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La porta del tramonto europeo

di Marcello Veneziani - 01/07/2022

La porta del tramonto europeo

Fonte: Marcello Veneziani

Qual è il futuro dell’ Europa oggi? Mi ricorda ciò che diceva Rozanov quando descriveva il nichilismo. La rappresentazione è finita. Il pubblico si alza. È tempo d’ infilarsi il cappotto e tornare a casa. Ci si volta: niente più cappotto né casa”.

Bella e veritiera figurazione della situazione europea. L’Europa è diventata la casa del nichilismo, mentre il suo cappotto con cui si copre è la cappa ipocrita del politically correct. A quella Cappa uniforme e asfissiante, ho dedicato di recente un libro che è una critica del presente. Se non fosse ormai ripetitivo, direi che siamo alle prese con un lungo e inesorabile suicidio dell’Europa, che è luogo terminale della globalizzazione, periferia degli Stati Uniti, spazio d’accoglienza del mondo, e si appresta ad essere colonizzata dalla Cina. Ma in questo frangente si ostina a ritenere che il suo rischio maggiore, il suo nemico principale sia la Russia a cui è riuscita a comminare sanzioni che danneggiano più se stessa che la Russia stessa.

 Abbiamo visto le elezioni in Francia che la  sconfitta del partito del presidente Emmanuel Macron era  totale e non c’è nessuna maggioranza. Il monarca dell’ Francia E. Macron, atlantista, liberale, sostenitore della linea NATO, con un vero e proprio schiaffo dal popolo francese  si appresta a governare un Paese spaccato. Mentre Le Pen era la grande vincitrice di questa tornata elettorale  in quanto il suo risultato appare ben al di sopra delle attese della vigilia.

Il problema francese è che il dissenso verso questo governo tecnoliberale è maggioritario ma non è componibile: la Le Pen non si somma con Melénchon, e il buco nero dell’astensionismo, pur essendo largamente di protesta, non produce effetti politici e si disperde in tante rivolte locali e settoriali. Di conseguenza un governo di minoranza ispirato da Macron diventa la soluzione obbligata. Ma la Francia è un po’ la rappresentazione di quel che avviene nel resto d’Europa: cresce la massa del dissenso ma non è componibile, non si fa unitario. Credo che l’Establishment europeo punti proprio su questa spaccatura e su questa dispersione dei dissensi per garantire governi di minoranza e leadership impopolari.

Il dossier ucraino chiude. La Russia già controlla il 35% dell’ Ucraina. L’ Occidente, degli USA e della Nato che hanno armato l’Ucraina non possono vincere. Mentre l’aumento generalizzato di quasi tutte le materie prime e dei costi energetici hanno portato già l’economia globale alla stagflazione e porteranno molte economie in recessione. L’inflazione in Italia anche in Grecia  non è mai stata così alta dal 1991 e gli stipendi sono più bassi di trent’anni.

Anche a voler sposare la linea più atlantista e più interventista possibile, che personalmente non condivido, mi chiedo: ma questa guerra per procura dell’occidente contro la Russia, questa mobilitazione permanente dell’Europa contro Putin, che risultati sta dando? Nessuno, mi pare, per l’Ucraina se non il prolungamento dell’agonia e l’amplificazione e la prosecuzione del conflitto; ma al tempo stesso procura danni tremendi ai paesi europei, alla loro economia, alle loro risorse energetiche. Gli Stati Uniti avranno qualche vantaggio a logorare la Russia in una guerra lunga in Ucraina, ma noi europei abbiamo solo danni e svantaggi del perdurare di questa situazione, senza peraltro essere di aiuto alla stessa Ucraina. L’incapacità di una strategia autonoma europea, in grado di imporre un negoziato e di non schierarsi con la Nato o con la Russia, sta producendo ricadute geopolitiche, economiche e sociali devastanti.

Vediamo oggi che l’ Occidente  non riesce a gestire quella che qui è chiamata una “multicrisi”, abbiamo una pandemia che non finisce e esiste ancora quasi 3 anni, come prodotto di paura, anche  come progetto  di uccidere  i diritti umani dei paesi  e  allo stesso tempo esiste anche  la carenza crisi alimentare che si profila all’ orizzonte.  Cosi i popoli dell’ Europa  vivono  il passaggio da una logica delle “protezioni” a una delle “restrizioni”. Sono esiliati dalla loro stessa esistenza  e  la disperazione diventa accettata e tende il più delle volte a rendersi impercettibile.  

L’Occidente vive ormai da quasi tre anni nel segno dell’emergenza, ora sanitaria, ora bellica, energetica, economica, ambientale… Nel nome dell’emergenza è possibile restringere le libertà e limitare i diritti elementari, sospendere le costituzioni, vigilare e controllare le popolazioni, esigere rinunce e sacrifici. E intanto precipita il tenore di vita, calano ombre inquietanti sulla civiltà del benessere e sulla società aperta, che è sempre più società coperta, e quella che da noi è una crisi molto seria rischia di trasformarsi in tragedia per i popoli che devono vedersela con la fame, la sete, i bisogni primari. Si tratta di cambiare passo, di compiere una svolta radicale, di cambiare le linee finora prevalenti. Ma è difficile farlo, se l’establishment è compatto e si esprime ormai con una voce sola, e non consente dissensi se non ai margini, senza possibilità di incidere sulle linee da seguire. L’unica via di salvezza è la rifondazione di un’Europa vera, dei popoli e della civiltà, in un mondo multipolare in cui non ci sia nessun guardiano del mondo, nessun impero del Bene, ma vi siano relazioni e confronti tra aree diverse, che non vogliono essere assorbite in un solo modello.