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La bravata dannunziana

di Marco Travaglio - 03/06/2025

La bravata dannunziana

Fonte: Il Fatto Quotidiano

Ha torto marcio il Cremlino quando definisce “terrorismo” lo spettacolare attacco di droni ucraini alle sue basi aeree, che ha beffato l’intelligence e distrutto (forse) 41 caccia. È un atto di guerra del Paese invaso contro obiettivi militari del Paese invasore. Atti di terrorismo ucraini furono l’attentato ai gasdotti NorthStream e gli assassini di Darya Dugina e altri politici, attivisti e giornalisti ritenuti “filorussi”, incluso il nostro Andrea Rocchelli nel 2014. Questo invece fa parte della guerra, anche se non ha alcuna influenza sul suo andamento, che continua a vedere i russi avanzare e gli ucraini arretrare. Anzi, l’unica conseguenza sarà un’altra strage di ucraini con la scontata rappresaglia russa, che Putin ha già preannunciato senza escludere alcuna opzione. Se vengono colpite le sue capacità strategiche nucleari, la dottrina militare russa (e non solo quella) prevede anche l’arma atomica tattica. Quella che i falchi del Cremlino, ma non Putin, già invocarono contro l’unica controffensiva ucraina riuscita in 39 mesi: quella dell’autunno 2022 a Kherson. Ma è possibile che Putin si “accontenti” di lanciare qualche nuovo missile ipersonico Oreshnik che viaggia fino a 24.500 km/h con gittata di 6 mila, già sperimentato con effetti devastanti su Dnipro non appena gli Usa fornirono a Kiev gli Atacms (che infatti non lo videro neppure arrivare). È la logica dell’escalation: colpo su colpo, l’ultimo sempre più micidiale del penultimo.
A chi conviene un simile atto di guerra ininfluente sulla guerra proprio alla vigilia del secondo round di negoziati a Istanbul? Zelensky sostiene che rafforzerà la sua posizione al tavolo, ma è vero l’opposto: non solo per la prevedibile reazione russa, ma anche perché per Mosca sarà ancor più cruciale mettere nero su bianco, prima di firmare alcunché, una massiccia smilitarizzazione di Kiev. La bravata dannunziana è dunque studiata a tavolino per allontanare l’intesa e trascinare la Nato in una nuova fase ancor più feroce della guerra. Kiev ha millantato un’intesa preventiva con Trump, che l’ha subito rabbiosamente smentita. Chi ha dunque fornito l’assistenza satellitare e d’intelligence ai raid in Russia? Resta solo Londra. E, siccome la prima gallina che canta è quella che ha fatto l’uovo, ieri Starmer ha esaltato l’attacco come prova che “Kiev non è affatto sconfitta” (arretra su tutto il fronte da oltre due anni, ma fa niente). Poi c’è la seconda: il segretario generale Nato Mark Rutte, che ha ribadito l’“irreversibile percorso per l’ingresso dell’Ucraina nella Nato”, fingendo di non sapere che Usa e altri Stati membri sono contrarissimi e che il solo evocarlo fa saltare il negoziato. Con “amici” come questi, al popolo ucraino non resta che sperare nei nemici.