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Donald J. Trump, il presunto "sovranista"

di Daniele Perra - 10/06/2025

Donald J. Trump, il presunto "sovranista"

Fonte: Daniele Perra

Dunque, nel 2023, abbiamo ceduto parte della nostra sovranità ad Israele, affidando di fatto la nostra cybersicurezza ad uno Stato che, in passato (e pure oggi), non si è mai dimostrato amico fidato (si pensi al ruolo del Mossad nelle BR o alle ombre su molti episodi controversi negli "anni di piombo"). 
In questi giorni, Donald J. Trump (presunto "sovranista") sta costruendo, tramite Palantir  del miliardario Peter Thiel (gruppo assai vicino allo stesso Mossad), un colosso della sorveglianza capace di utilizzare l'IA per controllare sistematicamente (in modo incrociato) dati e comunicazioni di ogni singolo cittadino americano e non solo (forse). Roba che farebbe impallidire il Patriot Act di Bush Jr. Ricordiamo che Thiel, vicino a JD Vance ed esponente di quella che viene indicata come "tecnodestra", era in ottimi rapporti anche con l'arcinoto Jeffrey Epstein, dal quale avrebbe ricevuto 40 milioni di dollari per finanziare l'impresa Valar Ventures (curiosa la fissazione con i nomi "tolkeniani"). Ora, che lo stesso Trump fosse in rapporti con Epstein è piuttosto evidente. E che Epstein fosse in contatto con i servizi israeliani pare altrettanto evidente. Ad ogni modo, ciò che colpisce è la capacità di penetrazione invasiva dei servizi israeliani all'Interno delle strutture di potere USA. Un qualcosa già sottolineato da John Mearsheimer e Stephen Walt nel loro testo "The Israel lobby and US foreign policy" del 2007. I due politologi, inoltre, misero in luce come tale lobby, spesso e volentieri, agisse (e agisce) in senso opposto a quello che è l'interesse nazionale degli stessi Stati Uniti (senza considerare la vendita di segreti industriali USA alla Cina o il furto di brevetti per il comparto bellico israeliano). Un discorso a parte, poi, lo meriterebbe il programma nucleare israeliano, mai oggetto di critica o controllo (quantomeno). Oggi, invece, Trump, sotto influsso e pressioni di questi personaggi, mette nero su bianco che ogni critica ad Israele diviene un'offesa criminale, riproponendo lo stantio (e inaccettabile) schema antisemitismo=antisionismo. Anche la pseudo-frattura con Netanyahu appare del tutto funzionale al mantenimento dello status quo. Netanyahu diviene un capro espiatorio per trasformare il conflitto israelo-palestinese in una mera questione umanitaria. Netanyahu è cattivo, ma il progetto sionista in sé è buono. Per ciò si può continuare a dare armi a Israele. Interessante, infine, il fatto che gli stessi agenti di Tel Aviv si siano inseriti nella diatriba interna al segmento trumpista dell'establishment USA che vede opposti i rappresentanti tradizionali della lobby delle armi e di quella petrolifera e quelli maggiormente legati alle imprese High Tech (si pensi alla lite con Musk, legata anche al rovinoso fallimento del DOGE).