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L’indignazione è già finita, le bombe no: cosa succede se ci dimentichiamo di Gaza

di Anna Foa - 01/12/2025

L’indignazione è già finita, le bombe no: cosa succede se ci dimentichiamo di Gaza

Fonte: La Stampa

Sembra che ci siamo dimenticati di Gaza. Dopo tante manifestazioni a sostegno della Palestina che hanno riempito di grandi folle le strade italiane come quelle di molte altre parti dell’Italia e del mondo, dopo tanto parlare e scrivere, dopo che la distruzione di Gaza e l’uccisione di tante migliaia di palestinesi erano diventate l’argomento del giorno nelle nostre scuole, nelle nostre università, nei nostri talk show televisivi, a partire dal 10 ottobre, data di inizio della tregua, su Gaza e sulla questione palestinese è sceso il silenzio, o almeno qualcosa di molto simile al silenzio.
Forse perché la tregua regge? Perché non ci sono più bombardamenti sulla Striscia martoriata di Gaza? Non è così, la tregua regge, ma una tregua che consente ancora bombardamenti e uccisioni. Dal 10 ottobre ad oggi sono stati uccisi 354 palestinesi. Sembra poco, se paragonati ai numeri precedenti, ma provate ad immaginarveli tutti in fila, nei loro sudari.
O forse perché i rifornimenti bloccati alla frontiera sono stati lasciati passare, la popolazione rifornita di cibo ed acqua, i medicinali tornati in ciò che resta degli ospedali? Non è così, Israele apre e chiude i valichi, e le chiusure corrispondono ai momenti di tensione, quasi i rifornimenti fossero in realtà ostaggio dello svolgimento delle operazioni legate alla tregua. Non restituisci tutte le salme degli ostaggi, noi teniamo in ostaggio cibo, acqua, medicine sembra dire la chiusura a singhiozzo dei valichi.
Ma gli ostaggi sono tornati, e con loro sono stati liberati i prigionieri palestinesi chiusi nelle carceri di Israele. È un risultato importante. Che gli ostaggi nascosti da Hamas nei tunnel di Gaza tornino alle loro famiglie, che si possano seppellire i morti, è cosa che ha fatto tirare un sospiro di sollievo ad Israele, come ha fatto tirare un sospiro di sollievo ai palestinesi la liberazioni di famigliari spesso detenuti sulla base di semplici sospetti e in condizioni che gli ultimi scandali ci hanno rivelato non aver poi molto da invidiare a quelle degli ostaggi israeliani di Hamas.
Eppure, sia Gaza che Israele hanno accolto con speranza e favore la tregua. Perché ha significato l’idea, almeno l’idea, di non essere più in guerra. Ma più le settimane passano, più questo sollievo diminuisce, più le speranze sfumano. Ma se possiamo capire e condividere il sollievo che la tregua ha procurato ad israeliani e palestinesi, riesce meno facile capire perché anche il mondo sembra credere che tutto stia andando per il meglio.
Le grandi manifestazioni, importanti nonostante le sbavature politiche e gli accenni antisemiti, sembrano aver dato luogo al vecchio copione dei gruppi sociali che se la prendono a caso con tutti quelli che considerano espressione del “potere”, come dimostra la devastazione di questo giornale, devastazione che di “Pro-Pal” ha solo il nome e ci ricorda invece l’inizio del fascismo un secolo fa, con gli attacchi e le devastazioni squadriste a l’Avanti, l’organo del Partito Socialista.
Sul fronte dell’alta politica, gli Stati dell’Ue tacciono, o sono invece impegnati a disquisire sull’antisemitismo crescente, senza vedere che soprattutto di una conseguenza di quanto succede si tratta, non di una sua spiegazione. Solo Trump e in parte i Paesi arabi insistono, e per motivi loro, tutti diversi. E se fosse tutto, sul fronte mediorientale, si potrebbe anche trarre un sia pur piccolo sospiro di sollievo.
Ma, intanto, se Gaza non è più sulle bocche di tutti, la Cisgiordania è in fiamme, e non solo ad opera dei coloni che aspettano il Messia sbarazzandosi dei palestinesi e distruggendone case e campi, ma ormai direttamente ad opera dell’esercito. I video che ci arrivano mostrano episodi che suscitano in noi una sorta di inorridita incredulità, come quello dei due palestinesi – terroristi o no, che importa, dal momento che si arrendevano con le mani alzate? – assassinati a sangue freddo dai militari. A Gaza è subentrata la Cisgiordania, ma sembra che non susciti nel mondo una pari indignazione. O forse, l’indignazione è a tempo, ad un certo punto si esaurisce, la clessidra ha versato tutta la sua sabbia, parliamo d’altro.
Si parlasse almeno dell’altro fronte di guerra, quella scatenata dallo Zar della Russia. Ma di quella si è già smesso di parlare da tempo. E non perché fosse arrivata la questione di Gaza, evidentemente. È perché l’attenzione di chi vive tranquillo nel tepore della sua casa è limitata. La abbiamo consumata già tutta? E su quanto succede oggi in Cisgiordania, niente o poco da dire?