Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / L’export cinese batte tutti, anche Trump

L’export cinese batte tutti, anche Trump

di Alberto Negri - 06/09/2020

L’export cinese batte tutti, anche Trump

Fonte: Quotidiano del sud

 I dazi imposti da Trump sulle importazioni manifatturiere dalla Cina hanno avuto poco effetto: Pechino continua la sua avanzata commerciale in Usa e nel mondo, grazie al basso costo del lavoro ma anche a un sistema finanziario in piena espansione. 
Tik Tok, sorpresa: la China Economy avanza nonostante Trump. La fabbrica-mondo non si ferma. L’ordine di Trump di cedere il ramo americano della popolare app e le tariffe imposte da Washington sulle importazioni dalla Cina hanno avuto per ora poco effetto: Pechino, ci racconta il New York Times, continua la sua avanzata commerciale in Usa e nel mondo.
Si pensava che con i dazi imposti da Washington, questo sarebbe stato per la Cina l’anno della battuta d’arresto delle sue esportazioni, in particolare nel settore dei macchinari e manifatturiero. La Cina, questa era l’opinione comune, con la pandemia da Covid-19, la chiusura sia pure temporanea di molti stabilimenti per il coronavirus e lo spostamento di alcune produzioni dalla Cina alla Giappone, avrebbe accusato un calo consistente delle suo export. Niente di più sbagliato: l’economia cinese ha ricominciato a ruggire. In luglio le esportazioni sono tornate a livelli record pre-Covid, il Paese ha conquistato quote di mercato nel settore manifatturiero ancora più consistenti di prima.
L’export cinese, sottolinea il quotidiano americano, non si ferma né per il coronavirus né per le misure protezioniste adottate dall’amministrazione Trump. Questa resilienza, come è di moda dire, non deriva soltanto dal basso costo del lavoro e dall’efficienza delle infrastrutture ma anche da un sistema bancario controllato dallo stato che sta offrendo prestiti a piene mani a ogni settore economico, dalle piccole alle grandi imprese, fino alle filiali e ai rappresentanti all’estero delle aziende legate al sistema produttivo cinese. Nessuno viene lasciato indietro: non a parole ma con denaro sonante nelle casse delle imprese.
La forza dell’export della Cina sta complicando non poco lo sforzo dell’amministrazione Trump di ridurre il deficit commerciale con la Cina, sbandierato come uno dei caposaldi della politica estera del presidente americano  per guadagnare consensi tra l’elettorato medio americano in vista delle elezioni di novembre. Anche con tariffe sulle importazioni cinesi del 25 per cento, i produttori cinesi continuano ad avere un quasi incolmabile vantaggio competitivo. E così tra aprile e giugno di quest’anno la quota di esportazioni cinesi nel mondo è salita al 20% contro il 13% dell’anno scorso. Soltanto nella periodo tra gennaio e marzo, al culmine dell’epidemia in Cina, la quota era scesa all’11 per cento, ma si è trattato di una fase momentanea, poi l’export ha ripreso a correre come non mai. 
L’economia cinese è stata anche aiutata dal ribasso delle materie prime, in particolare quelle energetiche, e dalle quotazioni misteriosamente deboli della sua valuta nonostante il Paese stia uscendo dalla pandemia meglio di chiunque altro. La maggior parte degli osservatori ritiene che Pechino abbia manovrato il sistema bancario e finanziario, tenuto strettamente sotto controllo, per mantenere basse le quotazioni del renmimbi. Le banche cinesi e le altre istituzioni finanziarie avrebbero spostato i loro immensi asset monetari disinvestendo dalla valuta locale per acquistare dollari ed euro che hanno così tenuto alte le loro quotazioni.
Per frenare l’export cinese e il predominio della fabbrica-mondo, gli Stati Uniti, il Giappone e l’Europa hanno cominciato a spostare alcune produzioni, in particolare nel settore sanitario, dalla Cina verso altre destinazioni, dall’India a Taiwan. Una mossa difensiva che però sta funzionando fino a un certo punto perché la pandemia sta rallentando come non mai gli spostamenti logistici internazionali. In realtà molte società occidentali scarseggiano di liquidità e mancano di capacità di investimento per spostare le loro produzioni: preferiscono chiudere gli stabilimenti che aprine di nuovi. E così la Cina avanzerà ancora di più. I cinesi sono assai accorti: mentre hanno difeso Huawei, sulla cessione forzata da Trump del ramo americano di Tik Tok, l’app cinese amata dai giovani, non ha fanno fatto resistenza. Quasi a voler dire: lasciateli divertire, sono ragazzi.