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La previsione alfabetica della crisi

di Pierluigi Fagan - 01/07/2020

La previsione alfabetica della crisi

Fonte: Pierluigi Fagan

Facendo seguito al precedente post sulla forma della crisi economica in cui siamo e saremo, alla V, W ed L aggiungiamo la U. Una U con una base lunga ed un primo braccio che sta scendendo in fretta, che rimarrà un po’ orizzontale a fare base e risalirà molto lentamente. La crisi ad U è la previsione di Nouriel Roubini, il quale ha dalla sua la azzeccata previsione in solitaria (più o meno) della crisi del 2008-9. Sebbene la disciplina economica si definisca scientifica, quando va in previsione, finisce nel dramma che dagli aruspici arriva fino ai meteorologi in cui lavorano le categorie emotive di giudizio. Per cui quello che è pur sempre un distinto cattedratico di levatura internazionale, finisce col meritarsi il nomignolo di “Dr. Doom”, dove “doom” sta per “morte”, “distruzione” ed “altre fatalità terribili”. Insomma un menagramo.

Così lo appella Bloomberg tv “Il Dottor Menagramo predice un’altra decade di depressione globale”. Un bel modo di introdurre un ragionamento razionale, per quanto previsionale. Per il Roubini, infatti, non se ne esce prima di dieci anni che è un tot per dire “periodo molto lungo”. Ma non è che il Roubini s’è alzato stamane con la luna storta, né credo sia un depresso cronico da “moriremo tutti” o un catastrofista seriale.

Dalla sua ha un ragionamento che parte dal fatto che la condizione economica obiettivamente depressa porta ad atteggiamenti cauti di investimento e spesa che acuiscono la depressione e ne allungano il tempo. Altresì nota l’ovvio e cioè che i corsi di Wall Street alimentati da infinita liquidità, determinano un andamento che non riflette affatto il sottostante economico. Segue un’analisi sullo stato già precedentemente precario dello stato patrimoniale delle aziende che per proteggersi agiranno su i costi aggravando sia la disoccupazione che il precariato, quando non falliranno e ne falliranno parecchie. Questo retroagirà su quanto detto in precedenza acuendo la generale percezione della crisi e susseguenti atteggiamenti si spesa ed investimento prudenti per non dire contratti.

L’intervistatrice prova ad alleggerire introducendo la variabile hi-tech, ma il nostro replica che la fede nel meccanismo della distruzione creatrice questa volta dovrà fare i conti col fatto che i lavoratori inorganici si mangeranno molti più posti di lavoro organici di quanti ne creeranno. Per il turco-ebreo un po’ italiano ed un po’ americano, è la distruzione tecnologica più che la globalizzazione ad erodere il lavoro, dinamica già ben avviata prima del Covid e, dal come stiamo reagendo al Covid, per altro ampliata ed intensificata.

Al convegno Bloomberg di cui l’intervista è un di cui, Roubini ha anche sottolineato la de-globalizzazione e le tensioni tra i due mercati e potenze principali: USA e Cina. A tale proposito, segnalo un fondo del WSJ di qualche giorno fa. WSJ è proprietà di Murdoch ed è sempre stato simpatetico con Trump. Ma l’altro giorno, il fondo criticava di petto forse più che Trump l’ entourage che lo consiglia in termini di posizionamento e comunicazione. I temi non sono lontani da quanto si scriveva qui nel post del 5 giugno “Schemi e Ripetizioni” e di cui i “tifosi di Trump” non hanno colto l’aspetto diciamo così “tecnico”.

Il punto è che il Covid è uno shock obiettivo ed una popolazione shockata, non consuma e non investe. L’ambigua gestione dell’amministrazione del problema che oggi sta macinando record su record di contagi e riempimento al limite delle terapie intensive in molti stati del sud -per lo più "repubblicani"-, a cui ha messo sopra il carico di attriti generati dalle reazioni al problema razziale, non ha fatto altro che sommare tensione a tensione. Forse non era il momento di rispolverare la dottrina Nixon del “divide et impera”, forse era il momento di ergersi a padre responsabile della nazione e buttarsi anima e core sull’economia appellandosi allo “spirito americano” ed al “tutti assieme ce la faremo”. E forse non era neanche il momento di aggravare le relazioni con la Cina.

Naturalmente è il punto di vista dei giornalisti e lettori del Wall Street Journal, ma segnala un certo malumore anche tra le élite che hanno fino ad oggi ben supportato Trump.

> Articolo sulle previsioni di Roubini: https://it.businessinsider.com/nouriel-roubini-dr-doom-dep…/

> Sull'articolo del WSJ https://www.ilpost.it/…/wall-street-journal-donald-trump-e…/