Trump bombarda i siti nucleari iraniani: la replica di quanto fatto sette anni or sono in Siria fallisce completamente
di Riccardo Paccosi - 22/06/2025
Fonte: Riccardo Paccosi
Nell’attuale mandato presidenziale di Trump, a prima vista tutto sembrerebbe essersi svolto in modo pressoché identico al mandato 2016-2020.
Abbiamo visto Trump indebolirsi ed essere costretto a licenziare le figure politiche a lui più vicine (la volta scorsa Bannon, questa volta Waltz).
Abbiamo visto sorgere in America, contro il Presidente, un movimento di protesta organizzato (la volta scorsa Black Lives Matter, stavolta No Kings Day).
In generale, abbiamo assistito per la seconda volta allo spettacolo di Trump che non solo finisce col desistere dagli sbandierati propositi di pace, ma che finisce per assumere altresì il ruolo opposto ovvero quello di comandante in capo di aggressioni militari contro stati sovrani (la volta scorsa la Siria, stavolta l’Iran).
Dal post pubblicato stanotte su Truth, si evince facilmente che l’idea del Presidente americano sia quella di replicare il teatrino messo in scena con relativo successo nell’aprile del 2018 ai danni della Siria: realizzare un bombaradamento perlopiù simbolico per esaudire apparentemente le richieste delle lobby guerrafondaie interne al campo atlantista e, subito dopo, abbandonare il teatro di guerra con grande scorno degli alleati.
L’ipotesi secondo cui l’intento di Trump sarebbe quello di organizzare tale replica, è corroborata da due elementi: il richiamo “e ora la pace” nel già citato post e, soprattutto, il fatto che il cruciale stabilimento nucleare-militare di Fordow in Iran - quantunque bombardato questa notte da aerei sia israeliani che americani - non abbia subìto nemmeno un graffio.
Ma non si costruisce un ordine mondiale pacifico con un gioco continuo di simulazioni, enunciazioni contraddittorie nonché vere e proprie menzogne rivolte tanto al consesso diplomatico internazionale quanto all’opinione pubblica: difatti, l’annunciato periodo di due settimane per decidere se intervenire o meno, si è rivelato essere un’ulteriore menzogna, analogamente al primo attacco israeliano del 13 giugno, avvenuto nel bel mezzo delle trattative bilaterali USA-Iran e col consenso americano.
Oltretutto l’Iran non è la Siria, l’alleato sionista non è raggirabile come gli alleati europei e, inoltre, il conflitto potrebbe esacerbarsi e allargarsi con una chiusura dello Stretto di Hormutz che, secondo alcune fonti, sarebbe già in atto.
A distanza dei sei mesi dall’inizio d’una presidenza che aveva fatto rientrare la parola “pace” nel lessico politico-diplomantico, lo scenario del mondo mostra oggi due guerre in atto potenzialmente nucleari, due stati-canaglia – Ucraina e Israele – divenuti centrali terroristiche prive di controllo e un’Europa che, ogni giorno, mette in atto una propaganda volta a mobilitare la propria popolazione verso la guerra.
La visione di Trump di arrivare a un nuovo assetto geopolitico globale senza passare per una guerra mondiale, si è ormai rivelata un’illusione e le criticità risiedono tutte nell’estremismo facilone dell’impostazione trumpiana: sopravvalutazione della propria forza politica interna, l’improvvisazione tattica assurta al grado di strrategia.