La somma di tutte le paure di Washington: i curdi si accordano con Damasco
di Patrick Henningsen - 16/10/2019
Fonte: Aurora sito
Ieri sera, i funzionari curdi nella Siria nord-orientale rilasciavano una dichiarazione secondo cui era stato raggiunto un accordo col governo di Damasco consentendo all’Esercito arabo siriano (SAA) di assumere posizioni strategiche chiave lungo il confine della Siria con la Turchia. Non sorprende che esultino da Damasco a Mosca, e anche a Teheran, lasciando visibilmente un gemito di sofferenza per la politica estera di Washington. La realtà della situazione è che la Turchia ha lanciato una trappola creata da Damasco e dai suoi alleati. In tal modo, la Turchia ha contribuito a ripulire quella che prima era una situazione quasi impossibile per Damasco.
Mentre i media occidentali occidentali elaborano la “decisione di Trump” di ritirare le truppe statunitensi dalla Siria, vi erano altri fattori che portavano alla situazione attuale. Seguendo la stampa turca negli ultimi anni, si saprebbe che il presidente turco Recep Tayyip Erdo?an era ansioso di accendere la base dell’AKP e di proiettare la potenza neo-ottomana a livello regionale, quindi l’ultima incursione turca in Siria può essere vista come ripresa della “Nuova Turchia” la graduale trasformazione dell’AKP della Turchia da Stato kemalista secolare a islamico. Questa graduale rivoluzione non si limita ai confini della Turchia, poiché spera di estendere il suo piano micro-coloniale della sunnificazione includendo aree lungo il confine settentrionale della Siria con la Turchia. Quindi, Ankara trasferiva sue forze nel territorio siriano per la terza volta in altrettanti anni, questa volta con la soprannominata “Operazione Primavera di Pace”, con Erdogan che giustificava l’azione coll’egida della “lotta al terrorismo”, giurando ancora una volta di garantire la sicurezza nazionale eliminando la “minaccia terroristica” curda dell’YPG-PKK dalla Siria settentrionale. Potrebbe aver ottenuto un discreto successo in questo campo, ma non nel modo in cui la maggior parte degli esperti tradizionali pensa.
Inconsapevolmente forse (o no), la Turchia aiutava a risolvere almeno tre problemi che infastidivano Damasco e Mosca da almeno tre anni. In primo luogo, l’incursione turca ha finalmente scacciato le forze statunitensi non invitate che avevano iniziato ad occupare illegalmente la Siria nord-orientale dalla fine del 2016, sostenendo efficacemente i loro ascari delle SDF (forze democratiche siriane), molti delle quali aderiscono ai gruppi militanti curdi YPG/PKK. Questo fine settimana dimostrava al mondo che senza la protezione nordamericana, le forze guidate dai curdi non sono così efficaci come descritte dai media occidentali, ora esposte alla dolorosa realtà che il loro status “autonomo” nella Siria nord-orientale era temporaneo, evidenziato dal fatto che non riuscivano a proteggere i residenti curdi dalle forze armate turche e dalle loro avanguardie jihadiste, già note come Esercito libero siriano (FSA), ora piuttosto cinicamente rinominati esercito nazionale siriano. Le forze curde siriane ora inseguite, non avevano altra scelta che avvicinarsi a Damasco per negoziare un’alleanza. Questo accordo fu siglato questo fine settimana, con l’EAS che ora si dirige verso le principali città nel nord-est della Siria, tra cui uno dei centri dei combattimenti, la città di confine siriana Kobani, fortemente contesa. La nuova realtà significa anche che i militari turchi non apriranno volontariamente il fuoco contro le forze dell’EAS sul territorio sovrano siriano, anche se le milizie jihadiste FSA/SNA della Turchia potrebbero impegnarsi con la loro nemesi. Le scaramucce secondarie potrebbero prolungare l’instabilità, ma non sono insormontabili quanto le truppe statunitensi trinceratesi nell’area.
Gli articoli mostrano che l’arrivo dell’EAS in queste aree viene accolto con applausi dalla folla, un disastro per le pubbliche relazioni di Washington e del suo piano per costruire la nazione curda del “Rojava” nella Siria settentrionale. Infine, oltre a proteggere i principali valichi del confine settentrionale, Damasco ora si avvicina ancora più al recupero dei giacimenti di petrolio e gas a nord dell’Eufrate vicino Dayr al-Zur, continuamente occupate da SIIL e SDF rispettivamente dal 2014. La liberazione dei propri rifornimenti energetici contribuirà notevolmente ad aiutare Damasco a mitigare le sofferenze economiche subite coll’imposizione delle sanzioni congiunte UE-USA, un embargo punitivo volto dalle potenze occidentali a strangolare il Paese e fomentare maggiori disordini interni.
Un nuovo Medio Oriente
La richiesta curda a Damasco di protezione sorvola anche anni di propaganda occidentale che cercava di giustificare la politica di Washington di occupazione militare e di costruzione della nazione convincendo il mondo che il governo siriano era sgradito nella regione nord-orientale del proprio Paese, e che l'”indipendenza curda” era un fatto compiuto . Inoltre, Damasco è un passo avanti verso la protezione di tratti precedentemente vulnerabili del confine orientale con l’Iraq, che gli Stati Uniti in precedenza “gestivano” permettendo allo SIIL di attraversare e utilizzare come sosta per gli attacchi in aree come Suwayda e al-Tanaf . Se si raggiungesse un accordo di mutua sicurezza tra Siria e Iraq per garantire il comune confine, potenzialmente si rivoluzionerebbero gli affari politici ed economici nella regione e persino globali. Se questi eventi dovessero accadere, sarà la sconfitta completa di decenni di sforzi di Washington nella regione. Insieme ai loro alleati, gli Stati Uniti lavorarono a lungo e duramente per mantenere instabile e divisa questa parte del Medio Oriente. Fu in tale destabilizzazione dettata da USA, sauditi e israeliani che terroristi di al-Qaida e dell’ISIS poterono emergere e prosperare per così tanto tempo. I loro avversari dovrebbero rimanere vigili anche se, come dimostra la storia, Washington e Israele non provocano instabilità per raggiungere degli obiettivi condivisi a breve e lungo termine nella regione. Indipendentemente da ciò, il consiglio fu ribaltato dalla Siria. Incapaci di detenere il territorio o migliaia di prigionieri dello SIIL, le milizie SDF sostenute dagli USA furono esposte come le ultime di una lunga stirpe di sfortunate pedine di Washington nel Grande Gioco. Una volta che le nuove posizioni sul terreno saranno assicurate dall’EAS, Damasco potrò invitare il supporto aereo russo a proteggere questo spazio aereo, un risultato che può significare solo che i giorni dei terroristi saranno contati. Eventuali rimanenti brigate terroristiche di SIIL o al-Qaida attive a nord dell’Eufrate avranno poche vie di fuga, oltre a cercare rifugio nelle varie enclavi terroristiche sanzionate dall’AKP oltre il confine nella Turchia meridionale. Come affermò questo autore all’inizio del 2018, la danza curdo-statunitense nella Siria nord-orientale era solo un gioco di sedie musicali e prima o poi qualcuno doveva andarsene. E quel qualcuno sono gli Stati Uniti e si spera… immediatamente seguiti dallo SIIL. Come già affermato dal Presidente Bashar al-Assad, la Siria è decisa a rivendicare “ogni centimetro” del suo territorio. Quindi sarebbe opportuno che le potenze occidentali non sottostimino volontà e determinazione di un Paese e di un esercito che hanno resistito per otto anni a una guerra del cambio di regime pienamente internazionalizzata contro di essa.
Patrick Henningsen è un autore e analista di affari globali nordamericano fondatore del sito indipendente 21st Century Wire, ospite del programma radiofonico settimanale SUNDAY WIRE trasmesso in tutto il mondo tramite la rete radio Corrente alternata (ACR). Ha scritto per varie pubblicazioni internazionali e realizzato numerose relazioni sul campo in Medio Oriente, inclusi Siria e Iraq.
Traduzione di Alessandro Lattanzio