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Cambiare paradigma: dal debito congenito alla moneta cassa (parte prima)

di Nicoletta Forcheri - 22/10/2019

Cambiare paradigma: dal debito congenito alla moneta cassa (parte prima)

Fonte: Revoluzione

Ultimamente si sente parlare sempre più spesso di “paradigma della moneta debito” e di “sovranità monetaria” come massima ambizione per recuperare una economia sana. Purtroppo questi temi si confondono con il tema attuale dell’euro. Né il paradigma attuale né la sovranità monetaria vengono messi a fuoco con precisione, lasciando intendere che il primo coincida con il neoliberismo, e che la sovranità monetaria coincida con la lira di quando, prima del 1981, la Banca d’Italia era controllata dal Tesoro con la facoltà di decidere la quantità monetaria e di svalutarla, onde ottenere un vantaggio competitivo rispetto agli altri paesi nell’import-export.
L’analisi non è sbagliata, ma è monca, le manca la visione del paradigma monetario e del suo necessario cambiamento per l’ecologia del nostro pianeta e la sopravvivenza del fattore umano sulla Terra.
Lungi dall’essere unicamente neoliberista, il paradigma in cui siamo ha 5000 anni: inizia con la civiltà dei Sumero-Babilonesi e l’avvento della scrittura cuneiforme sulle tavolette d’argilla, introdotta da una casta di custodi del Tempio attorno al quale organizzavano la “forza lavoro” grazie alla magia dei simboli contabili che formalizzano il debito. Censimento demografico del “gregge”, calendario dal tempo lineare (mesi), catasto delle terre lavorate sono tutte le invenzioni strumentali al debito e allo sfruttamento del lavoro contemporanee all’invenzione della scrittura – che è contabile – per conteggiare il dovuto in crediti e in debiti e il “dato” in base a una equivalenza arbitraria tra orzo prodotto dagli uomini e  quantità di argento custodito nel Tempio dai “semi-dèi”, i sacerdoti scribi.
A questi intermediari tra gli umani e gli “dèi”, che conoscono gli arcani della scrittura contabile, vanno i frutti del lavoro, in cambio dei debiti/crediti nelle tavolette d’argilla, perché custodiscono non solo l’orzo ma anche l’argento a “riserva” e la conoscenza per maneggiare i simboli monetari.  E’ il paradigma del debito [1]
Il paradigma è via via consolidato con le scritture sacre, che sanciscono la necessaria purificazione dal peccato-debito originale attraverso il sacrificio ineluttabile del “gregge” per ottenere “salvezza” agli occhi del “Signore”, in modo da giustificare il lavoro alienante degli umani.
Esso viene imposto dalla cultura patriarcale, dove il “Pater“, derivante dal sanscrito “Pa” e “Pitr” –  i fantasmi degli antenati – è il padre-padrone a cui offrire i sacrifici. Dalla stessa radice “pa” abbiamo parole come “pane”, “pasto”, “pascolo” “pastore”. Del paternalismo fa parte l’immagine incuneata nell’immaginario collettivo del padre-pastore che porta al pascolo il gregge, consolidata dalle religioni e dal linguaggio del potere.
Nel matriarcato invece, la “Mater”, dal termine “Ma” in sanscrito “misurare”, era la matrice, lo stampo a partire dal quale si duplicava la materia, ed era colei che redistribuiva i beni, non secondo un modello di economia piramidale, introdotto dai patriarchi, ma secondo il metro e la misura che essa incarnava, in una logica di equità, che potrebbe trovare una somiglianza grossolana con i princìpi di solidarietà e di cooperazione della nostra Costituzione. “Ma” era principio creatore della materia, e il suo stesso metro di misura, prima dell’invenzione della moneta patriarcale.
Nell’economia circolare del matriarcato il tempo stesso era circolare, non lineare, ritmicamente scandito dai mesi, e la comunità viveva nella logica del dono: dare alla comunità significava dare a sé stessi, ricevere, come dovrebbe essere lo spirito di una vera famiglia, perché la comunità non era una persona giuridica a sé stante, contrariamente all’attuale concezione dello Stato-persona[2], ma la somma dei singoli membri che la componevano.
Il gioco a somma zero, espresso nella biblica legge del taglione, e nel mondo latino dal detto “mors tua, vita mea”, sarà perfezionato da Fra Luca Pacioli, contemporaneo di Leonardo, nel Trattato sulla partita doppia in cui il principio inderogabile del do ut des, a pilastro del linguaggio binario figurato del dare e dell’avere, sarà ammantato di giustizia divina. Il principio è chi riceve viene addebitato, chi da viene accreditato e la somma tra i due è zero. Non esiste più il dono e neanche la remissione dei debiti, che almeno tra i Sumeri avveniva con il giubileo ogni 49 anni.
Il paradigma attuale è quindi un gioco a somma zero per i sottostanti, ma il cui vantaggio della moneta creata va automaticamente a quella casta di “semi dèi” – i loro eredi – che tengono i conti, che è moneta, nascondendosi dietro una persona fantasma.
La critica ipocrita dell’usura dalla Chiesa non fece che rafforzare il paradigma, lasciando intaccata ovviamente tutta la  letteratura sacra del “debito-capitale”, di cui era suprema depositaria per antonomasia.
Attualmente lo stesso paradigma si esprime in tutta la sua bellezza nelle ostinate nozioni di austerità, pareggio di bilancio, artificiale scarsità monetaria per la società. Scarsa perché debito, con necessità di riserva, e dovuta ai “pitr”, che si nascondono dietro i fantasmi giuridici  di istituzioni, società emittenti e fondi. Debito e Persona i due estremi del medesimo paradigma da rovesciare.
[continua]
 
| Note |
[1] David Graeber “Debito: I primi 5000 anni”, 2011.
[2] Paolo Maddalena parla di Stato-persona, quello attuale, e di  Stato-comunità, come dovrebbe essere per rispettare il diritto naturale dei cittadini. Auriti parla di fantasma giuridico per le società anonime, gli enti pubblici ecc che rivestono la personalità giuridica.