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Nell’Italia degli antagonismi si sente la mancanza dell’idea di Patria

di Giuseppe Del Ninno - 06/07/2019

Nell’Italia degli antagonismi si sente la mancanza dell’idea di Patria

Fonte: Barbadillo

Se la Nazione, secondo l’enfatica definizione di Renan, è “un plebiscito quotidiano”, la Patria, che della Nazione è una variante più complessa e profonda e che sembra essere scomparsa dal discorso pubblico, assume oggi le vesti più disparate.
La vediamo identificarsi con la Costituzione, ad esempio (ma non è, quest’ultima, un prodotto storico recente?); la vediamo rinnegata, di fatto, quando se ne invoca l’abolizione dei confini – e cioè della sua fisionomia e perfino fisiognomica – e l’annacquamento o l’asservimento della sua cultura, fatta di lingua, tradizioni, costumi, religione, economia; la vediamo vilipesa, non solo dai rappresentanti di altre “patrie”, ma dai suoi stessi figli, ora in odio a questa o quella forza politica avversaria, a questo o quel governo, ora in ossequio a un formalismo giuridico troppo spesso sinonimo d’iniquità.
La Patria, a volte, fa capolino dai sondaggi, che misurano quotidianamente gli umori, le tendenze, i giudizi, le speranze degli italiani, e dai mass media, che spesso ci restituiscono l’immagine di un paese disgustato dalla politica e spaventato di fronte al futuro e che vede sistematicamente disattese le aspettative riposte in questo o quel governo.
La Patria, assente nei programmi e negli insegnamenti della Scuola, preoccupata, nei casi migliori, della futura collocazione lavorativa dei suoi studenti, molti dei quali – i migliori? – saranno costretti ad abbandonarla, questa Patria “ingrata”, incapace di far loro realizzare progetti di vita dignitosi e incurante, nei fatti, del tragico calo demografico in atto da anni.
La “mia” scuola, fin dalle elementari, proponeva esempi di degni figli della Patria – anche quando questa non era ancora politicamente unita – e riempiva i libri di testo delle gesta eroiche di Pietro Micca ed Enrico Toti, del Balilla e di Francesco Baracca, dei fratelli Bandiera e di Carlo Pisacane e Nazario Sauro (visioni del mondo e congiunture storiche diverse per ciascuno, ma tutti accomunati dall’amor patrio).
All’interno di questa Patria, si sono sempre contrapposte due fazioni, forse non troppo diversamente da quello che accadeva, ad esempio, con “le due Spagne” o con i giacobini e i legittimisti in Francia; tuttavia, l’idea di un potente “comun denominatore”, magari temporaneamente inabissato come un fiume carsico, riuniva i singoli popoli.
Questo, nell’Italia dei nostri anni non accade più. E non solo per la violenza degli attacchi – per ora solo verbali – a questo o quell’esponente politico avverso, ma per le visioni del mondo irriducibili l’una all’altra.
I fatti di questi giorni, dall’affaire “Sea Watch” alle nomine dell’Unione Europea, palesano proprio queste insanabili contrapposizioni (e non solo in Italia), senza che s’intraveda la via per restaurare un sentire comune. Si prenda la vicenda della nave della Ong tedesca e della sua capitana, santificata dagli uni e attaccata dagli altri: alla base dell’episodio vi sono alcuni punti fermi che dovrebbero trovare tutti d’accordo; ne citiamo alcuni alla spicciolata, senza alcuna pretesa di completezza: lasciamo pure da parte l’argomento decisivo che l’accoglienza senza ridistribuzione prescinde dalla capacità di integrazione dei singoli paesi e genera impoverimento di risorse umane negli Stati di provenienza e crisi sociali in quelli di destinazione; ma quando si invocano i principi della “legge del mare”, sarebbe almeno il caso di distinguere fra i naufragi causati dalle tempeste e quelli potenziali riguardanti le persone oggetto di traffici schiavistici.
Contro questi ultimi, nessuno Stato ha saputo – o voluto – prendere seri provvedimenti; le nostre Procure, in particolare, non sono state in grado di dare sostanza di prova a quello che è sotto gli occhi di tutti, e cioè i legami – anche in buona fede… – fra le Ong e gli scafisti libici; per di più, si nega l’evidenza che più si consentono sbarchi irregolari, più s’incentivano le partenze e i crudeli  “stoccaggi” di esseri umani nei campi di concentramento organizzati in Tripolitania e in Cirenaica.
Anzi. La magistratura delle città siciliane più coinvolte in queste vicende, mentre sembra aver sottovalutato il reato d’immigrazione clandestina (con le norme recentemente aggiunte dal “decreto sicurezza bis”), ha puntato i suoi strali contro il Governo, e segnatamente contro il Ministro che si è fatto alfiere della prosecuzione della linea politica del suo predecessore al Viminale, Minniti. Pur di sconfessare una linea politica, si arriva a forzare la stessa nozione di diritto e, in forza delle libere interpretazioni di leggi che non piacciono, a screditare e danneggiare, appunto, la Patria che dovrebbe essere di tutti.
Ho negli occhi le sequenze di quei telegiornali in bianco e nero, che trasmettevano le immagini dei laburisti, fino al giorno prima fieramente avversi alla spedizione britannica voluta dal governo conservatore contro gli argentini, per la riconquista delle Falkland/Malvinas, e poi compatti sul molo a sventolare la bandiera della Patria comune, per salutare la flotta in partenza. E provo invidia.