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La politica della prima opera di misericordia

di Giannozzo Pucci - 12/07/2020

La politica della prima opera di misericordia

Fonte: Giannozzo Pucci

Nessun documento, laico o religioso, ha la profondità e ricchezza dell’enciclica “Laudato sì” per indicare il bene comune in questa epoca così devastata dall’elefantiasi dei diritti individuali e degli interessi di parte. 
In una democrazia elettorale i politici, salvo eccezioni, hanno difficoltà a elaborare una visione sulla base del bene comune perché tendono a imitare i commercianti. Per don Milani “dicesi commerciante colui che vuol contentare i gusti dei suoi clienti, dicesi maestro colui che vuole contraddire e mutare i gusti dei suoi clienti”. La Pira ha fatto da maestro reinterpretando nell’oggi la vocazione storica di Firenze.  
Il coronavirus non ha provocato idee di riorganizzazione sulla base delle esigenze sanitarie e produttive che ha fatto emergere. Si continua a pensare come se non ci fosse da far altro che tornare a prima, con la crescita del PIL e annessi.  Potrebbe darsi invece che occorra al più presto riorganizzare l’economia ripartendo dalla bonifica delle attività primarie, del cibo e dell’acqua.
Se ai politici manca la visione in un’epoca millenaristica come questa, l’unica possibilità è che la cultura del bene comune si diffonda nel maggior numero di votanti/clienti, cioè che sia la domanda a indicare la strada. Il che ha già cominciato a succedere se è vero come è vero che non esiste ormai supermercato che possa fare a meno dello scaffale dei cibi biologici. 
Dar da mangiare agli affamati cibi sani della nostra campagna, rigenerata da ogni inquinamento, è la prima opera di misericordia. Attuarla è la chiave della civiltà, che la salva dalla barbarie del saccheggio, perché la rende capace di stabilire con la natura un rapporto di armonia tale da aumentare la fecondità, la biodiversità e la salute per umani, piante e animali. Mangiare cibi sani è infatti un diritto primario di tutti. 
La produzione industriale di alimenti è andata nella direzione opposta e non occorre ricordarne i disastri. Occorre pensare a come potrebbero rinascere le campagne col miglior uso delle attuali risorse pubbliche e private, trasferendosi dall’economia dei consumi a quella della sovranità alimentare.
L’alimentazione sana è il primo campo d’azione per una società che smette di immolarsi all’inquinamento per progredire nell’armonia con la terra. 
Rigenerare le nostre campagne con le nuove forme di agricoltura scoperte nell’ultimo mezzo secolo come l’agricoltura biologica, la biodinamica, l’organica-rigenerativa, la naturale, la permacoltura, la radicale e le altre è un grande progetto che implica tanti altri interventi, dalla forestazione e/o piantumazione con grandi assorbitori di anidride carbonica, alla moltiplicazione della biodiversità, alla trasformazione delle monocolture in policolture, al restauro eco-compatibile di edifici e insediamenti rurali e a tutte le forme più sane di trasformazione di prodotti agricoli. 
Se si aggiunge la liberalizzazione della vendita diretta degli alimenti dell’agricoltura sana nei mercati locali delle città più vicine, secondo “il tragitto più breve dalla terra alla bocca”, si capisce come la conversione delle campagne possa contribuire anche alla riorganizzazione delle città in comunità rionali. Del resto quando le campagne si sono svuotate anche l’umanità nelle città è diventata più virtuale.
Per un progetto simile meriterebbe attivare grandi energie, impegnando anche le scuole, le onlus, i privati, gli immigrati, con interventi pubblici, sotto forma di terre da bonificare, borse di studio, sostegni al lavoro volontario, contributi a specialisti, corsi per la diffusione di agricolture agro-ecologiche.
Il risanamento del territorio potrebbe avvenire per bio-distretti, cioè unità territoriali capaci di rinaturalizzare tutte le loro produzioni, con accorgimenti come:
1. blocco di ogni inquinamento nelle attività esercitate sia nelle abitazioni che nei terreni dagli utenti di quel territorio.  
2. Istituire in ogni biodistretto risanato il catasto agricolo e esentare i fabbricati rurali da IMU e imposte analoghe.  
3. Liberare l'agricoltura risanata dall'obbligo di iscriversi alla camera di commercio e da tassazioni (eccetto il reddito agrario). 
4. Liberalizzare la vendita diretta su aree pubbliche dei prodotti dell’agricoltura sana riportando in vigore le leggi in materia esistenti da tempo immemorabile fino al 1982, 
5. Istituire cattedre ambulanti di eco-agricoltura, un medico condotto comunale per l'istruzione e i controlli delle pratiche igieniche e della qualità dei prodotti alimentari; 
6. regolamentare ogni pratica burocratica relativa a questa eco-agricoltura in modo che sia espletata da funzionari pubblici e non dai coltivatori, a cui deve essere riconosciuto il diritto all’analfabetismo burocratico ed elettronico. 
7. Sostituire le certificazioni biologiche con controlli sul territorio risanato che verifichino l’assenza di inquinanti e di chimica di sintesi dai prodotti che ne escono. 
8. Passare normativamente l’agricoltura industriale, una delle attività più inquinanti, all’industria agraria e imporre la citazione in etichetta delle sostanze chimiche usate nei suoi processi produttivi. 
9. Ammettere l’interruzione dei contratti di affitto di terreni agricoli usati per monocolture o inutilizzati per istituire nuovi contratti di enfiteusi, di colonia parziaria e altri contratti in compartecipazione per un minimo di 7 anni, in funzione della rigenerazione del territorio. 
10. Rendere deducibili dalle imposte gli importi spesi per acquisto di terreni agricoli trasformati in beni comuni sottratti al mercato, i quali diventerebbero demanio locale dato in coltivazione per minimo 7 anni a chi li rigenera.
11. Limitare la produzione di carne ai soli allevamenti non intensivi e/o a ciclo chiuso nel podere o fattoria con mangimi prodotti nelle vicinanze.
Certamente dei gruppi d’interesse saranno pronti a combattere programmi simili, ma le opere di misericordia non si preoccupano di contentare le rivendicazioni di questa o quella classe, bensì di rispondere al meglio ai bisogni degli ultimi, rispettando i diritti primari di tutti e migliorando la qualità della società nel suo insieme.