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Tra Cameron e Juncker, l’Europa va in corto circuito

di Filippo Bovo - 09/06/2014

Fonte: Stato e Potenza


 

unione-europeaCome sono andate le elezioni Europee bene o male lo sappiamo tutti: i popolari hanno ottenuto un modesto vantaggio sui socialisti, che da solo non basta a farli governare in autonomia. Gli “euroscettici” od “eurofobi” come va oggi di moda di chiamarli hanno riscosso una lusinghiera affermazione, che limita gli spazi ed il numero d’alleati a disposizione dei popolari. Si rende così obbligata, per quest’ultimi, la scelta di dar vita ad una “grande coalizione” (che noi italiani preferiamo chiamare “larghe intese”), magari coi socialisti. E qui la candidatura di Juncker entra in crisi. L’ex premier lussemburghese è fortemente contestato non solo dai potenziali alleati di “grande coalizione” ma anche all’interno del PPE, da parte dell’ungherese Viktor Orban, dello svedese Fredrik Reinfeldt, dall’olandese Mark Rutte e dal finlandese Jyrki Katainen. Tolto Orban, la cui presenza nel PPE è da sempre contestata da tutti i suoi colleghi e compagni di partito e che gode d’una popolarità vieppiù crescente, gli altri leaders sono preoccupati perché non vedono in Juncker la risposta ai loro problemi. Alle prese con una drammatica crisi di consenso nei confronti dei loro esecutivi e delle politiche economiche e sociali che attuano, sanno fin troppo bene che con Juncker non s’avrebbe mai quel cambiamento di rotta necessario a far riguadagnare loro la fiducia dell’elettorato. Al coro delle critiche s’è aggiunto anche il britannico David Cameron, che ha definito Juncker “un uomo degli Anni ’80” che “non può risolvere i problemi dei prossimi cinque anni”. Non solo, ma Cameron in caso di nomina di Juncker alla presidenza della Commissione Europea ha minacciato d’anticipare il referendum sull’UE, che visti i recentissimi risultati elettorali in Gran Bretagna avrebbe un esito scontato: uscita di Londra dall’Europa.
E’ un braccio di ferro tra Londra e Berlino. La cancelliera Merkel, al prezzo d’un forte scontro con gli alleati della SPD, da cui proveniva il candidato di tutto il PSE Schulz e che vedono quello del PPE come il fumo negli occhi, sostiene caldamente Juncker. Il conflitto tra Inghilterra e Germania è storico ed ha caratterizzato anche la vita dell’Europa comunitaria malgrado la “pax americana”. E’, più estesamente, un conflitto tra l’Inghilterra e l’Europa continentale, che risale a tempi remoti, ovvero da quando s’affacciò sulla scena mondiale la potenza politica e marittima britannica, trovandosi di volta in volta rivali nella Spagna asburgica, nella Francia borbonica e napoleonica ed infine nella Germania guglielmina ed hitleriana (a tacere dell’onnipresente Russia, ma questo è tutto un’altro discorso). Insomma, una storia vecchia che tutti quanti ben conosciamo.
E’ un corto circuito che ci fa capire il modo erroneo con cui è stata impostata questa Unione Europea, anche e soprattutto sotto il profilo geopolitico. De Gaulle non ne voleva sapere della Gran Bretagna in Europa e non si trattava certo solo di sciovinismo francese o di fanatismo politico. Oggettivamente l’Inghilterra è culturalmente e politicamente più affine agli Stati Uniti, di cui condivide l’appartenenza alla medesima comunità e civiltà di tipo “anglosassone”. Agisce, in un’Europa già fortemente colonizzata dagli Stati Uniti, come rappresentanza e punta avanzata di quest’ultimi nel Continente, influenzandone e condizionandone le politiche e gli equilibri. La sua uscita dall’UE può quindi contribuire a rendere l’Europa più coesa, sebbene ancora intorno a politiche e ideologie di vecchia matrice liberista ed atlantista, in attesa di tempi migliori che possono comunque arrivare. Le elezioni Europee ci fanno capire, dopotutto, come una sempre più consistente quota d’opinione pubblica europea sia ormai stuccata dall’atlantismo e dal filoamericanismo smaccati dei governi dell’UE. Nei prossimi anni si potrebbe quindi assistere ad un sempre più forte riflusso dell’ideologia atlantista, con pesanti ricadute sulla politica europea, e che il ridimensionamento del ruolo britannico in Europa potrebbe soltanto facilitare.