La catastrofe
di Alfredo Facchini - 15/05/2025
Fonte: Alfredo Facchini
15 maggio 1948. Case bruciate. Orti abbandonati. Terre confiscate. Ospedali spazzati via. La memoria messa all’asta. Chi aveva una terra, una casa, un nome — si è risvegliato profugo. Dalla notte al giorno, 750.000 persone sono diventate ombre.
Questa è la Nakba. La catastrofe. Ma non fu un evento. Fu un inizio. Oggi, metà del popolo palestinese vive lontano dalla propria terra. Vite sospese tra campi profughi, esili, confini invisibili.
Da allora: lutti. Deportazioni. Sgomberi. E nessun ritorno. I responsabili? Non il destino. Non un terremoto. Ma uno Stato nato nella pretesa di libertà e costruito sull’esproprio. La catastrofe ha un nome: Israele. Ed è firmata a fuoco su ogni pietra, su ogni rovina, su ogni profugo.
Il diritto internazionale? Stabilisce che un’occupazione può durare al massimo dieci anni. In Palestina dura da più di mezzo secolo.
Dal 1967 Israele ha costruito 240 insediamenti illegali. Ha installato 650.000 coloni nei Territori. Solo tra il 2009 e il 2019 ha demolito oltre 6.000 strutture nella West Bank. Diecimila persone sfollate.
Tutto questo in nome di un’idea: che Israele sia sopra la legge, che le regole valgano solo per gli altri. E la comunità internazionale? Due buffetti sulle guance e via. Le sanzioni? Tabù. Eppure oggi ci sono otto paesi sanzionati e cinque sotto embargo.
Israele, naturalmente, non è tra questi.
Gaza.
Israele diceva di essersi ritirato. Ma prima del 7 ottobre nessuno entrava, nessuno usciva da Gaza senza il suo permesso. Terra, mare, cielo: tutto sigillato. Blocco totale. Asfissia amministrata.
Risultato: acqua imbevibile, luce intermittente, ospedali senza medicinali, disoccupazione sistemica, fame come ricatto.
Poi ci sono i morti. Non decine. Non centinaia. Sessantamila.
Sessantamila palestinesi uccisi in pochi mesi, dal 7 ottobre 2023 a oggi.
Una carneficina a puntate. Ma anche prima, in dieci anni, i terroristi di Tel Aviv avevano già ucciso oltre cinquemila palestinesi. Non lo ricorda quasi nessuno. Cinque volte quello che i sepolcri imbiancati chiamano “pogrom”.
Eppure si continua a parlare di “diritto di Israele a esistere”. Ma se il prezzo di quel diritto è il diritto degli altri a morire, allora qualcosa è andato storto.
E ciò che è appena caduto sulla Terra non ha altro nome: catastrofe.