I media ingannano l’opinione pubblica sulla Siria
di Stephen Kinzer - 06/10/2016
Fonte: Aurora sito
L’informazione sulla guerra siriana sarà ricordata come uno degli episodi più vergognosi della storia della stampa statunitense. Le notizie sulla carneficina nell’antica città di Aleppo ne sono l’ultima ragione. Per tre anni, i terroristi hanno dominato Aleppo, avviando un’ondata di repressione avvertendo i residenti: “Non inviate i vostri figli a scuola. Se lo farete ci prenderemo lo zaino e voi una bara“, quindi distrussero le fabbriche, nella speranza che i lavoratori disoccupati fossero costretti a divenire terroristi; trasportarono camion di macchinari saccheggiati in Turchia per venderli. A febbraio, la gente di Aleppo ha finalmente visto un barlume di speranza. L’Esercito arabo siriano e i suoi alleati scacciano i terroristi dalla città. La scorsa settimana avevano bonificato la centrale elettrica, e potrebbero presto ripristinare la luce regolarmente. La presa sulla città dei terroristi starebbe finendo. I terroristi, fedeli alla forma, scatenano il caos venendo scacciati dalle forze dell’esercito russo e siriano. “I ribelli moderati sostenuti dai “turco-sauditi” inondando i quartieri residenziali di Aleppo di razzi e gas”, aveva scritto un residente di Aleppo sui social media. L’analista di Beirut Marwa Osma si chiede, “L’Esercito arabo siriano, guidato dal Presidente Bashar Assad, è l’unica forza, insieme agli alleati, che combatte lo SIIL, e così si vuole indebolire l’unico sistema che combatte lo Stato islamico?” Ciò non si adatta alle storie di Washington. Di conseguenza, gran parte della stampa statunitense riporta il contrario di ciò che realmente accade. Molte notizie indicano che Aleppo fu una “zona liberata” per tre anni, ma ora si ritrova in miseria. Agli statunitensi viene detto che il corso virtuoso in Siria è combattere il regime di Assad e i suoi partner russi e iraniani. Dovremmo sperare che una coalizione di statunitensi, turchi, sauditi, curdi, ed “opposizione moderata” vinca. È una sciocchezza confusa, ma gli statunitensi non possono essere accusati di crederci. Non abbiamo quasi alcuna informazione reale sui combattenti, i loro obiettivi o tattiche. La colpa è dei nostri media. Su forte pressione finanziaria, la maggior parte dei giornali, riviste e reti TV statunitensi ha drasticamente ridotto i corrispondenti esteri. Molte importanti novità sul mondo provengono dai giornalisti a Washington. In tale ambiente, accesso e credibilità dipendono dall’accettazione delle storie ufficiali. I giornalisti che seguono la Siria trafficano con Pentagono, dipartimento di Stato, Casa Bianca e Think Tank di “esperti”. Dopo un giro sulla sporca giostra, credono di aver riferito tutto. Tale stenografismo produce la poltiglia che passa per informazione sulla Siria. Sorprendentemente, i coraggiosi corrispondenti da zone di guerra, anche statunitensi, cercano di contrastare le notizie da Washington, a grande rischio della propria sicurezza, cercando la verità sulla guerra siriana. I loro articoli spesso illuminano l’oscurantismo del gruppo. Eppure, per molti consumatori di notizie, le loro voci si perdono tra la cacofonia. Le notizie sul campo sono sopraffatte dal Washington consensus.I giornalisti di Washington ci dicono che una potente forza in Siria, al-Nusra, si compone di “ribelli moderati”, non che sia il locale ramo di al-Qaida. L’Arabia Saudita è ritratta aiutare i combattenti per la libertà, quando in realtà è lo sponsor principale dello SIIL. La Turchia da anni gestisce una “linea dei ratti” per i terroristi che aderiscono ai gruppi terroristici in Siria, ma poiché gli Stati Uniti vogliono tenersi buona la Turchia, non se ne sente. Né ci ricordano che, anche se vogliamo sostenere i curdi laici e agguerriti, la Turchia vuole ucciderli. Ciò che Russia e Iran fanno in Siria è descritto come negativo e destabilizzante, semplicemente perché sono loro che lo fanno, ed è questa la linea ufficiale di Washington. Inevitabilmente, tale disinformazione è finita nella campagna presidenziale degli USA. Al dibattito a Milwaukee, Hillary Clinton ha affermato che gli sforzi di pace delle Nazioni Unite in Siria si basano su “un accordo che negoziai nel giugno del 2012 a Ginevra“. È vero l’esatto contrario. Nel 2012 la segretaria di Stato Clinton si unì a Turchia, Arabia Saudita e Israele per sabotare il piano di pace delle Nazioni Unite di Kofi Annan perché avrebbe ospitato l’Iran e tenuto Assad al potere, almeno temporaneamente. Nessuno a Milwaukee ne sapeva abbastanza per risponderle. I politici possono essere perdonati per distorcere le loro azioni passate. I governi possono anche essere scusati per la promozione di qualunque storia gli aggrada. Il giornalismo, tuttavia, dovrebbe rimanere distaccato dall’élite al potere e dalla sue menzogne congenite. Ma in questa caso ha fallito miseramente. Si dice che gli statunitensi siano ignoranti. Lo siamo, ma anche la gente di altri Paesi. Se in Bhutan o Bolivia fraintendono la Siria, tuttavia, non si ha alcun effetto reale. La nostra ignoranza è pericolosa perché agiamo su di essa. Gli Stati Uniti hanno il potere di decretare la morte delle nazioni. E’ possibile farlo con l’appoggio popolare, perché molti statunitensi, e molti giornalisti, si accontentano della versione ufficiale. In Siria dicono: “Combatti Assad, Russia e Iran! Aiuta i nostri amici turchi, sauditi e curdi a sostenere la pace!”, ma ciò è tremendamente lontano dalla realtà, e probabilmente prolungherà la guerra e condanna altri siriani a sofferenza e morte.
Stephen Kinzer è senior fellow presso l’Istituto Watson di Studi Internazionali della Brown University.
La maggioranza dei siriani sostiene il Presidente Assad, ma non lo saprete mai dai media occidentali
Popolarità di Assad, osservatori della Lega Araba, coinvolgimento militare degli Stati Uniti: tutto viene distorto dalla propaganda di guerra dell’occidente
Jonathan Steele, The Guardian 17 gennaio 2012
Supponete un sondaggio di opinione rispettabile scoprire che la maggior parte dei siriani è a favore di Bashar al-Assad presidente, non sarebbe la notizia più importante? Tanto più che ciò andrebbe contro la narrazione dominante sulla crisi siriana, e i media considerano più le notizie impreviste che ovvie. Ahimè, non sempre. Quando la copertura del dramma cessa di essere onesta e diventa propaganda, i fatti scomodi vengono soppressi. Così coi risultati di un sondaggio di YouGov Siraj sulla Siria commissionato da Doha Debates, finanziato dalla Fondazione del Qatar. La famiglia reale del Qatar ha la posizione più dura contro Assad, l’emiro ha appena chiesto alle truppe arabe d’intervenire, quindi è un bene che Doha Debates pubblichi il sondaggio sul suo sito. Peccato che sia stato ignorato dai media occidentali, i cui governi vogliono abbattere Assad. La scoperta chiave è che mentre la maggioranza degli arabi al di fuori della Siria vuole che il presidente si dimetta, l’atteggiamento del Paese è diverso. Circa il 55% dei siriani vuole che Assad rimanga, motivato dal timore della guerra civile, uno spettro che non è teorico come lo è per coloro che vivono fuori della Siria. La notizia meno buona per il regime di Assad è che il sondaggio ha anche riscontrato che la metà dei siriani crede che debba inaugurare libere elezioni nel prossimo futuro. Assad sostiene di essere in procinto di farlo, un punto che ha ripetuto nei suoi ultimi discorsi. Ma è di vitale importanza che pubblichi la legge elettorale al più presto possibile, permettendo i partiti politici e impegnandosi a consentire ad osservatori indipendenti di assistere al voto.
La faziosa copertura mediatica continua a distorcere la missione degli osservatori della Lega Araba in Siria. Quando la Lega approvò la no-fly zone in Libia, fu elogiata dall’occidente. La sua decisione di mediare in Siria è meno gradita ai governi occidentali e ai gruppi di opposizione siriani che sostengono sempre più la soluzione militare piuttosto che politica. Quindi la mossa della Lega è stata prontamente messa in dubbio dai capi occidentali, e i media occidentali gli fanno eco. Attacchi sono stati lanciati alle credenziali del presidente sudanese della missione. Critiche all’azione della missione di uno dei 165 membri sono state esagerate. Richieste sono state avanzate affinché la missione si ritirasse a favore dell’intervento delle Nazioni Unite. I critici presumibilmente temevano che gli osservatori arabi segnalassero che le violenze non si limitavano alle forze del regime, e che l’immagine di proteste pacifiche brutalmente represse da esercito e polizia sono false. Homs e poche altre città siriane diventano come Beirut o Sarajevo, con scontri tra milizie che imperversano sulle linee di faglia settarie ed etniche. L’intervento militare straniero è già iniziato. Non si segue il modello libico dato che Russia e Cina sono furiose per l’inganno occidentale al Consiglio di Sicurezza dello scorso anno. Non accetteranno una nuova risoluzione delle Nazioni Unite che permetta un qualsiasi uso della forza. Il modello è vecchio, risalente alla guerra fredda, prima che “interventi umanitari” e “responsabilità di proteggere” venissero ideati e spesso abusati. Ricordate il supporto di Ronald Reagan ai Contras, che armò e addestrò per cercare di rovesciare i sandinisti del Nicaragua dalle basi in Honduras? Si metta Turchia al posto di Honduras, istituendo un santuario per il cosiddetto esercito libero siriano. Qui il silenzio dei media occidentale è grave. Alcun giornalista hanno dato seguito a un significativo articolo di Philip Giraldi, ex-ufficiale della CIA che scrive per American Conservative, rivista che critica il complesso militare-industriale statunitense dalle posizioni non-neocon di Ron Paul, arrivato secondo nelle primarie repubblicane del New Hampshire. Giraldi afferma che la Turchia, membro della NATO, è un agente di Washington e che aerei della NATO senza contrassegni arrivano ad Iskenderum, vicino al confine siriano, rifornendo di volontari libici e armi sequestrate dall’arsenale del defunto Muammar Gheddafi. “Le forze speciali francesi e inglesi operano sul terreno”, scrive, “aiutando i ribelli siriani, mentre operativi della CIA e forze speciali degli USA forniscono apparecchiature di comunicazione e d’intelligence ai ribelli, permettendogli di evitare i concentramenti di soldati siriani…”
Mentre aumenta il pericolo di una grande guerra, i ministri degli esteri della Lega Araba si preparano a rispondere a Cairo discutendo del futuro della missione in Siria. Non c’è dubbio che ci saranno i media occidentali ad evidenziare le osservazioni di quei ministri che ritengono che la missione ha “perso credibilità”, “sia ingannata dal regime” o “incapace di fermare la violenze”. I contro-argomenti verranno minimizzati o soppressi. Nonostante le provocazioni da ogni lato, la Lega dovrebbe resistere. La sua missione in Siria ha visto manifestazioni pacifiche sia per che contro il regime. Ha assistito, e in alcuni subito, a violenze opposte. Ma non ha ancora avuto abbastanza tempo o una squadra sufficiente per parlare con tutti gli attori siriani e trovare chiare raccomandazioni. Soprattutto, non ha nemmeno iniziato ad adempire alla parte del mandato che impone di contribuire ad avviare il dialogo tra il regime e i suoi critici. La missione deve rimanere in Siria e non essere vittima di bullismi.Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora