E ora?
di Enrico Tomaselli - 05/10/2025
Fonte: Giubbe rosse
Come sempre accade, quando un movimento dal basso 'erutta', superando le aspettative di chi ha contribuito a farlo emergere, ci si interroga sia sul come si è prodotto, sia sul fatidico "che fare", con evidente riferimento al dopo.
Per quanto riguarda il movimento che ha attraversato le piazze italiane, come risposta al genocidio israeliano in Palestina, mi sento al momento di fare alcune brevi considerazioni. Si è detto - e probabilmente è vero - che parte di questo successo è dovuto al fatto che l'Italia ha un governo di destra-destra, il che ha reso più facile la mobilitazione spontanea di una parte dell'elettorato di centro-sinistra; che, se questo fosse stato al governo, avrebbe avuto molto probabilmente qualche difficoltà e reticenza in più nello scendere in piazza. Non per caso, la presidente del consiglio ha 'rivendicato' l'idea che le manifestazioni e gli scioperi fossero contro il suo governo. La posizione della Meloni, in effetti, risponde a tre esigenze: intanto, poiché una parte proprio del suo elettorato è filo-palestinese, cercare di ricondurre tutto ad una contrapposizione destra-sinistra, e per di più interna al paese, serve a ricompattare il proprio schieramento. Cercare di schiacciare la mobilitazione su questa linea, serve anche a cercare di ricondurre la spinta dal basso ad uno schema facilmente gestibile, ed assolutamente fuorviante rispetto alle tematiche vere (e potenziali) della mobilitazione; uno schema all'interno del quale agevolare una eventuale 'presa' sul movimento da parte di AVS-PD-M5S, significa anche ricondurlo nell'alveo del sistema. E, infine, significa cercare di riacquistare una centralità che invece il movimento gli ha sottratto, spostando il baricentro dalle istituzioni alle piazze.
E qui c'è un altro elemento, a mio avviso estremamente importante, di cui è bene mantenere la consapevolezza. Il governo italiano, come gran parte dei governi europei, e sicuramente assai più di altri tra quelli che fanno parte dell'UE, non esercita alcuna effettiva sovranità. I governi dei paesi che fanno capo al blocco NATO-UE sono tutti, chi più chi meno, dei meri amministratori condominiali, e la sovranità sulle cose essenziali (politica estera, politica di difesa, moneta) sono esercitate da organismi sovranazionali a-democratici, che fungono in ultima analisi da cinghia di trasmissione tra i singoli paesi ed il centro di comando 'imperiale' a Washington. Questo significa che i margini di autonomia, del governo italiano come di quello di Parigi o di Berlino, sono estremamente ridotti, e sottoposti ad un controllo extra-nazionale sostanzialmente invalicabile. Ne consegue che, anche rispetto ad una mobilitazione popolare di massa, le politiche nazionali possono flettersi limitatamente, ma non piegarsi del tutto. Da questo punto di vista, il governo laburista britannico mi sembra un caso che ben esemplifica il concetto; a fronte di una forte opposizione alle politiche di sostegno ad Israele (quelle di Londra sono molto maggiori, e molto peggiori, delle nostre) da parte dei cittadini, il governo riconosce il di fatto inesistente stato palestinese, ma al tempo stesso reprime duramente la solidarietà dal basso al medesimo, dichiarando Palestine Action una organizzazione terroristica, ed arrestando centinaia di persone che continuano a manifestare solidarietà. E, ovviamente, il supporto militare ad Israele non è venuto meno un solo momento.
Tutto ciò per dire che, a mio avviso, cercare di aprire una 'vertenza', anche conflittuale, col governo, sarebbe in buona misura del tutto inutile, e per certi versi potrebbe persino offrire una sponda a chi - a destra come a sinistra - non vede l'ora di riassorbire la spinta delle piazze.
Pertanto, a mio avviso il movimento dovrebbe piuttosto cercare, per un verso, di attuare pratiche di azione che mirano 'più in basso', come ad esempio campagne di boicottaggio dei prodotti israeliani, anche con azioni di propaganda diretta sui punti vendita, oltre che quelle del commercio da e per Israele. E per un altro scavalcare il governo, puntando direttamente all'obiettivo europeo, ovvero l'UE, che è quella che sta cercando di creare le condizioni affinché uno scenario di guerra si allarghi dal Medio Oriente e dall'est Europa all'intero continente - e lo fa sia per rispondere alle esigenze 'imperiali' d'oltre oceano, sia per non essere travolta da una sconfitta in Ucraina.
Il movimento, insomma, dovrebbe cercare di sfuggire ad una 'gabbia' nazionale, magari anche cercando di rinsaldare i rapporti con quello spagnolo e greco, che punti a creare un 'asse mediterraneo', da contrapporre all'asse nordico-baltico attualmente dominante in Europa. L'Unione Europea è, ad un tempo, un organismo 'forte', perché del tutto svincolato da qualsivoglia controllo democratico, ma è anche 'debole', in quanto ineluttabilmente destinato all'implosione in tempi nemmeno tanto lunghi.
Se questo movimento non riesce ad allargare l'orizzonte, finirà ineluttabilmente per rifluire. Un eventuale stop al conflitto di Gaza, non facile ma non impossibile, gli toglierebbe il tappeto sotto i piedi.