Gaza: la fame come "cura dimagrante"
di Pino Cabras - 13/05/2025
Fonte: Pino Cabras
GAZA: LA FAME COME “CURA DIMAGRANTE” SECONDO UNA LOBBY DI AVVOCATI FILO-ISRAELIANI
C’è una parola yiddish intraducibile con una sola espressione, ma perfetta per descrivere certe manifestazioni estreme di arroganza: “chutzpah”. Indica quella sfacciataggine smisurata, quel coraggio impudente e impensabile che porta qualcuno a ribaltare ogni logica, ogni senso comune, persino ogni umana decenza.
Un tipico esempio da manuale per definire la chutzpah è quello dell’assassino dei propri genitori che chiede clemenza al giudice… perché è diventato orfano. Oppure il truffatore che denuncia la sua vittima per non avergli dato abbastanza soldi.
Nessun manuale però ha avuto la fantasia oscena e raccapricciante di un gruppo di pressione filo-israeliano con sede nel Regno Unito, "Lawiers for Israel" (UKLFI), che nel bel mezzo di una crisi umanitaria che ha ridotto la popolazione di Gaza alla fame più nera, ha avanzato un'argomentazione tanto cinica quanto grottesca: la denutrizione di massa nella Striscia sarebbe, in fondo, un modo per risolvere il problema dell’obesità, e perciò al saldo dei morti andrebbero sottratte le persone che – non essendo più obese – godono di migliore salute e dunque non muoiono.
A sostenerlo è Jonathan Turner, amministratore delegato di UKLFI, in una lettera inviata al Gruppo Cooperativo britannico. L’occasione era la discussione, durante l’assemblea generale annuale del gruppo, di una mozione che proponeva di interrompere la vendita di prodotti israeliani. Nella mozione si citava anche la stima, pubblicata dalla rivista medica The Lancet, secondo cui il numero di vittime nella Striscia avrebbe superato le 186.000 unità. Come accade per altre guerre, infatti, i morti non sono soltanto quelli più “visibili”, legati agli eventi meccanici (bombe, proiettili, crolli, ecc.) ma spesso - in misura multipla - anche quelli legati alle terrificanti condizioni in cui si muore per fame, sete, malattia, inedia, assenza di riparo.
Turner ha contestato quella cifra, definendola “completamente falsa e fuorviante”. Ma il passaggio che ha suscitato indignazione è un altro: nella stessa lettera, Turner ha affermato che “il rapporto del Lancet ha ignorato i fattori che potrebbero aumentare l’aspettativa di vita a Gaza, dato che l’obesità era uno dei problemi di salute più gravi di cui soffriva la Striscia prima della guerra”.
In altri termini: la catastrofe umanitaria in corso, con intere famiglie ridotte alla fame sotto l’assedio israeliano, potrebbe avere un lato “positivo”.
UKLFI è uno degli strumenti principali della strategia legale di difesa di Israele sul fronte internazionale: avvia cause contro ONG, istituzioni accademiche o media che si esprimano in modo critico verso le politiche del governo Netanyahu. Tra i suoi sostenitori figurano nomi influenti del mondo britannico, come Michael Howard (ex leader del Partito Conservatore), John Dyson (ex giudice della Corte Suprema) e David Pannick, avvocato della Regina Elisabetta II e del Primo Ministro Boris Johnson.
Le dichiarazioni di Turner giungono mentre Israele continua a bloccare da mesi l’ingresso di aiuti umanitari a Gaza, e mentre si prepara a quella che sembra essere la fase finale dell’assedio totale. Secondo quanto riportato da «Middle East Eye» il 12 maggio 2025, Netanyahu ha affermato compiaciutissimo davanti a una commissione parlamentare che l'esercito israeliano sta "distruggendo sempre più case" nella Striscia di Gaza per costringere la popolazione a lasciare l'area. Ha inoltre dichiarato che l'espulsione forzata dei palestinesi da Gaza è "inevitabile". Sono le premesse sillogistiche di un’operazione compiutamente genocidiaria. Però l'Unione Europea non sta istituendo nessun tribunale per lui. Capirete quanto sono credibili quando fanno "questioni di principio" nella questione ucraina.
DALLA PROPAGANDA ALL’OSCENITÀ
Il caso degli avvocati britannici è emblematico di come la chutzpah, da paradosso retorico, possa degenerare in strumento ideologico che giustifica l’ingiustificabile. In questo caso, l’orrore della fame di massa viene riciclato come se fosse un miglioramento statistico delle condizioni sanitarie.
Un esercizio di sfacciataggine tossica che trasforma il crimine in cura, la vittima in colpevole, il genocidio in dieta.
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