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Difesa, perché per l’Europa è importante non appiattirsi sugli Stati Uniti

di Sergio Romano - 16/06/2019

Fonte: Corriere della Sera

Difesa, perché per l'Ue è importante non appiattirsi sugli Stati Uniti L’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza Federica Mogherini (Afp)shadow
La Comunità europea di difesa naufragò nell’Assemblea nazionale francese il 30 agosto 1954, affondata dai siluri del partito gollista (i sovranisti di allora) e da quelli del partito comunista. Ma non è stata dimenticata ed è rimasta tenacemente all’ordine del giorno di ciò che l’Unione Europea deve fare per aggiungere una componente indispensabile al suo processo d’integrazione. Le ultime iniziative sono particolarmente promettenti. Per le questioni militari esiste ora una «Cooperazione strutturata permanente» (l’acronimo inglese è Pesco) ed è stato creato un Fondo europeo per la difesa con una dotazione settennale di 13 miliardi di euro provenienti dal bilancio quinquennale dell’Ue. Più recentemente, a Strasburgo, l’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza Federica Mogherini ha dichiarato: «Vogliamo sostenere la ricerca e la cooperazione per sviluppare nuove capacità di difesa. Il fondo riserverà 4,1 miliardi per finanziare progetti di ricerca, e altri 8,9 miliardi per finanziare prototipi». È stato anche deciso che all’uso di questo denaro, per la realizzazione dei progetti, parteciperanno preferibilmente i Paesi membri dell’Unione. La clausola non è piaciuta agli americani che negli scorsi giorni hanno convocato al Dipartimento di Stato, per fare le loro rimostranze, gli ambasciatori dei Paesi dell’Ue a Washington. Dietro queste lagnanze vi è anche il timore che quanto più l’Europa sarà organizzata militarmente, tanto meno avrà bisogno della Nato.
Credo che vi siano buone ragioni per cui l’Unione Europea preferisca evitare in linea di principio la partecipazione di aziende americane. Quelle impegnate nel settore degli armamenti fanno parte di un «complesso militare industriale» che dispone di una potente lobby e può esercitare forti pressioni sul Congresso e sulla presidenza degli Stati Uniti. La definizione fu usata per la prima volta dal presidente Eisenhower quando, nel suo ultimo discorso al Paese, il 17 gennaio 1961, mentre lasciava la Casa Bianca, disse: «Dobbiamo guardarci le spalle contro le influenze esercitate dal complesso militare-industriale sia palesi che occulte. Il potenziale per l’ascesa disastrosa di poteri che scavalcano la loro sede e le loro prerogative esiste ora e persisterà in futuro».
I fatti hanno confermato i suoi timori e il «complesso militare industriale», grazie a una rete di consulenze e a collaboratori che provengono dalle forze armate dopo la fine della loro carriera, è diventato un secondo ministero della Guerra. Il nuovo presidente degli Stati Uniti non condivide le apprensioni del suo lontano predecessore. Una delle prime iniziative di Donald Trump, dopo il suo ingresso alla Casa Bianca, è stata un viaggio in Arabia Saudita dove ha firmato contratti militari per 111 miliardi di dollari. Non credo che all’Unione Europea convenga affidare le proprie esigenze militari ad aziende che sono così strettamente legate agli interessi, spesso molto discutibili, di una grande potenza.