Il 13 giugno scorso, l’entità sionista ha effettuato un criminale attacco militare, non provocato e di ampia portata contro l’Iran, con l’intento di bloccare il tentativo della Repubblica Islamica di sviluppare armi nucleari. Teheran ha sempre respinto qualsiasi ipotesi di ambizioni di questo tipo e una stima dell’intelligence nazionale statunitense del novembre 2007 aveva espresso “un’elevata fiducia nel fatto che, nell’autunno del 2003,” il Paese aveva “interrotto” qualsiasi ricerca in questo campo. Questa valutazione era rimasta invariata per diversi anni e sarebbe stata condivisa dal Mossad.
Al contrario, Benjamin Netanyahu quasi ogni anno aveva continuato a dichiarare che all’Iran mancavano pochi anni per diventare una potenza nucleare, sollecitando un’azione militare di conseguenza. Queste ansie di lunga data del leader israeliano sono stucchevolmente ironiche, dato che il programma di armi nucleari di Tel Aviv è il “segreto” peggio custodito negli affari internazionali. Nel corso dei decenni, numerosi funzionari e personalità di spicco dell’entità avevano effettivamente – o addirittura direttamente – ammesso questa mostruosa capacità [nucleare di Israele]. Inoltre, “Israele” è dichiaratamente impegnato nell'”Opzione Sansone”.
Sotto i suoi terribili auspici, nel caso si sentisse sufficientemente minacciata, l’entità si riserva il diritto di effettuare attacchi nucleari preventivi non solo contro gli avversari regionali, ma anche contro i suoi sponsor occidentali. Come si vantava il teorico militare israeliano di origine olandese Martin van Creveld nel settembre 2003:
“Possediamo diverse centinaia di testate atomiche e razzi e possiamo lanciarli contro obiettivi in tutte le direzioni, forse anche contro Roma. La maggior parte delle capitali europee sono obiettivi… Abbiamo la capacità di trascinare il mondo con noi. E posso assicurarvi che questo accadrà prima che Israele sparisca”.
Nonostante queste palesi rivelazioni, l’entità sionista si attiene rigidamente a una politica di “deliberata ambiguità”, rifiutandosi di confermare o negare formalmente il possesso di armi nucleari. Nel novembre 2023, quando uno dei ministri di Benjamin Netanyahu aveva apertamente sostenuto la necessità di usare l’atomica a Gaza, era stato rimproverato e sospeso. Una punizione del genere non ha nulla a che vedere con il destino di Mordechai Vanunu, un ex tecnico nucleare israeliano che nel 1986 aveva rivelato ai media britannici i dettagli del programma di armi nucleari di Tel Aviv.
Attirato a Roma dal Mossad, era stato poi rapito, consegnato all’entità sionista e condannato in un processo segreto. Vanunu aveva poi trascorso 18 anni in prigione, la maggior parte dei quali in isolamento. Dal suo rilascio, avvenuto nel 2004, è stato soggetto a un’ampia serie di restrizioni alla libertà di parola e di movimento e ripetutamente arrestato e incarcerato per aver violato le severe condizioni della libertà vigilata. Numerose organizzazioni, tra cui Amnesty International, hanno sempre condannato le sfacciate violazioni da parte di Tel Aviv dei diritti umani fondamentali di Vanunu.
All’epoca dell’eroica denuncia di Vanunu, i governi e le agenzie di intelligence occidentali erano a conoscenza – e profondamente preoccupati da quasi tre decenni – dello sviluppo di armi nucleari da parte di “Israele”. Come l’entità sionista abbia acquisito le armi nucleari è una storia poco conosciuta, fatta di furti, inganni, oscuri giochi di spionaggio, pericolose connivenze e altro ancora. Le sue reali dimensioni rimangono oggi indeterminate. Tuttavia, visti gli eventi attuali, è fondamentale che ciò che si sa di questa sordida storia nascosta venga ora raccontato.
‘Alla lettera’
Il programma di armi nucleari di “Israele” era stato, fin dall’inizio, “un segreto nel segreto”. Nel 1957, la Francia aveva stipulato un accordo segreto con l’entità sionista, un patto che aveva portato alla creazione dell’impianto nucleare di Dimona. Parigi apparentemente non sapeva che il complesso avrebbe presto costituito la base di un impianto clandestino di ritrattamento sotterraneo, in grado di produrre plutonio di grado militare. Gli Stati Uniti avevano ignorato l’esistenza di Dimona, per non parlare della sua utilità nella produzione di armi nucleari, fino al dicembre 1960.
Quel mese, un rapporto segreto della CIA aveva delineato le “implicazioni dell’acquisizione di una capacità di armamento nucleare da parte di Israele”. Il documento esprimeva pochi dubbi sul fatto che uno degli “scopi principali” di Dimona fosse la “produzione di plutonio di grado militare” e descriveva le molteplici e gravi implicazioni degli sforzi di Tel Aviv verso le armi nucleari. Per prima cosa, la divulgazione della loro esistenza avrebbe inevitabilmente causato “costernazione” in Nord Africa e in Asia occidentale, con la possibilità che gli Stati arabi e musulmani “minacciati” si sentissero costretti a rivolgersi all’Unione Sovietica per ottenere assistenza militare.
Inoltre, la CIA prevedeva che gli interessi occidentali nella regione in generale avrebbero potuto essere attaccati e che l’iniziativa israeliana “avrebbe potuto rimuovere alcune delle inibizioni allo sviluppo di armi nucleari” in altre parti del mondo. Il 19 gennaio 1961, il giorno prima del suo insediamento, John F. Kennedy e la sua amministrazione entrante si erano recati alla Casa Bianca per incontrare il presidente uscente Dwight D. Eisenhower. Il programma nucleare di “Israele” aveva avuto un ruolo importante nella discussione tra i due statisti.
Il 31 gennaio di quell’anno, Kennedy aveva incontrato l’ambasciatore uscente degli Stati Uniti in “Israele”, Ogden Reid, per un briefing completo. I documenti classificati parlano di un “interesse speciale” del Presidente per Dimona. Mentre era membro del Congresso, negli anni Cinquanta, Kennedy si era ripetutamente schierato non solo contro la proliferazione nucleare, ma anche contro i test atomici, ritenendo che questi ultimi avrebbero incoraggiato la prima. Era implacabilmente contrario a che Tel Aviv si dotasse di armi nucleari e, subito dopo il suo insediamento, aveva iniziato a esercitare forti pressioni sull’allora premier israeliano David Ben-Gurion affinché consentisse ispezioni statunitensi a Dimona.
Reid aveva detto a Kennedy di ritenere che le “assicurazioni” di Ben-Gurion sul fatto che Dimona fosse un semplice “reattore di ricerca”, destinato a “servire i bisogni dell’industria, dell’agricoltura, della salute e della scienza”, potessero essere prese “alla lettera”. Il Presidente non era stato d’accordo e aveva fatto sapere al Primo Ministro israeliano senza mezzi termini che ispezioni regolari a Dimona erano una condizione fondamentale per la normalizzazione delle relazioni tra Stati Uniti e Israele. Nel maggio 1961 Tel Aviv aveva finalmente acconsentito e una squadra di ispezione americana era stata inviata al sito.
Secondo il loro rapporto Dimona era esclusivamente destinata alla produzione di energia nucleare, senza applicazioni militari. Questa falsa falsa conclusione era il risultato delle bugie dei tecnici francesi e israeliani che avevano apertamente mentito agli ispettori statunitensi, compiendo al contempo sforzi notevoli per camuffare e nascondere le aree dell’impianto dedicate alla ricerca e allo sviluppo delle bombe atomiche. Solo nel marzo 1967 un rapporto del Dipartimento di Stato per l’Intelligence e la Ricerca aveva svelato l’inganno, rivelando che Tel Aviv aveva la capacità di produrre armi nucleari nel complesso.
‘Scandalosamente incompetente’
Nel frattempo, diverse indagini statunitensi su Dimona erano giunte alla stessa conclusione della prima. Tuttavia, fino alla sua morte nel novembre 1963, Kennedy era rimasto convinto che l’entità sionista fosse determinata a sviluppare armi nucleari e che forse lo avesse già fatto. Sei mesi prima del suo assassinio, aveva inviato un telegramma privato a Ben-Gurion, avvertendolo degli “effetti inquietanti sulla stabilità mondiale che accompagnerebbero lo sviluppo di una capacità di armamento nucleare da parte di Israele”. Aveva sottolineato anche l'”urgenza” di ispezioni regolari a Dimona.
Data l’ostilità viscerale del Presidente nei confronti delle ambizioni nucleari di “Israele”, non sorprende che da anni abbondino le teorie secondo cui Tel Aviv sarebbe coinvolta in un modo o nell’altro nel suo omicidio. Nel 2004, Mordechai Vanunu aveva esplicitamente lanciato questa accusa, affermando che c’erano “indicazioni quasi certe” che Kennedy era stato assassinato a causa delle “pressioni esercitate” su Ben-Gurion affinchè “facesse luce sul reattore nucleare di Dimona”. Da allora non sono emerse prove schiaccianti a sostegno di questa accusa, anche se i documenti sensibili recentemente rilasciati su ordine di Donald Trump puntano inequivocabilmente in quella direzione.
Nel 1992, il giornalista investigativo Samuel Katz aveva affermato che il veterano James Jesus Angleton, capo del controspionaggio della CIA, aveva segretamente diretto per anni l’assistenza clandestina dell’Agenzia al programma di armi nucleari di “Israele”. Oggi, i documenti appena declassificati su JFK rivelano senza ombra di dubbio come Angleton, uno dei fondatori dell’Agenzia, avesse sistematicamente abusato della sua posizione per aiutare l’entità sionista durante il suo lungo mandato. Tra i file appena declassificati c’è un memo del giugno 1953 in cui si afferma che la principale fonte di intelligence di Angleton era “Israele”.
Altri documenti declassificati indicano che Angleton, all’interno della CIA, gestiva di fatto un’agenzia privata, di cui Tel Aviv era il beneficiario finale. Un rapporto dell’FBI del giugno 1975 sulle “capacità di raccolta dell’intelligence israeliana” negli Stati Uniti descriveva in dettaglio la “relazione speciale” di Angleton con questa entità, notando che egli consegnava abitualmente “informazioni estremamente sensibili” di persona all’ambasciata israeliana di Washington DC. Contemporaneamente, l’FBI da dieci anni stava indagando su come 93 chilogrammi di uranio altamente arricchito fossero misteriosamente scomparsi dalla Nuclear Materials and Equipment Corporation di Washington (NUMEC).
Al centro dell’indagine dell’FBI c’era il presidente della NUMEC, Zalman Shapiro, un Sionista convinto con contatti governativi di alto livello e significativi interessi commerciali in “Israele”. Tra questi, un contratto per la costruzione di generatori a propulsione nucleare. Ufficialmente, lo scandalo NUMEC rimane tuttora irrisolto, nonostante le indagini della Commissione per l’energia atomica, del Bureau, della CIA e di altre agenzie governative statunitensi siano durate molti anni. Un’accurata analisi del 1978 del Comptroller General di Washington aveva concluso che le autorità investigative avevano deliberatamente sabotato le loro indagini sull’incidente, a vantaggio dell’entità sionista:
“L’incidente della NUMEC e le relative indagini durate 13 anni evidenziano l’attuale incapacità di questo Paese di affrontare efficacemente possibili dirottamenti di materiale nucleare… Gli Stati Uniti devono migliorare i loro sforzi per rispondere efficacemente e indagare su incidenti di materiali nucleari di grado militare mancanti o non contabilizzati… Crediamo che uno sforzo tempestivo e concertato da parte di queste… agenzie avrebbe aiutato molto e forse risolto le questioni relative al materiale mancante della NUMEC, se avessero voluto”.
C’era un’ovvia motivazione per cui la CIA, l’FBI e altri non “desideravano” risolvere l’enigma di dove fosse finito l’uranio altamente arricchito sparito dalla NUMEC. Come aveva dichiarato l’esperto dell’assassinio di Kennedy, Jefferson Morley, James Jesus Angleton aveva messo sotto sorveglianza dell’Agenzia il presunto assassino del Presidente, Lee Harvey Oswald, nel novembre 1959. Questo significava “monitorare intensamente la sua politica, la sua vita personale, i suoi viaggi all’estero, i suoi contatti” fino al giorno in cui il Presidente era stato ucciso. Morley ha spiegato così il significato di questa sorveglianza:
“Angleton aveva sulla sua scrivania un dossier di 180 pagine su Oswald una settimana prima che Kennedy andasse a Dallas, nel novembre 1963… Quindi questa storia solleva la domanda: la CIA era incredibilmente, atrocemente incompetente nel caso di Lee Harvey Oswald, o Angleton stava davvero conducendo un’operazione che coinvolgeva Oswald?”.
Fonte: english.almayadeen.net
Link: https://english.almayadeen.net/articles/opinion/hidden-history–how–israel–acquired-nukes
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org