anima non è in vendita. Speriamo che Kucinich la pensi  allo stesso modo. È libero di continuare a fare ciò che è giusto. Le voci per la verità e la giustizia sono estremamente necessarie, nel momento più pericoloso nella storia del mondo è necessario parlare. L’umanità in pericolo dipende da ciò.

Stephen Lendman vive a Chicago. Il suo nuovo libro s’intitola “Banker Occupation: Waging Financial War on Humanity.” Visitate il suo blog SJLendman.blogspot.com e ascoltate le sue interessanti discussioni con ospiti illustri sul Progressive Radio News Hour del Progressive Radio Network, giovedì alle 10 ora centrale degli Stati Uniti, e sabato e domenica a mezzogiorno. Tutti i programmi vengono archiviati per facilitarne l’ascolto. 

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Traduzione di Alessandro Lattanzio - SitoAurora