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Il riarmo atomico dell'Europa è necessario

di Massimo Fini - 22/02/2024

Il riarmo atomico dell'Europa è necessario

Fonte: Massimo Fini

Nel maggio 2017 Angela Merkel in un discorso pubblico tenuto a Monaco di Baviera disse: “I tempi in cui potevamo contare pienamente su altri sono in una certa misura finiti… Noi europei dobbiamo veramente prendere il nostro destino nelle nostre mani… Dobbiamo essere noi stessi a combattere per il nostro futuro”. Noi sul Fatto demmo alla notizia il risalto che meritava, ma fu praticamente ignorata non solo dagli Stati europei ma anche dai media europei. Ora che la situazione geopolitica si sta facendo sempre più inquietante, qualcuno comincia a svegliarsi. Manfred Weber, il capogruppo del Partito popolare europeo, ha affermato: “L’Europa deve diventare militarmente così forte che nessuno voglia misurarsi con noi”. E sul Corriere della Sera Mara Gergolet e Stefano Montefiori si chiedono: “Servono armi nucleari proprie alla Ue, ossia c’è bisogno di uno scudo atomico?” e ancora “Anche il tabù di una bomba atomica europea - tale per tutto il dopoguerra - si sta incrinando. Quantomeno in Germania e in Francia”.
Quello di mettere in piedi un’autonoma difesa europea, autonoma rispetto alla Nato cioè agli americani che l’hanno in mano, è, direbbe De Gaulle, “un vasto programma”. Del resto è da quasi un quarto di secolo che gli americani, o sub specie Nato o con coalizioni dei cosiddetti “volenterosi”, trascinano i Paesi del Vecchio Continente in guerre che sono venute tutte in culo agli europei: guerra alla Serbia (1999), guerra all’Iraq (2003-2007, dai 600mila ai 700mila morti civili), guerra alla Libia del colonnello Muammar Gheddafi (2011). Poi c’è la guerra all’Afganistan dei Talebani, iniziata sotto l’egida dell’Onu in risposta agli attentati dell’11 settembre ma poi trasformata in una coalizione di “volenterosi” quando divenne chiaro che i Talebani del mullah Omar non c’entravano niente con l’11 settembre. Questa guerra puramente ideologica (non ci piaceva come viveva quella gente) è durata vent’anni con un numero di vittime civili afgane incalcolabile, nel senso che non è mai stato calcolato perché, si sa, gli afgani sotto guida talebana non erano propriamente esseri umani come gli altri. Siccome ho seguito molto da vicino quella vicenda posso fare una stima approssimativa di 300 o 400mila caduti, stima depurata dai combattenti talebani morti. Quella guerra, dopo vent’anni di occupazione, siamo riusciti anche a perderla nel modo più vergognoso contro gente che combatteva pressoché a mani nude (kalashnikov e Yed).
Allora quale sarebbe la road map, termine sinistro e malaugurante perché ogni volta che è stato usato non ha portato a nulla, per dare all’Europa un’effettiva difesa che prescinda dalla Nato e dagli americani? Il primo passo è togliere alla Germania l’anacronistico divieto di possedere l’Atomica. Non è possibile che l’atomica la abbiano, oltre a Stati Uniti, Russia e Cina anche Pakistan, Israele e persino la Corea del Nord, e non il più importante Paese europeo. La Germania di oggi, democratica, non ha più nulla a che vedere con quella nazista da cui nel dopoguerra nacque il tabù. Attualmente in Europa la Bomba ce l’hanno solo i francesi e gli inglesi, ma è opinione comune che né Francia né Gran Bretagna abbiano la deterrenza necessaria per sventare aggressioni. Peraltro la Gran Bretagna è troppo storicamente alleata degli Stati Uniti perché si possa pensare che usi quell’Arma a prescindere dagli interessi americani.
È possibile pensare a una difesa europea che prescinda dalla Nato? Teoricamente sì, ma ci vorrebbe una Nato europea che raccolga tutti gli Stati del Vecchio Continente. Questi Stati dovrebbero quindi uscire dalla Nato propriamente detta, crearne una propria e configurare un’alleanza con gli Stati Uniti meno sperequata. Gli Usa hanno in Europa un’infinità di basi militari, alcune atomiche, almeno 120 in Germania e altrettante in Italia. Non c’è alcuna base militare europea negli Stati Uniti. Ed è noto che in Italia il personale militare americano/Nato gode di fatto dell’impunità. Si ricorderà la vicenda del Cermis dove un Rambo americano tagliò i cavi della funivia facendo venti morti senza andare sotto processo né in Europa né, a maggior ragione, negli Stati Uniti. Si ricorderanno meno le decine di ragazze italiane, soprattutto a Napoli, stuprate dai militari Usa, anche qui senza processo. Siamo ancora alla Pelle di Curzio Malaparte.
Avendone la forza si dovrebbe intimare agli Stati Uniti di diminuire di molto la loro presenza militare in Europa. Se Donald Trump ridiventerà, come crediamo, Presidente degli Stati Uniti, possiamo contare sul suo “isolazionismo”. A “The Donald”, che prima di diventare politico è stato imprenditore e ne ha quindi la mentalità, non garba punto di spendere milioni di dollari per una difesa europea che nei suoi programmi è marginale (gli interessa di più la competizione, economica e non militare, con la Cina). E fu per questo motivo, economico, che ritirò le truppe dall’Afganistan per una guerra che, come affermava lo stesso Pentagono, “non si poteva vincere”. L’Afganistan è noto come “tomba degli Imperi”: gli afgani, non ancora talebani, ci hanno messo trent’anni per cacciare gli inglesi, dieci per cacciare i sovietici e venti per cacciare gli americani e i loro servi, fra i quali c’era naturalmente l’Italia, che in Afghanistan si è comportata come sempre si comporta: facendo di nascosto alleanze con i comandanti talebani (fare tresche col nemico è la nostra specialità, si veda il comportamento del generale Angioni in Libano nel periodo 1982-84).
Se Trump ridiventerà Presidente si può scommettere che la guerra russo-ucraina terminerà in pochi mesi. Non contano tanto i suoi buoni rapporti con Putin ma il fatto che, come si sgola da tempo il generale americano Mark Milley, anche questa “è una guerra che nessuno può vincere”.
“Vasto programma” quindi, con un percorso molto lungo e accidentato. Per quanto riguarda l’Italia, Meloni non può essere allo stesso tempo nazionalista, europeista e superatlantista, perché questo vuol dire avere sul collo lo scarpone americano per un altro secolo.